Sino al 2 giugno 2025, il Forte di Bard, in Valle d’Aosta, ospita la mostra Emilio Vedova. Questa è pittura, un evento che celebra la potenza del gesto e del colore nell’opera di uno dei più grandi interpreti dell’arte informale europea. L’esposizione, curata da Gabriella Belli, vuole andare oltre la lettura storica o socio-politica dell’arte di Vedova, per mettere in evidenza l’eccezionalità della sua pittura: un’esplosione di colori e materia che ha lasciato un segno indelebile nell’arte europea del secondo dopoguerra.
La mostra presenta 31 grandi dipinti e 22 opere su carta, provenienti principalmente dalla Fondazione Vedova, con alcuni prestiti significativi da istituzioni come la Peggy Guggenheim Collection, il Mart e i Musei Civici Fiorentini, oltre che da collezioni private. Il percorso espositivo, allestito nelle sale delle Cannoniere del Forte, è articolato in otto tappe che esplorano momenti cruciali della vita artistica di Vedova. Non segue una cronologia rigida, ma si concentra su periodi di intensa creatività e innovazione:
Nascita di un pittore. I Maestri – Le influenze giovanili, dai veneziani Tintoretto e Tiepolo alle prime scoperte dell’arte moderna.
Cercare una via – L’influenza del cubismo e le prime esplorazioni geometriche.
Astrazione per sempre – La scelta definitiva dell’astrattismo, con opere di grande impatto emotivo.
Occupare lo spazio – I rivoluzionari “Plurimi”, opere tridimensionali che escono dalla parete e invadono l’ambiente.
Lasciare libero il segno – Lavori inediti e piccoli studi che svelano il processo creativo dell’artista.
Come se questo dolore fosse insopportabile – Il tragico esistenziale, sempre presente nella poetica di Vedova.
Vertigine Piranesi – Opere che evocano la monumentalità e la drammaticità delle Carceri di Piranesi.
Circolare infinito – Tre grandi Tondi al centro della sala, esempio della sfida artistica di Vedova con la forma perfetta del cerchio.
L’anima dell’artista
Il percorso espositivo si snoda nelle sale delle Cannoniere con una sequenza non strettamente cronologica, volta a sostenere la tesi dell’esposizione, indirizzata ad esplorare quei periodi/episodi della vita artistica di Vedova in cui – tralasciando il suo forte impegno civile e silenziando quella sua ben nota, carismatica voce di protesta davanti alle tragedie della storia e agli eventi della cronaca – l’artista sembra dedicarsi all’esercizio della pittura, lasciandoci così prove straordinarie di quella sua impetuosa energia creativa, che ha incontestabilmente segnato la pittura europea del secondo dopoguerra.
Nella Sala 1, intitolata Nascita di un pittore. I Maestri, è centrale il riferimento alla sua prima formazione artistica, non accademica, ma alimentata dalla lezione dei grandi pittori del passato, in particolare i veneziani Tintoretto, Veronese, Tiepolo, i cui testi erano alla sua portata nel girovagare, giovanissimo, tra calli e chiese della Laguna. La lezione cubista, che nel secondo dopoguerra allena alla geometria astratta la mano di molti pittori in Europa, fa parte della Sala 2 (Cercare una via), dove si possono ammirare almeno tre opere dal singolare costruttivismo geometrico.
Nella Sala 3 intitolata Astrazione per sempre, il visitatore può osservare una sequenza di opere che testimoniano il giuramento di fedeltà alla pittura astratta, non più con velleità geometriche, ma già gravida di gesto e materia, una aurora che contiene tutto il linguaggio della sua pittura.
Occupare lo spazio è il titolo della Sala 4, in cui l’invenzione forse tra le più interessanti della sua arte, quella dei Plurimi, si mostra nell’originalità di nuove forme dipinte, legni carichi di materia pittorica e assemblati con cerniere, strane e inquietanti costruzioni che occupano il centro della stanza, pittura che si fa tridimensionale e, deflagrando dalla parete, invade lo spazio.
Nella Sala 5 Lasciare libero il segno, Vedova si svela nell’esercizio del mestiere, nella preparazione dei grandi lavori, nella forza espressiva che anche le opere di piccole dimensioni – molte inedite – acquistano nel suo lavoro: lavori di compiuta, straordinaria vitalità che offrono la possibilità di studiare da vicino il suo processo creativo, l’esuberanza del segno, la simbologia dei colori.
Come se questo dolore fosse insopportabile è il titolo della Sala 6, che riporta il visitatore dentro quel “tragico esistenziale” che ha segnato tutto il percorso di Vedova. Il tragico è una cifra sempre presente nel suo lavoro, che nasce da una sensibilità emotiva che, come carne viva, freme ad ogni contatto con il dramma della vita.
Intitolata Vertigine Piranesi la Sala 7, accoglie il visitatore con tre opere magistrali dei primi anni Ottanta, dove la pittura si fa architettura di forme allucinate, urti della materia rosso sangue solcata da neri in netto contrasto, tagli e sporgenze, sciabolate di pasta cromatica che sembrano rievocare, in una subliminale esplorazione della memoria, le Carceri di Piranesi, un altro veneziano al pari suo aperto agli inganni della visione.
Circolare infinito è il titolo della Sala 8, tre grandi Tondi disallineati al centro della stanza mostrano, nell’impavido confronto con una delle più sacre forme geometriche della storia dell’arte, il cerchio appunto, l’irriverenza inquieta e geniale di un artista che ha sempre sfidato se stesso.
Nato a Venezia nel 1919, Emilio Vedova è stato un artista autodidatta, profondamente legato alla sua città e al fermento culturale del suo tempo. Antifascista e militante della Resistenza, ha sempre intrecciato la sua arte con un impegno civile appassionato. Le sue opere sono un’esplosione di forza, gesto e colore, che attraversano i confini della tela per invadere lo spazio. Ha sempre dimostrato una straordinaria capacità di trasformare il dramma e l’intensità della vita in arte.