Ci sono spazi che diventano narrazioni, luoghi che vibrano di storie vissute e da vivere. La galleria 10 & zero uno di Venezia, un’ex macelleria riconvertita, diventa per un attimo la sala di un veliero, pronta a salpare verso rotte sconosciute. È qui che Marco Godinho, artista visivo nato in Portogallo e spirito nomade, dà vita alla sua ultima personale: “La mer Le vent Le vent La mer Le sud Encore…”. Un titolo che sembra un mantra, un poema in continuo movimento, proprio come il mare e il vento che l’hanno ispirato.
Godinho, reduce da esperienze internazionali come la Biennale Arte del 2019 e il Museo Fortuny nel 2023, torna nella città lagunare con un approccio che mescola il pellegrinaggio ulissiano alla contemplazione poetica. Il suo è un vagabondaggio, fisico e mentale, che trova forma nella fusione tra vita e arte, dove ogni gesto quotidiano può diventare arte condivisa.
Le opere in mostra sono un dialogo aperto tra passato e presente. C’è, ad esempio, il libro d’artista “Written by Water”, reinterpretato come un gesto performativo. Ma anche le fotografie di “Left to Their Own Fate (Odyssey)”, un progetto che ha visto l’artista e suo fratello attraversare il Mediterraneo leggendo in silenzio l’intera “Odissea” di Omero. Quei viaggi iniziatici, intrisi di movimento e migrazione, ritornano ora a dialogare con il pubblico attraverso frammenti poetici scritti a matita sulle pareti marmoree della galleria.
La galleria stessa, con le sue pareti patinate dal tempo e i suoi materiali grezzi, si trasforma in un’opera d’arte. Le fotografie, illuminate dai raggi del sole che filtrano attraverso la scritta “HOME IS NO LONGER WARM” sulla vetrina, sembrano un messaggio dal futuro. Dall’esterno, i passanti intravedono un universo in trasformazione; dall’interno, il pubblico si immerge in un’esperienza poetica che non ha confini tra spazio espositivo e ambiente circostante.
E poi c’è la performance con la sabbia del Lido di Venezia, trasportata dall’artista in tasca e lasciata in vari punti della città: un gesto che simboleggia fragilità, trasformazione e memoria.
Tra gli spazi della galleria, una stanza dipinta di blu accoglie il visitatore come un porto sicuro. Qui, su una mensola di legno, il cofanetto-libro dell’artista diventa un oggetto intimo, un dono temporaneo che invita alla riflessione. È un invito a viaggiare con la mente, a perdersi tra le pieghe della narrazione visiva e testuale.
Questa mostra mi ha ricordato il bel libro di Jesmyn Ward, La linea del sangue dove c’è questo bellissimo pezzo che riguarda l’acqua: “L’acqua non dimentica. Si prende tutto quello che trova, lo trasforma e lo restituisce. Non possiamo possederla, ma possiamo imparare a nuotare nei suoi cambiamenti.”
Una frase che si connette alla dimensione del cambiamento e alla fragilità umana, temi che emergono nelle performance dell’artista.
Marco Godinho è un Ulisse contemporaneo, un viaggiatore nomade che ci spinge a ripensare il mondo attraverso una lente poetica. I suoi lavori, impregnati di letteratura e filosofia, raccontano di esilio, ospitalità, migrazione e identità. Sono mappe di un mondo fluido, in cui il confine tra umano e non umano si dissolve, invitandoci a esplorare nuove geografie emotive e culturali.
Alla 10 & zero uno, fino al 12 gennaio 2025, il vento e il mare di Godinho ci ricordano che ogni viaggio è un ritorno e che ogni luogo può essere una casa, anche se non più calda come un tempo.