Posto a poca distanza dalla Pinacoteca, dopo 52 anni di difficoltosa gestazione, l’8 dicembre 2024, a Milano, Palazzo Citterio apre finalmente al pubblico. Seppur in fase sperimentale – visitabile solo il weekend, con ingressi contingentati e senza biglietti integrati – il sogno dello storico direttore di Brera, Franco Russoli, è finalmente realtà.
Se è vero che non ha senso rivangare il passato, d’altra parte ricordare il tempo trascorso, assaporarlo, anche rimpiangerlo, può restituire un’idea tangibile delle difficoltà, degli sforzi, e del valore che assume un traguardo che ha richiesto degli anni per essere raggiunto. Ha dunque un significato enorme, simbolico e pratico, la fine di uno dei più grandi tormentoni del mondo culturale milanese. Dopo 52 anni si realizza l’ampliamento della Pinacoteca di Brera con l’esposizione di oltre 200 opere delle collezioni Jesi e Vitali al piano nobile dell’edificio e con due importanti mostre negli spazi adiacenti.
“Un atto che consente di pensare l’edificio di Brera come un unicum al mondo che corona il sogno di Franco Russoli di realizzare la Grande Brera”, ha commentato il Direttore Generale del Museo Angelo Crespi, che orgogliosamente ci tiene a rivendicare il successo. Insediatosi a gennaio 2024, in meno di dodici mesi ha finalizzato, dando la spinta decisiva, a una gestazione lunga decenni, costellata di impicci burocratici e rocamboleschi imprevisti. Ma appunto, l’acqua è passata sotto i ponti (compreso quello sopraelevato e trasparente, che nei progetti di cinque anni fa avrebbe dovuto collegare la Pinacoteca a Palazzo Citterio, l’antico al moderno, poi mai realizzato), ed è meglio godersi quel che si può vedere oggi. Ed è un bel vedere. Soprattutto per le famiglie Jesi e Vitali, che finalmente possono ammirare le loro opere finalmente esposte, dopo averle affidate nel 1972 a Franco Russoli, storico direttore del Museo che per primo formulò il sogno di una Grande Brera.
Un lungo fantasticare che oggi assume concretezza in un percorso espositivo che prende avvio (idealmente) dove la Pinacoteca si interrompe, al 1861, con la Fiumana di Giuseppe Pellizza da Volpedo da cui si diramano le due collezioni: una fronte via Brera, la Jesi, l’altra fronte giardino, la Vitali. A cura di Marina Gargiulo, storica dell’arte responsabile delle collezioni del XX secolo della Pinacoteca di Brera, la sistemazione delle opere è stata organizzata per nuclei tematici e cronologici. Una complessità ulteriore ha riguardato la collezione Vitali che è eterogenea: mentre la Jesi è dedicata Novecento, la Vitali contiene pezzi archeologici, medievali, del Seicento, fino a Morandi.
In uno spazio che al salone quasi brutalista e algido contrappone sale settecentesche e calde come un ambiente domestico, si succedono alcuni degli autori più significativi del Novecento italiano: da Filippo de Pisis (a cui è dedicata una delicatissima sala sui toni del grigio, poetica come le nature morte che la dominano) al doppio ritratto di Boccioni, fronte e retro di una stessa grande tela posta al centro della rispettiva sala, in una teca di vetro che la esalta. Dello stesso autore futurista presenti una versione de La città che sale e della Rissa in galleria. Molto rappresentato Morandi, più con i paesaggi che con le nature morte, in ogni caso esposte, così come altri capisaldi del secolo scorso quali de Chirico, Savinio, Campigli, Cassinari, Melotti, Sironi, Carrà, Licini, Modigliani. A queste si aggiunge la raccolta degli Autoritratti minimi di grandi artisti del Novecento appartenuta allo scrittore, sceneggiatore e artista, Cesare Zavattini e le 23 Fantasie di Mario Mafai, visionaria serie di figurazioni di violenta e grottesca denuncia degli orrori della guerra. Così come un’importante digressione internazionale con un Picasso cubista.
Prerogativa del moderno, che per prossimità guarda al contemporaneo, la possibilità di accompagnarsi di spazio per le mostre temporanee, per natura più inclini alla sperimentazione. Il secondo piano e l’ipogeo Stirling sono quindi destinati a tali iniziative. Al secondo piano, dall’8 dicembre 2024 al 9 marzo 2025, l’esposizione La Grande Brera. Una comunità di arti e scienze. A cura di Luca Molinari, la mostra racconta le vicende architettoniche e delle comunità che hanno vissuto l’edificio di Brera fin dal 1500, mostrando la trasformazione di questo complesso monumentale da edificio monolitico ad ampio frammento urbano che lega istituzioni, patrimoni, comunità e progetto.
Nell’ipogeo di Palazzo Citterio è in scena, infine, dall’8 dicembre 2024 al 23 marzo 2025, l’esposizione dal titolo Mario Ceroli. La forza di sognare ancora, supportata da Banca Ifis e a cura di Cesare Biasini Selvaggi, che comprende 10 monumentali lavori inediti site-specific eseguiti nell’ultimo anno dall’artista. A dominare la scena una fitta foresta di tronchi di legno, che ricordano i basamenti che sorreggono Venezia alla città che ha accolto lo scultore nel 1966, in occasione della Biennale Arte, determinandone la precoce affermazione sulla scena internazionale, ma anche un bosco con cui interagire, dove perdersi in svolte impreviste, nuove generatrici di significato. Come del resto si propone di fare Palazzo Citterio, finalmente pronto a donare un’inedita sfumatura all’eterno volto di Brera.