Dal 19 marzo al 3 agosto 2025, il Musée Jacquemart-André di Parigi dedica una mostra ad Artemisia Gentileschi (1593 – circa 1656), pittrice caravaggesca che riuscì nella difficile impresa di vivere della sua arte. In esposizione circa quaranta dipinti che spaziano dai capolavori riconosciuti dell’artista a tele di recente attribuzione.
La vita e l’arte di Artemisia Gentileschi sono già storia. Nata a Roma nel 1593, la giovane Artemisia si formò con il padre, Orazio Gentileschi (1563-1639), un artista di origine toscana influenzato da Caravaggio, e presto mostrò un talento singolare per la pittura. Nel 1611 l’evento che la segnò profondamente, e che ora la rende un simbolo di resilienza: il pittore Agostino Tassi, assunto dal padre Orazio per insegnarle la prospettiva, la violentò senza alcuna conseguenza.
Ciò non le impedì, da adulta, di avere una brillante carriera, ottenendo fama internazionale e commissioni in tutta Europa, fino alla corte di Carlo I d’Inghilterra, dove raggiunse il padre nel 1638. Nonostante il successo clamoroso di cui ebbe durante la sua vita, Artemisia cadde nell’oblio verso la fine del XVIII secolo. Fu solo nel XX secolo che la sua opera fu nuovamente apprezzata per il suo vero valore. E finalmente, ora la stiamo celebrando con convinzione e continuità.
La mostra al Musée Jacquemart-André di Parigi, in particolare, si concentra su alcuni dei suoi generi prediletti, quelli su cui costruì la sua carriera così inusuale per il tempo. A partire dai suoi autoritratti, come il celebre Autoritratto come suonatrice di liuto del Wadsworth Atheneum Museum of Art (Hartford), che le fecero guadagnare la fiducia del Granduca Cosimo II de’ Medici, che le commissionò opere monumentali oggi perdute. Sono diversi invece i ritratti arrivati fino a noi e che costituiscono un elemento centrale della mostra, alcuni dei quali sono stati recentemente scoperti.
Una parte importante del percorso è dedicata al duello simbolico di Eros e Thanatos, un tema cruciale nell’arte e nella cultura barocca. Artemisia Gentileschi lo interpreta attingendo da temi biblici e letterari per mettere in risalto soggetti femminili ed eroici, che ritraeva con rara empatia. A volte, li dotava di un potere di seduzione unico di cui era ben consapevole; i nudi femminili dipinti da una donna erano rari all’epoca e molto ricercati dagli amanti dell’arte.
Presenti poi diverse raffigurazioni di Giuditta e Oloferne, come Giuditta e la sua ancella con la testa di Oloferne dalla Galleria degli Uffizi (Firenze), che apparteneva alla famiglia Medici. Ma soprattutto il Ratto di Lucrezia, mai esposto fuori da Potsdam (Germania) dal XVIII secolo, e la scena monumentale di Ester davanti ad Assuero dal Metropolitan Museum di New York, esempi cristallini dell’eroismo femminile interpretato dal virtuosismo artistico da Gentileschi.