
La storia dell’arte europea del XX e XXI secolo raccolta nella mostra “Pinakothek’a” a Palazzo Sant’Elia a Palermo, comprensiva di oltre duecento opere selezionate da più di quattrocento lavori della collezione Elenk’art dai curatori Sergio Troisi e Alessandro Pinto, è l’occasione per conoscere i linguaggi dell’arte moderna e contemporanea di 153 artisti, con un focus sugli autori siciliani “glocali”, Renato Guttuso in primis. (Fino al 30 marzo 2025).
Le opere in mostra appartengono alla famiglia Galvagno e sono distribuite su tre piani di un edificio incantevole, affacciato su via Maqueda, nel centro storico di Palermo, ordinate secondo un percorso cronologico. Dalla prima sala al piano terra, chiamata “Cavallerizza”, incantano i capolavori di artisti compresi tra le due guerre del Novecento, schierati contro le prime avanguardie artistiche, a favore di un arcaismo colto, al ritorno all’ordine, alla tradizione figurativa e prospettiva. Da Cagnaccio di San Pietro, Carlo Carrà, Giorgio de Chirico, Aligi Sassu, Mario Mafai, tanto per citare alcuni maestri del Novecento, in questa sezione tutto è meraviglia e bellezza!

L’esposizione prosegue al primo piano con la sala mozzafiato dedicata a Renato Guttuso (1911-1987), pittore siciliano mediatore tra tradizione e modernità, presente in mostra con diciotto dipinti, protagonista del secondo dopoguerra, quando l’Europa perde il suo ruolo culturale mondiale, e dall’altra parte dell’Oceano incominciano ad affacciarsi nuovi linguaggi, come per esempio l’Espressionismo Astratto.
Guttuso, tra realismo e formalismo, scelse l’impegno politico alla ricerca di un “Fronte nuovo delle arti”, nome del manifesto redatto da Renato Birolli nel 1946, condiviso da un gruppo di artisti divisi sia sul fronte stilistico sia ideologico, in bilico tra astrattismo e realismo. Nel 1947 a Roma nasce il gruppo “Forma 1”, che comprendeva Piero Dorazio, Carla Accardi, Piero Consagra, Achille Perilli; pittori raccolti nella sezione delle opere del secondo dopoguerra. E qui sono una rivelazione i dipinti del “Gruppo degli Otto” (la definizione risale al critico Lionello Venturi, che nel 1952 riunì in una monografia Afro Basaldella, Renato Birolli, Antonio Corpora, Ennio Morlotti, Mattia Moreni, Giuseppe Santomaso, Giulio Turcato e Emilio Vedova, inconfondibile per le sue pennellate nervose dai violenti contrasti cromatici). Tra gli altri non si dimenticano i segni di Giuseppe Capogrossi, unico per il suo personalissimo linguaggio di forte impatto grafico e cromatico. I grandi assenti di questa sezione sono Alberto Burri, il geniale Pinot Gallizio con la sua Caverna dell’Antimateria e lo Spazialismo di Lucio Fontana, ma nessuna collezione è perfetta.
Tra gli altri artisti in mostra spiccano le opere di Hans Hartung, che sviluppò una ricerca informale sulla pittura basata sul valore del segno con Georges Mathieu, tra i protagonisti della pittura informale all’insegna di un’astrazione lirica, libera e gestuale.

Seguono le opere degli anni Sessanta, in particolare le correnti intorno all’arte programmata cinetica, rappresentate da Grazia Varisco, Paolo Scirpa, le estroflessioni di Enrico Castellani, Agostino Bonalumi e Turi Simeti. In questa incursione intorno all’Optical Art e all’arte cinetica, manca Bruno Munari, ma c’è Victor Vasarely. Sempre al piano nobile incuriosiscono le opere del Nouveau Réalisme, con le accumulazioni di Arman, César, Rotella e Christo, e qui ci manca Yves Klein, Pietro Manzoni, anche se c’è tanto altro. Poi lo sguardo dello spettatore viene fagocitato da una grande opera di Hermann Nitsch sulla parete centrale della monumentale sala interamente affrescata. Gli anni Sessanta e Settanta si attraversano con opere di Pino Pascali, Mario Schifano, Nigro, Baj, Adami, Emilio Isgrò, e tanti altri artisti travolti dall’ondata della Pop Art e dai nuovi oggettualismi e formalismi grafici.
Proseguiamo il viaggio nell’arte italiana al secondo piano del maestoso palazzo, dove dagli anni Ottanta assistiamo al ritorno alla pittura, al colore, alla figurazione con opere di Sandro Chia, Mimmo Germanà e i protagonisti della cosiddetta Officina di San Lorenzo a Roma. Lasciati alle spalle i pittori moderni della realtà come Antonio Xavier Bueno, Gregorio Sciltin, Bruno Caruso (è un’autentica rivelazione) presente in mostra con un importante nucleo di opere originali, tutte da osservare con nuova sensibilità. Il percorso espositivo prosegue con l’immersione in paesaggi di luce dipinti da Piero Guccione.

All’ultimo piano lo spettatore si avventura nel caleidoscopio dei linguaggi contemporanei, attraverso una selezione di opere dei pittori protagonisti della cosiddetta Scuola Siciliana di Palermo (Alessandro Balzan, Francesco De Grandi, Andrea di Marco, Fulvio di Piazza). In questa ampia panoramica sul presente troviamo Stefano Arienti, Bertozzi & Casoni, Luigi Persicce, e una sezione incentrata sugli artisti siciliani, davvero sorprendenti come Stefano Cumia. Tra questi, lascia senza fiato il gruppo scultoreo indimenticabile di Daniele Franzella, tra i più interessanti e complessi artisti nel panorama italiano, da vedere per credere. Segnaliamo inoltre Linda Randazzo, Loredana Longo, Domenico Pellegrino, Francesco Lauretta e tanti altri autori che attualmente sono in continuo divenire e rappresentano l’eccellenza dell’arte siciliana nel mondo.
Quello che manca come punto di raccordo tra una sala e l’altra sono i codici QR o le schede riassuntive, che potrebbero fornire al pubblico più esigente approfondimenti sugli artisti e contestualizzare il loro lavoro, con storie intorno all’arte di due secoli. Ma confidiamo nel catalogo che sarà pubblicato prossimamente.

Completano l’allestimento due contributi multimediali. Il primo è l’immersiva sala dedicata all’opera Unicorn di Francesco Simeti, di grande impatto scenografico grazie all’ausilio della tecnologia digitale, che riproduce perfettamente per i visitatori il wallpaper pattern realizzato dall’artista negli uffici di Elenka, ovvero un paesaggio naturale con elementi di ispirazione botanica e interventi a mano di Simeti. In questa installazione ambientale anche gli echi dei cinguetti degli uccelli, come sottofondo sonoro, permettono al fruitore di vivere l’esperienza di trovarsi in un ideale giardino esotico. Questo progetto cross-mediale è curato dagli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Palermo, del corso di Nuove Tecnologie dell’Arte – Animazione Digitale.
Il secondo intervento multimediale è di tipo documentaristico. Lo si trova al primo piano, vicino alla sala dedicata a Guttuso, dove viene proiettato un originale “Cinegiornale Elenka”, diretto dal regista Salvo Cuccia e prodotto da Noemi Santagati per Elenk’Art. Il filmato racconta la collezione e la mostra Pinakothek’a ed è stato girato in super 8. Si ispira alla tecnica narrativa dei cinegiornali e riporta idealmente lo spettatore al 1959, anno della fondazione di Elenka. Questa mostra, nata dall’idea condivisa tra la Fondazione Sant’Elia, Città Metropolitana di Palermo ed Elenka, patrocinata da ARS (Assemblea Regionale Siciliana), è un segno di investimento culturale nell’anno di Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025 e di Gibellina “Capitale Italiana dell’Arte Contemporanea” nel 2026, iniziative importanti e sinergiche tra pubblico e privato che mirano al rilancio della Sicilia come sorgente di umanità e connessione tra natura, cultura e paesaggio.














