
La Milano Design Week 2025, da poco conclusasi, ha esplorato il tema “Mondi Connessi”, portando in scena l’incontro tra il fisico e il digitale. L’interazione di queste due realtà è stata, infatti, il fil rouge dell’ultima edizione del Fuorisalone, che ha posto l’accento su come l’intelligenza artificiale (AI) sia uno strumento sempre più utilizzato per creare opere di design, in perfetta continuità con la fisiologica evoluzione delle tecniche, dei materiali e dei contenuti impiegati. È un nuovo volto del design, che attraverso nuovi modi di esprimersi raggiunge un pubblico sempre più ampio (e curioso).
Fra le numerosissime installazioni presenti, il tema di quest’anno è stato interpretato in senso letterale dall’installazione “MATER IA” presentata presso lo Spazio Caradosso: una mostra il cui punto di partenza era la materia e quello d’arrivo l’intelligenza artificiale; al centro, l’uomo e la creazione artistica. La mostra consisteva in un percorso espositivo in cui le opere di artisti rinomati (come Per Barclay, il duo Gioberto Noro, Daniele Ratti e dell’artista multimediale Gianluca Iadema) hanno costituito le “tappe” dell’evoluzione dalla realtà materica (si partiva dai materiali tradizionali come legno e marmo, rappresentati attraverso un tavolo e una sedia progettati da Giubergia), all’esplorazione delle nuove tecnologie nell’arte, tematica analizzata nell’ambito del progetto UN_I(N)VERSO di Iadema.

Il design ha attraversato innumerevoli trasformazioni: da semplice supporto alle esigenze funzionali degli anni ’60 e ’70, è esploso negli anni ’80 con l’avvento della comunicazione visiva e pubblicitaria, per assumere nuove forme negli anni ’90 e 2000 grazie al design digitale. Oggi, in un mondo che evolve a una velocità inaspettata, anche l’AI ha fatto il suo ingresso nel campo del design.
L’AI è stata, infatti, già utilizzata da Kartell che, in collaborazione con il designer Philippe Starck e con l’aiuto di Autodesk (che ha fornito la tecnologia generativa), ha sfruttato l’intelligenza artificiale per cercare la purezza e l’essenzialità delle forme, dando vita alla collezione A.I. Family. Durante l’edizione del Salone del Mobile 2023 la famiglia si è “allargata” grazie alla creazione di una sedia pieghevole “come un origami”, di una poltrona e di una consolle da salotto.
Oio Studio, con i suoi fondatori Simone Rebaudengo e Matteo Loglio, ha utilizzato un algoritmo generativo per il progetto Spawns: prendendo ispirazione dalla citazione di Ernesto Nathan Rogers “dal cucchiaio alla città”, i creativi hanno sottoposto le immagini di alcuni cucchiaini all’AI, che li ha rielaborati e ha restituito modelli inediti. E questi poi, selezionati e rielaborati con la collaborazione del designer giosampietro in modelli 3D, sono stati realizzati dagli artigiani di Greggio Argenterie. Ne è scaturita una collezione a tiratura limitata di tre modelli di cucchiai in silver plate.

È naturale, quindi, porsi degli interrogativi sulla relazione tra design, diritto d’autore e intelligenza artificiale: in che modo possono interagire? E quando interagiscono, il creatore dell’opera di design è l’AI o il designer? Come si possono tutelare i designer autori dell’opera co-creata con l’AI?
Sul rapporto tra intelligenza artificiale e diritto d’autore si è di recente espressa la Corte d’Appello degli Stati Uniti per il Circuito del Distretto di Columbia (Washington D.C.), che il 18 marzo 2025 ha negato la tutela alle opere create esclusivamente con l’intelligenza artificiale, ribadendo che solo gli esseri umani possono essere considerati “autori”. Dall’altra parte, la decisione non ha però escluso in maniera categorica la possibilità che alcune opere “ibride” (ovvero quelle in cui l’AI funge da strumento al servizio della creatività umana) possano essere protette.
Se negli Stati Uniti questo è lo “stato dell’arte” (concedeteci il gioco di parole) in questo momento, anche in Italia ci sono delle novità che ci pongono in qualche modo sulla stessa linea della sentenza americana: il disegno di legge sull’intelligenza artificiale (il c.d. DDL AI), approvato in prima lettura lo scorso 20 marzo in Senato, infatti, potrebbe portare alla modifica della legge sul diritto d’autore (classe 1941) ammettendo la tutela di contenuti generati da sistemi di AI purché sottoposti anche a un “contributo umano creativo”.
Il concetto di “creatività”, infatti, è (ma chissà ancora per quanto…) inscindibilmente collegato all’intervento umano; un’opera, quindi, per potersi definire “creativa” e conseguentemente tutelabile, deve presentare un contributo originale dell’uomo, prevalente rispetto all’apporto della macchina.
Tutte riflessioni da tenere a mente, in un contesto – quello del design –, in cui la decisione di avvalersi di strumenti tecnologicamente avanzati sta divenendo sempre di più un’esigenza pratica e una risorsa necessaria per rimanere al passo coi tempi.













