
Da Universo Factory, a Vittorio Veneto, fino al 22 giugno è ospitata “Dove cade lo sguardo”, a cura di Simone Ceschin. È il secondo atto, che segue il filo conduttore di “Domestica Vanitas” mettendo in scena le artiste Nicole Sinigaglia, Sara Pacucci e Daniela Moruz
Tutte e tre vengono dall’Atelier 12 dell’Accademia di Belle Arti di Venezia. Sono pittrici. E stanno osservando il corpo femminile “come un luogo”. Un luogo dove succedono le cose. Esperienza. Trasformazione. Si tratta di dove lo sguardo cade, sì, ma anche di ciò che il corpo contiene. Memoria. Relazione. Le cose invisibili che sono decisamente, assolutamente, lì.
Pensate alla casa. Non la versione idealizzata, quella delle riviste. Quella vera. Lo spazio domestico come contenitore di sentimenti, di storia. Questi dipinti, non urlano. Sussurrano. Ti mostrano le piccole cose. I gesti minimi. I margini, i frammenti che di solito non noti. I modi silenziosi in cui i corpi esistono. Frammenti. Suggeriscono la presenza di persone, o che ci siano state. Lasciano entrare il tempo. La pittura stessa diventa un luogo in cui puoi entrare, una superficie che è stata vissuta. Racconta storie, ma non in un modo che richiede spiegazioni. Devi solo vederle.
Nicole Sinigaglia? Si sta addentrando nell’intimità. Non solo con gli altri, ma con il tuo stesso corpo. Le parti nascoste dell’essere fisico. Cerca di mostrare le sfumature più sottili, le cose che teniamo nascoste. L’intimità nei momenti silenziosi, da soli, connettendosi con le stanze in cui viviamo. Il corpo è come un libro, che contiene esperienze nelle sue curve e pieghe. Si concentra sui dettagli. A volte un corpo riempie la tela, a volte è solo una stanza, ma sai che qualcuno c’è stato. Vuole costruire uno spazio in cui queste immagini dialoghino tra loro. Un luogo che sembri familiare, domestico, riconoscibile, ma anche… teso. È un invito, davvero. A rallentare. A guardare oltre la superficie. A vedere i dettagli, la storia incisa. Usa dipinti e le sue foto personali. Entrambi sono modi per vedere la natura disordinata, mutevole delle cose.

Sara Pacucci? Lei cerca connessioni. Dove i corpi si incontrano. Come le opere d’arte stesse stanno parlando tra loro. Se guardi abbastanza attentamente, vedi i collegamenti inaspettati. Storie segrete. Le cose si toccano, formano questa enorme, invisibile rete. E a volte, dal nulla, vedi qualcosa che era già lì, un’immagine che riappare. Come una telefonata. Il suo studio riguarda il ritrovare queste connessioni. L’unirsi, lo scontrarsi, l’interagire. I confini, le cose che affiorano. La pittura, per lei, è ascoltare. Ascoltare l’energia nascosta che riemerge. I confini si sfumano. Tutto si connette. Tutto parla di noi.
Daniela Moruz? Lei si concentra sul corpo femminile. La sua bellezza, la sua potenza. Mostra le donne semplicemente, naturalmente. Senza maschere. Le loro posture? Raccontano storie. Storie antiche, storie moderne. Di come, attraverso le epoche, abbiano sfidato pregiudizi e discriminazioni, aprendo strade e conquistando spazi prima negati. Quando le convenzioni sociali vengono spogliate, il corpo femminile si trasforma in un simbolo. Libertà, sì, ma anche vulnerabilità, forza, fragilità. Evidenzia la profondità di tutto questo, le parti complicate. Spesso, i corpi sono sospesi in momenti di tensione. C’è un mistero lì, un’intimità che ti sfugge se ti limiti a un’occhiata superficiale. Ti fa fermare. Pensare alla bellezza, all’essere umano nella sua forma più autentica e semplice.
Universo Factory stessa è un qualcosa di diverso. È un’antica setificio. L’ha fondata Simone Ceschin. Fa parte del processo di riportare in vita edifici vecchi e inutilizzati. Si concentrano sull’arte pensata apposta per lo spazio, arte che dialoga con la storia dell’edificio. Lavorano con artisti, affermati ed emergenti, specialmente dall’Accademia di Venezia. È un luogo dove sperimentare. Lontano dal rumore del circuito artistico tradizionale. Qui le idee contano. L’arte non si limita a occupare lo spazio, ci abita. Lo trasforma e ridefinisce la percezione. Genera nuove narrazioni condivise con il pubblico. Le mostre in programma continueranno su questa linea. Arte, architettura, contesto. Tutto collegato. Offrendo un’esperienza che va più in profondità, che ti mostra quanto tutto sia connesso.

Quindi, “Dove cade lo sguardo”. È un invito. A risiedere in quella zona fragile dove la pittura incontra la memoria. Dove la carne incontra lo spazio. Dove l’intimità incontra la visione. È lì, in quel punto preciso, che si gioca la possibilità di un altro sguardo. Uno sguardo che non possiede, ma riconosce. Che non cattura, ma accompagna. Che non chiede di capire, ma di restare.
Universo Factory la trovi in Via Savassa Bassa 4, Vittorio Veneto (TV). Sono aperti dal lunedì al venerdì su appuntamento. Andate a vederla. E vedete dove cade il vostro sguardo.














