
Dal 14 giugno al 14 settembre 2025, la capitale tedesca diventa teatro di una rivoluzione silenziosa: più di 60 artisti, oltre 170 opere e un messaggio da passare sottovoce, come un segreto di resistenza condivisa. È “Passing the Fugitive On”, la 13ª Biennale di Berlino per l’arte contemporanea, a cura di Zasha Colah.
Quattro spazi iconici – KW Institute for Contemporary Art, Sophiensæle, Hamburger Bahnhof – Nationalgalerie der Gegenwart e un ex tribunale nel quartiere Moabit – ospiteranno opere che non si “limitano” a essere esposte, ma che agiscono, parlano, si muovono, coinvolgendo direttamente il pubblico in un’esperienza estetica viva e imprevedibile.
Il titolo scelto da Colah – “Passing the Fugitive On” – è già di per sé una dichiarazione di intenti: l’arte come messaggio in fuga, come linguaggio alternativo che si trasmette di bocca in bocca, scavalcando barriere e sfidando l’oppressione dei sistemi ingiusti. Non solo una mostra, ma un invito all’azione: diventare complici, testimoni, portatori di visioni che resistono alla cancellazione.
Lontana dall’idea di museo come contenitore statico, questa Biennale si fonda sull’oralità, il gesto e la presenza fisica: dalle performance teatrali alle passeggiate commemorative, dai gruppi di lettura ai tribunali performativi, fino a incursioni nello stand-up e nello spoken word. Ogni opera è una scintilla che può accendere una presa di coscienza collettiva.
“La mostra si costruisce attorno a quei momenti in cui un atto immaginativo individuale riesce a farsi collettivo”, spiega Colah. È in questo passaggio, in questa “fuga trasmessa”, che l’arte si fa politica, cura e comunità.
Un progetto – con il supporto culturale della curatrice associata Valentina Viviani – in cui l’arte non è “solo” da guardare, ma anche e soprattutto da tramandare.














