
A quasi 40 anni dalla sua prematura scomparsa, Ana Mendieta continua a parlare al presente. La sua potente eredità, fatta di terra, corpo e memoria, si prepara a entrare in una nuova fase: la Marian Goodman Gallery rappresenterà ufficialmente la sua estate a partire da novembre, con una mostra a New York che anticipa una grande retrospettiva alla Tate Modern prevista per il 2026.
Un cambio di rotta storico: l’eredità di Mendieta lascia la Galerie Lelong dopo oltre trent’anni di collaborazione, continuando comunque a lavorare con Alison Jacques (Londra) e Prats Nogueras Blanchard (Barcellona e Madrid).
“Con l’aumento delle richieste e dei progetti internazionali, avevamo bisogno di una struttura più ampia e di nuove energie per accompagnare l’eredità di Ana verso il futuro”, ha dichiarato Raquel Cecilia Mendieta, nipote dell’artista e amministratrice del suo patrimonio.
Mendieta, nata all’Avana nel 1948 e rifugiatasi negli Stati Uniti da bambina durante la Rivoluzione cubana, è diventata una figura di riferimento dell’arte femminista e della pratica site-specific. Le sue opere – performance, sculture, filmati, installazioni – sono intime e al tempo stesso archetipiche, indagano la spiritualità, l’identità diasporica e il legame tra corpo e natura.
“Il suo lavoro è concettualmente rigoroso, profondamente personale e insieme universale. È una voce fondamentale nel nostro tempo”, ha dichiarato Junette Teng della Marian Goodman Gallery.
Negli ultimi anni, l’interesse per l’artista è esploso: oltre 600 mostre collettive, più di 55 personali, record d’asta, nuovi progetti espositivi e una crescente domanda da parte di musei globali di installare opere site-specific che finora non avevano mai lasciato gli archivi. Un percorso culminato nel progetto Tate Modern del 2026, che per la prima volta porterà nel Regno Unito un’ampia selezione di lavori tra cui fotografie, filmati, disegni e opere “earth-body”.
“Il pubblico oggi è alla ricerca di radici, di fondamenti culturali e spirituali. L’arte di Ana Mendieta parla proprio di questo”, ha affermato Rose Lord, partner della Marian Goodman Gallery. E infatti, la sua eredità risuona fortemente in un’epoca segnata da crisi identitarie, ambientalismo e richieste di giustizia sociale.
Anche Raquelín Mendieta, sorella dell’artista, ha espresso profonda gratitudine verso la galleria Lelong per la lunga collaborazione, definendo il rapporto con la vicepresidente Mary Sabbatino “più simile a una famiglia che a una partnership”. Ma il momento è quello giusto per un salto: “Ana sarebbe stata felice di essere affiancata ad artisti come Robert Smithson e Giuseppe Penone, figure che hanno condiviso la sua sensibilità per la natura, la materia e il tempo”, ha scritto Raquelín.
Con nuovi progetti, una retrospettiva epocale all’orizzonte e una galleria internazionale pronta a rilanciare la sua voce, Ana Mendieta non è solo parte della storia dell’arte contemporanea: è più presente che mai.













