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Facce bianche, occhi neri. Francesca Pasini su Aida Muluneh

Aida Muluneh, IF THEY COME FOR ME IN THE MORNING, 2022 (particolare) Aida Muluneh, IF THEY COME FOR ME IN THE MORNING, 2022 (particolare)
Aida Muluneh, IF THEY COME FOR ME IN THE MORNING, 2022 (particolare)
Aida Muluneh, IF THEY COME FOR ME IN THE MORNING, 2022 (particolare)
La grande critica d’arte e studiosa avvia la sua collaborazione con ArtsLife recensendo la mostra di Muluneh alla galleria Play List – Giampaolo Abbondio

Quando sono entrata in galleria ho visto quadri invece di foto: questa è stata la prima sorpresa. Colori primari così intensi fanno perdere l’orientamento. Come diceva John Berger: “l’invenzione della macchina fotografica rivelò che ciò vedevi aveva a che fare con la posizione che occupavi nel tempo e nello spazio” (J.B., Modi di vedere, Il Saggiatore, 1998). Le opere di Aida Muluneh, riunite sotto il titolo The Homeless Wanderer, sono state un esempio concreto: la mia posizione in quel momento mi ha fatto abbinare colori primari e pittura.

Aida Muluneh è etiope, si è laureata alla Howard University, è stata fotogiornalista al Washington Post, poi è ritornata ad Addis Abeba, dove studia le immagini delle donne per raccontare la storia politica del suo paese. Le sue vagabonde senza fissa dimora interrompono l’idea di una “mitologia artigianale” con la quale interpretiamo civiltà non industrializzate, non occidentali. Questa è stata la seconda sorpresa. La combinazione di figure e colori incorpora la conoscenza artigianale nella sperimentazione fotografica. Non è una risposta speculare a Picasso che dalle sculture africane inventa il cubismo; è l’interazione effettiva tra strumenti e immagini quotidiane, anonime.

 

Aida Muluneh, The Amusement At The Gate - Memory of Hope collection, 2017
Aida Muluneh, The Amusement At The Gate – Memory of Hope collection, 2017
L’evoluzione dei linguaggi

Come dice Aida Muluneh, è “la messa in discussione della nostra stessa umanità, indipendente dalla posizione geografica”. Non si tratta di recuperare storie “ancestrali”, ma di ripercorrere l’evoluzione dei linguaggi. Non è una scelta taumaturgica, non dipende dal livello di democrazia, ma da come modifichiamo l’alfabeto, cioè la prima invenzione umana, di cui troviamo traccia nelle grotte paleolitiche, e che poi si è tradotta in scrittura, e poi le macchine da stampa l’hanno resa leggibile a chiunque.

La sovrapposizione che ho fatto tra pittura e fotografia è stata la chiave che mi ha fatto vedere in modo analogo la biacca bianca, che copre i volti delle vagabonde (Wanderer), in cui – come scrive Jacqueline Ceresoli nel testo di presentazione -, “appare una fisicità immateriale che possiamo idealmente ‘toccare’ con gli occhi”. È una maschera, porosa, instabile, che non riguarda il colore della pelle, ma la protezione dell’identità soggettiva e la conseguente messa in discussione di un’imposizione millenaria.

 

Aida Muluneh, THE JUDGEMENT, 2022
Aida Muluneh, THE JUDGEMENT, 2022
The Judgement

Provo a descrivere l’opera che si intitola The Judgement, 2022, 116 x 80 cm. La composizione è divisa in due zone. In basso, in una semicirconferenza gialla si trova una donna seduta su uno sgabello; la testa è coperta da un velo rosso; la faccia è bianca; gli occhi, neri, truccati guardano obliquamente, non possiamo incrociare lo sguardo. Attorno fluttuano sgabelli blu: Il trono della giustizia, che non è mai lo stesso, né nella stessa posizione? La composizione è circolare.

La parte superiore ha sfondo rosso/rosa è invasa da una massa di donne, in piedi, una accanto all’altra, disposte in quattro file. Tutte vestite con caftani rosso/rosa. Tutte le facce sono bianche; tutti gli occhi sono neri; tutti guardano in direzioni diverse. I loro corpi diventano linee geometriche ascendenti. La composizione diventa verticale. Il titolo, Il giudizio, allude a molte simbologie, ma quello che mi ha sorpreso è la struttura compositiva, da un lato architettonica, dall’altro narrativa.

 

Aida Muluneh, The Return of A Departure - The Distant Gaze collection, 2017
Aida Muluneh, The Return of A Departure – The Distant Gaze collection, 2017
Realtà soggettiva

Il colore fisico, tattile dà vita a un astrattismo dove l’espressione concettuale/geometrica non è scissa dalla realtà soggettiva delle donne nelle loro attività. The return of a departure (una donna in primo piano emerge a mezzobusto dall’acqua, e dietro le teste di tante altre); Beside the door (due donne in caftano giallo trasportano sulle spalle anfore d’acqua, sotto lo sguardo vigile di un’altra sull’uscio di casa); You never knew (tre donne vestite di giallo portano sulle spalle l’asta di una bandiera, costituita da una busta di posta aerea: una lettera che hanno ricevuto o che inviano?)

Donne etiopi in carne ed ossa, con i loro abbigliamenti, con i loro colori, ritratte da una fotografia etiope, annunciando la loro reale presenza sono l’imprevisto della storia e dei suoi linguaggi in tutti i paesi del mondo, non solo in quelli abbinati a “mitologie artigianali”.

Aida Muluneh: The Homeless Wanderer,
Play List – Galleria Giampaolo Abbondio
Via Archimede 73, Milano

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