
Dal 28 giugno al 27 luglio 2025, Spoleto diventa teatro di un’esplorazione affascinante e inquieta del tempo, della memoria e del trauma collettivo, con la mostra “Unhappen Unhappen Unhappen – Pepper’s Ghost Dioramas”, un progetto firmato da Fondazione Carla Fendi e a cura di Guy Robertson (anche curatore e co-fondatore dei Mahler & LeWitt Studios) e Bronwyn Lace (Direttrice e co-fondatrice del Center for the Less Good Idea con William Kentridge).
Al centro della scena: quattro diorami animati creati con l’antica tecnica illusionistica del Pepper’s Ghost, realizzati da Anathi Conjwa, William Kentridge, Micca Manganye e Sabine Theunissen. Un’esperienza visiva sospesa tra il fantasmatico (cioè evanescente o spettrale) e il reale, capace di evocare storie dimenticate e traumi rimossi.
Il titolo stesso, Unhappen, è un’invenzione linguistica che richiama l’atto impossibile di “disfare ciò che è già accaduto”. Un termine immaginario per un desiderio reale: cancellare, o almeno comprendere, un trauma. Nel contesto della mostra, il riferimento principale è l’eredità dolorosa dell’apartheid e della colonizzazione, ma il tema si apre anche a esperienze personali, intime, difficili da raccontare.
La ripetizione ossessiva di “Unhappen” – tre volte – non è casuale. È un mantra, una formula che cerca di esorcizzare il dolore, ma che al tempo stesso lo rafforza, riportandolo in vita. Come un’eco che rifiuta di spegnersi, questo titolo si fa portavoce di una tensione interiore collettiva: il bisogno di ricordare per superare.
Gli artisti coinvolti hanno scelto una tecnica teatrale antica, tanto affascinante quanto evocativa: il Pepper’s Ghost, un’illusione ottica resa celebre da John Henry Pepper nel 1862, basata sull’uso di specchi semitrasparenti e giochi di luce. Il risultato? Apparizioni evanescenti, spettri che si materializzano e si dissolvono, immagini che sembrano uscire direttamente dalla memoria.
Con questa tecnica, gli artisti costruiscono e decostruiscono la narrazione visiva del trauma, trasformando il diorama in un palcoscenico onirico dove passato e presente convivono.
Il cuore della mostra batte nel confronto tra immaginazione e memoria, tra tecnologia antica e riflessione contemporanea. L’intervento di William Kentridge – artista sudafricano noto per la sua poetica politica e stratificata – si affianca a quello di altri talenti che portano nei diorami la propria esperienza e visione personale: Anathi Conjwa, Micca Manganye e Sabine Theunissen.














