
C’è un posto a Venezia dove puoi ordinare un piatto stellato e trovarti a conversare, anche solo con lo sguardo, con una ventina di artisti ventenni che ti spiano dalle pareti. È “L’Estetica del Gusto”, la nuova mostra curata dal professor Simone Ceschin da AB – Il lusso della semplicità, alias il regno terrestre dello chef Alessandro Borghese.
Siamo a Ca’ Vendramin Calergi, che è una specie di Versailles affacciata sul Canal Grande, dove il barocco ha messo radici e il Casinò pulsa come un cuore elegante e un po’ azzardato. Qui, tra una tartare di tonno e un morso a un risotto che sa di laguna e di memoria, fino a metà ottobre le opere di venti giovani artisti dell’Accademia di Belle Arti di Venezia si accomodano ai tavoli. O meglio: li abitano, li osservano, li interrogano.
“Il gusto è un linguaggio – dice il curatore, Ma è anche una pausa. Una pausa da tutto.” E in effetti, entrare qui e guardarsi attorno è come prendere fiato dopo tre piani di scale. Ti fermi. Guardi. Annusi. E ti rendi conto che quella pittura lì, che ritrae una scena banale – una pausa pranzo, una tazza, un’ombra – non è solo pittura. È una specie di eco.
Gli artisti – e citiamoli: Sofia Battan, Anna Benedetti, Ilaria Costaglia, Leonardo Dalla Torre, e gli altri diciassette – non si limitano a decorare le pareti del ristorante. No. Le sfidano. Fanno domande. E mica domande facili tipo “com’è la carbonara?” ma domande tipo: cosa vuol dire davvero scegliere un gusto? Cos’è il gusto quando non ha a che fare con la lingua ma con la memoria, con la solitudine, con le mani che cucinano, con l’attesa.
Ceschin lo dice chiaramente: il gusto è giudizio, è stratificazione, è simbolo. È qualcosa che “lascia tracce”. E in questa mostra le tracce si fanno visibili, tangibili, a volte persino commestibili, almeno nell’immaginazione. Una stoviglia dipinta può ricordarti un amore finito. Un piatto abbandonato a metà può dirti che è ora di cambiare lavoro. Oppure che hai solo bisogno di un altro bicchiere di vino.

Ma qui c’è anche etica. Perché, e questo è importante, una parte del ricavato delle opere vendute andrà a Banca delle Visite, un progetto che permette a chi è in difficoltà di accedere a cure mediche. Arte, etica e gusto: un trittico che starebbe bene anche su un piatto di ceramica dipinta a mano.
Un tempo particolare il nostro in cui tutto corre, anche il cibo – che è diventato fast, express, take-away – questa mostra ti costringe a rallentare. È un atto quasi sovversivo. Le opere ti chiedono di stare. Di assaporare. Di tornare a guardare come si guardava una volta, senza notifiche, senza timer. Il tempo del gusto è il tempo della contemplazione. E questo, in fondo, è il vero lusso.
Chiunque tu sia – cliente abituale o curioso di passaggio, veneziano di nascita o turista perduto con Google Maps – questa mostra è per te. Non servono competenze, solo occhi aperti e stomaco pronto. E magari, se sei fortunato, anche un tavolo vicino alla finestra.














