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Il Gala Mario Porcile chiude con successo il Nervi International Ballet

Foto di Marcello Orselli
Foto di Marcello Orselli

Il Nervi International Ballet Festival si è chiuso con galà dedicato a Mario Porcile, patron del glorioso festival del passato.

A chiusura del festival possiamo senz’altro fare un plauso a Jacopo Bellussi, che si è grantito la direzione artistica del Nervi International Ballet Festival grazie ai galà di danza organizzati precedentemente nella sua città, Genova. Ne ha organizzati tre dal 2019 a 2024, tutti a scopo benefico, tutti con il supporto della compagnia in cui ha lavorato fino a pochi mesi fa, ovvero l’Hamburg Ballet , e quello del Comune di Genova, nella figura dell’ex consigliera delegata Barbara Grosso.

Un’esperienza che gli è servita per organizzare un altro galà per l’ultima serata della manifestazione dedicandolo a Mario Porcile, patron del glorioso festival del passato. Anche lui  infatti nell’edizione 1972 aveva pensato di chiudere il suo festival proprio con un “Gran Gala delle Stelle”. Ecco che il successo di ieri non poteva che essere  previsto, scontato e assicurato. Certo, poteva accadere che le varie coppie di danzatori sul palco non si dimostrassero all’altezza delle star del passato, pensiamo ad esempio a Maina Gielgud (oggi collaboratrice di Bellussi alla realizzazione dell’attuale Festival) e Daniel Lommel, Liliana Cosi e Paolo Bortoluzzi, Ekaterina Maximova e Vladimir Vassiliev, Claire Motte e Cyril Atanassof e poi nel 1979 a Maurizio Bellezza e Renata Calderini, primi ballerini del teatro alla Scala, che tornarono nel 1980 nello spettacolo “Nervi mia cara” nella quale Luciana Savignano fu magnifica interprete del “Bolero” di Bejart, ma così non è stato. Gli artisti di oggi sono stati tutti bravissimi regalando al pubblico di Nervi una magnifica serata di chiusura che mette il segno più alla manifestazione.

La serata si è aperta con Pas de Quatre  presentato nella messa in scena di Anton Dolin del 1941 e ripreso dalla Gielgud. Ad interpretarlo Ida Praetorius, Cassandra Trenary, Aliya Tanikpaeva e Jessica Xuan, tutte dalla pregiata tecnica tra le quali però spiccava in grazia e bellezza la Trenary, prima ballerina dell’American Ballet Theatre, poi apprezzata anche nel terzo brano della serata, il passo a due dal Romeo Giulietta di McMillan in coppia con Mattew Ball, primo ballerino del Royal Ballet.

Foto di Marcello Orselli

A seguire Forme et ligne, creazione di Bejart che esplora con ironia e intelligenza il rapporto tra forma, movimento e suono. Bravissima, seducente e magnetica Ksenia Ovsyanich, prima ballerina dello Statsballet di Berlino, nell’esecuzione di una coreografia dalla struttura geometrica che gioca anche sulla fragilità dell’equilibrio. Un gioiello già apprezzato quando eseguito da Maina Gielgud nel 1970  e ieri riproposto con gran classe.

Il secondo tempo si è aperto con Chant d’un compagnon errant, creazione sempre di Maurice Béjart, su musiche di Gustav Mahler, che debuttò nel 1971 con il duo Paolo Bortoluzzi e Rudolf Nureyev. Il Chant di Bejart è un inno al compositore dei Lieder eines fahrenden Gesellen e il balletto mostra uno studente romantico in lotta con se stesso finché non giunge il fato che, prendendolo per mano, lo calma e lo rasserena. Un intenso duetto maschile che rappresenta lo sdoppiamento del medesimo personaggio tra il dubbio e la certezza. Ad eseguirlo sono stati Jacopo Bellussi, tornato in veste di danzatore, in coppia con Matthew Ball. 

Per il terzo tempo si è trornati al balletto romantico con il pas a due dal II atto di Giselle. Sul palco Aliya Tanikpaeva e Dmitry Timofev dell’Hungarian National Ballet. Senza dubbio più coinvolgente Les trois Gnossiennes (su musica di Erik Satie) creato da Van Manen nel 1982. Un dialogo fra due corpi fatto di intimità sospesa, tradotto intensamente da Jessica Xuan prima ballerina del Dutch National Ballet dalle linee eleganti e morbide,  e Jakob Feyferlik, primo ballerino del Bayerisches Statsballett.

Foto di Marcello Orselli

A chiudere la serata è tornato Bellussi in coppia con Ida Praetorius nel passo a due “in black” dalla Dame aux camélias di John Neumeier, creato nel 1978 per lo Stuttgarter Ballett. Il brano mostra il conflitto di una relazione oramai compromessa, in cui è inevitabile che il dolore e la passione si fondano  in una tensione emotiva crescente. I due interpreti ne hanno dato un’esecuzione efficace sotto ogni punto di vista, tecnico e interpretativo, frutto anche di un lungo lavoro costruito con la supervisione di Neumeier all’Hamburg Ballet di cui sono principal.

Insomma potremmo parlare di serata magica proprio come ai vecchi tempi. L’unico neo l’intervento prima dell’inizio, in cui la voce fuori campo di un ex allieva della scuola di Porcile, simulando di parlare col Maestro gli ricordava tutte le sue imprese invocando quasi il suo ascolto dall’aldilà. Diciamo che non ha aggiunto nulla se non un’evitabile malinconico ricordo. Certamente sarebbe stato meglio se ad introdurre quest’ultimo spettacolo, fosse stato l’ex sindaco di Genova Marco Bucci, per altro presente in platea. E’ lui che ha voluto il ritorno del festival, è lui che dopo le prime edizioni miste ha fatto tornare totalmente la danza ed è lui che ha voluto alla direzione artistica del festival Jacopo Bellussi dopo che nel 2024 lo ha insignito del titolo di “Ambasciatore di Genova nel Mondo”. Senza dubbio avrebbe detto cose più interessanti tralasciando il patetismo. 

Foto di Marcello Orselli

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