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Marcello Maloberti accende DIO, finché regge la batteria

Marcello Maloberti DIO A BATTERIA, 2025 Installazione performativa dalle ore 18 alle ore 9 della mattina seguente neon, tre batterie da camion, due metronotte Courtesy l’artista, San Carlo Cremona e Galleria Raffaella Cortese, Milano - Albisola Fotografie di Andrea Rossetti
Marcello Maloberti, DIO A BATTERIA, 2025. Installazione performativa dalle ore 18 alle ore 9 della mattina seguente. neon, tre batterie da camion, due metronotte. Courtesy l’artista, San Carlo Cremona e Galleria Raffaella Cortese, Milano – Albisola. Fotografie di Andrea Rossetti.
Marcello Maloberti porta una luce fragile nella navata della chiesa di San Carlo a Cremona. La performance di una notte tra spiritualità, precarietà e sorveglianza.

Una parola, tremante come una confessione infantile, scritta con il neon. Al centro della navata spoglia della chiesa sconsacrata di San Carlo a Cremona, la scritta “DIO” brilla per tutta la notte, in un tenue azzurro alimentato da una batteria da camion. Non è scolpita nel marmo, non svetta su un altare: è posata a terra, fragile, esposta, impermanente. Una luce incerta che può spegnersi in qualsiasi momento.

È questo il cuore di “METRONOTTE”, l’intervento site-specific di Marcello Maloberti, presentato a Cremona. Una performance che dura il tempo di una notte, dalle 18 alle 9 del mattino successivo. E che parla con forza silenziosa di tutto ciò che oggi ci interroga: il bisogno di sacro, il linguaggio della tecnologia, la precarietà delle nostre credenze.

La parola “DIO” — tracciata con la grafia incerta di un bambino — non è solo un segno visivo, ma un gesto. È un atto che mescola l’innocenza all’industria, il desiderio di eternità con la meccanica della sopravvivenza. Il tubo trasparente del neon non nasconde nulla: si vede il gas, il filo, il circuito. Si vede il trucco. Eppure, la scritta accende qualcosa che va oltre il visibile.

Marcello Maloberti, DIO A BATTERIA, 2025. Installazione performativa dalle ore 18 alle ore 9 della mattina seguente. neon, tre batterie da camion, due metronotte. Courtesy l’artista, San Carlo Cremona e Galleria Raffaella Cortese, Milano – Albisola. Fotografie di Andrea Rossetti.

A vigilare sull’opera, due metronotte in divisa. Non fanno nulla. Non commentano. Non si muovono. Ma la loro presenza introduce una tensione: sono guardiani? Funzionari? Attori involontari? Sono lì per garantire la sicurezza di una parola che non è eterna, ma fragile. Forse anche per indicare, con la loro postura “addestrata”, che qualcosa va sorvegliato. Anche quando — o proprio perché — rischia di spegnersi. In questa triangolazione tra parola, luce e sorveglianza si condensa tutta l’opera. Niente simbolismi gridati, nessun spiritualismo decorativo: piuttosto, una grammatica minima e instabile che lascia lo spettatore in bilico tra senso e assenza.

Il progetto, prodotto da San Carlo Cremona con la Galleria Raffaella Cortese di Milano, si inserisce in una serie di iniziative che trasformano lo spazio della chiesa (sorta nel XVII secolo sui resti dell’antica San Donnino) in luogo di ricerca artistica e interrogazione contemporanea.

DIO a batteria è un titolo che fa sorridere, ma lascia un nodo alla gola. Dice qualcosa sull’oggi: forse il sacro non si manifesta più “nel tuono, nella tempesta o nella piaga”, ma in un dispositivo che va ricaricato. Perchè anche il divino, per “esistere”, ha bisogno manutenzione…

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