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Improvisation in 10 days. Tarek Atoui all’HangarBicocca

Tarek Atoui, Wind House (#2), 2024, Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2025 Tarek Atoui, Wind House (#2), 2024, Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2025
Tarek Atoui, Wind House (#2), 2024, Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2025
Tarek Atoui, Wind House (#2), 2024, Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2025
La mostra appena conclusa al Pirelli HangarBicocca ha rappresentato la prima mostra personale in Italia dell’artista libanese

Apice di un progetto espositivo che ha coinvolto quattro istituzioni europee, Improvisation in 10 days ha segnato la prima mostra personale di Tarek Atoui (Beirut, 1980) in Italia, a cura di Lucia Aspesi. Con la collaborazione di Kunsthaus Bregenz, S.M.A.K Gent e l’Institut d’Art Contemporain – Villeurbanne/Rhône-Alpes, Pirelli HangarBicocca è diventato il luogo dove diversi progetti dell’artista convergono in una partitura visiva costruita secondo i principi dell’improvvisazione. Il titolo stesso richiama il processo creativo e allestitivo che, in sinergia con il team tecnico di Pirelli HangarBicocca, ha dato vita ad un approccio installativo strettamente legato al luogo ospitante.

Come ribadito da Atoui stesso: “I don’t want to force the space to my work, instead I prefer to see how the space would transform the work” [Non voglio forzare lo spazio al mio lavoro, preferisco invece vedere come lo spazio trasformi il mio lavoro]. L’esposizione si presenta come un ampio parco sonoro dove l’insieme delle opere è sapientemente orchestrato per dare vita a una lunga composizione costantemente mutevole. I visitatori sono invitati a sostare ed ascoltare per diverso tempo, al fine di esperire le diverse sfumature espressive che costellano l’ambiente.

Dimensione generativa e partecipativa

Costruito nell’intersezione tra la programmazione digitale e strumenti di nuova concezione e tradizionali (ad esempio i grandi tamburi in pelle bovina frutto del magistrale lavoro di Seo In Seok, maestro artigiano e musicista della Corea del Sud), l’universo di Tarek Atoui si apre all’incontro tra la dimensione generativa della composizione e quella partecipativa delle percezioni del pubblico. Esemplari in tal senso sono le due grandi installazioni Wind House #1 e Wind House #2 – parte dell’ensemble strumentale Souffle Continu (che raccoglie anche le opere Organ Within e Reedboxes) – in cui il pubblico era invitato ad entrare per cogliere le vibrazioni sonore generate da un continuo influsso d’aria che, interagendo con le strutture, crea modificazioni acustiche negli ambienti stessi.

 

Tarek Atoui, Improvisation in 10 Days, Veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2025, Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano, Foto Rasa Juskeviciute
Tarek Atoui, Improvisation in 10 Days, Veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2025, Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano, Foto Rasa Juskeviciute

Le opere in questione – raccolte sotto il cappello di Souffle Continu e nate da un corpo di lavoro intitolato WITHIN (2013 – in corso), sviluppato dall’artista in collaborazione con persone con deficit uditivo – esplorano la percezione sonora attraverso dinamiche altre dal semplice ascolto. “L’intento è di introdurre il pubblico in un’esperienza sonora basata non tanto sulla percezione uditiva, quanto più su quella fisica, visuale e gestuale”.

Il lavoro con gli elementi naturali – aria, acqua, terra e fuoco – rappresenta una pratica tipica della poetica di Atoui; l’indagine dello spazio, del contesto, secondo l’artista passa proprio attraverso la relazione con essi. È il caso di Waters’ Witness (2020 – 2023) un progetto elaborato da Tarek Atoui con Eric La Casa e Chris Watson, investigando le sonorità di città (oggi metropoli) che un tempo avevano la specifica funzione di porti. Qui l’acqua, attraverso la sua interazione con altri materiali – quali metallo, ceramica, marmo – diventa strumento evocativo che riporta al mare e alle attività portuali.

Responsività dei dispositivi sonori

Emerge qui chiaramente, specialmente nei grandi blocchi marmorei di provenienza ateniese, la volontà partecipativa e multisensoriale dell’opera dell’artista. Le grandi pietre fungono da seduta per gli spettatori e i diffusori acustici inseriti al loro interno interagiscono direttamente con le proprietà del materiale, favorendo un approccio non solo auditivo ma anche vibratorio e, di conseguenza, fisico.

 

Tarek Atoui, Waters’ Witness, 2020-23 (particolare), Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2025, Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano, Foto Rasa Juskeviciute
Tarek Atoui, Waters’ Witness, 2020-23 (particolare), Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2025, Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano, Foto Rasa Juskeviciute

Espressione ed espansione di questa indagine è il progetto The Rain (2023 – 2024), nato da una ricerca fatta in Corea del Sud. Punto di incontro tra l’alta capacità artigianale e la responsività dei dispositivi sonori nell’interazione con gli elementi, la volontà dell’artista – nel pieno rispetto del titolo dell’esposizione – è proprio quella di attestare una dinamica improvvisativa in cui “[…] these four elements […] play a fundamental role, they are the performers, and they are I would say at the forefront of bringing this piece to life and making it come together”. [questi quattro elementi […] giocano un ruolo fondamentale, sono gli interpreti, e direi che sono in prima linea nel dare vita a questo pezzo e nel realizzarlo].

Punto di rottura

In ultima sintesi possiamo considerare il lavoro Tarek Atoui come punto di rottura rispetto alle canoniche pratiche che si concentrano sulla musica e sulla sonorità. Come ha spiegato durante l’introduzione alla performance messa in scena il 29 maggio, l’approccio agli strumenti non avviene secondo le rigide regole cui siamo soliti attenerci (ad esempio percuotere un tamburo) ma secondo modalità nuove, inattese, inesplorate e, dunque, libere.

Tarek Atoui risulta quindi essere non solo un sapiente artigiano del suono ma anche un attivatore di comunità, coinvolgendo sia musicisti professionisti che “profani” in una dimensione collettiva dove la musica diventa veicolo di empatia e scoperta. Come ha giustamente sottolineato sempre in apertura della performance “spesso le parole creano barriere e ci distanziano gli uni dagli altri, la musica invece ha il potere di travalicare confini e frontiere permettendoci di avvicinarci all’altro”.

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