
Addio a Luisa Laureati, storica gallerista e figura centrale nella vita culturale della capitale, morta a Roma all’età di 85 anni
È morta a Roma all’età di 85 anni Luisa Laureati, storica gallerista e figura centrale nella vita culturale della capitale. Fondatrice della Galleria dell’Oca, attiva dal 1967 al 2008, Laureati è stata una delle protagoniste più vivaci e anticonvenzionali del panorama artistico romano del secondo Novecento. Nata nel 1939 a Dire Daua, in Etiopia, aprì nel 1965 una piccola libreria in via dell’Oca, a due passi da piazza del Popolo. Quel luogo, inizialmente dedicato ai libri, si trasformò in breve tempo in un punto di riferimento per intellettuali come Elsa Morante, Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini e Ennio Flaiano. Ma fu nel 1967 che Laureati compì la svolta decisiva, trasformando la libreria in una vera e propria galleria d’arte, da cui prese il nome la storica Galleria dell’Oca.
In quegli anni, grazie anche alla vicinanza del marito, lo storico dell’arte Giuliano Briganti, la galleria divenne un centro nevralgico per il dialogo tra la pittura del primo Novecento e le esperienze più radicali della contemporaneità. Laureati ebbe il merito di accostare artisti come Giorgio Morandi, Gino Severini, Mario Sironi, Carlo Carrà e Alberto Savinio con i protagonisti della neoavanguardia e dell’arte povera, tra cui Mario Merz, Jannis Kounellis, Giulio Paolini e Carol Rama.
Impresa culturale
Una delle mostre simbolo della sua visione fu quella inaugurata il 15 marzo 1978, in pieno clima di tensione politica, che vide il confronto diretto tra Mario Merz e le avanguardie storiche italiane: un’esposizione che ha lasciato un segno profondo nella critica e nella memoria artistica della città, tanto da essere riproposta nel 2022 nell’ambito del ciclo “Mostre in mostra” al Palazzo delle Esposizioni.
L’esperienza della Galleria dell’Oca è stata molto più di un’impresa culturale: è stata la manifestazione di una visione appassionata e indipendente dell’arte, coltivata con rigore e curiosità. Luisa Laureati ha saputo costruire relazioni, sostenere artisti emergenti, valorizzare l’intelligenza storica e poetica del nostro Novecento, facendo dialogare mondi spesso separati. Dopo la chiusura della galleria nel 2008, ha continuato a vivere nel cuore del Ghetto ebraico, dove la sua casa è rimasta un luogo di incontro, conversazione e memoria.













