
A Palazzo Madama cinquanta opere propongono molteplici confronti tra le opere di Emilio Vedova e Tintoretto
I fondamenti della pittura di Vedova sono rintracciabili nelle creazioni di quell’altro grande veneziano che è Tintoretto. Fin da quando, non ancora ventenne, va a studiare i suoi affreschi nella Scuola di San Rocco. Riscoprendo le impostazioni tintorettiane della Bibbia. Ciò che gli deve è lo stesso Vedova a riconoscerlo, scrivendo nel 1991: Tintoretto è stato una mia identificazione…Quella / regia a ritmi / sincopati e / cruenti, magmatici di energie / di fondi interni di passioni / di emotività commossa.
Ulteriore conferma di questa sorta di filiazione empatica la si riscontra nella mostra di Torino: Vedova Tintoretto. In dialogo a Palazzo Madama, curata da Gabriella Belli e Giovanni Carlo Federico Villa. Un considerevole apparato iconografico, cinquanta i lavori selezionati, propone molteplici confronti tra le opere dei due maestri. Come ad esempio quello tra la Crocefissione del 1565 e le rivisitazioni operate da Vedova nel 1942 e nel 1947. Quest’ultima presente in mostra, di cui si dirà fra poco.

Con l’aiuto dei disegni e degli schizzi vedoviani degli anni trenta-quaranta tratti dai lavori di Tintoretto, una vera e propria dichiarazione di poetica che vede la vita come lotta, spaccatura, conflitto, mancanza di unità, ne deriva che ciò che lo affascina non è il manierismo. Ma la teatralità, la rapidità del gesto pittorico l’insieme convulso di segni, la potenza della pennellata, le linee tortuose, le masse di colore, i corpi ammassati, giocati sul contrasto tra: luce ombra, bene male, cielo e terra, divino e umano che, come vibrazioni telluriche, penetrano nell’opera di Tintoretto.
Intensità espressiva
Basta lasciarsi catturare dalla sua Crocefissione conservata nella Scuola Grande di San Rocco a Venezia. Dove si legge la traumaticità del sacrificio di Cristo, la sua più estrema umanizzazione. Il non poter scampare al proprio destino. Il suo dramma, in quel preciso momento, esclude qualsiasi forma di trascendenza. Ed è questo ammasso di dolore che Vedova sottolinea nella intensa Crocifissione del 1942. Dove una sorta di grumo nerastro ai limiti del figurativo annulla il distacco tra l’immagine di Cristo da quella del suo supplizio. Dal simbolo della croce.

Vedova riflette ancora sul tema nel 1947, riproponendo, pur nella lieve variante compositiva, la drammatica vitalità, la forza dirompente della sua prova del 1942. In un clamore di masse deformate, forme ondivaghe, contorsioni prospettiche. Il progetto espositivo inizia con l’Autoritratto di Tintoretto del 1588, proveniente dal Louvre. Il dipinto si sofferma sull’uomo ormai avanti negli anni. Consapevole della propria vita e della propria arte. Il volto, con gli occhi penetranti di chi ha vissuto, proiettati sull’ultima meta, emerge dal buio ed è immerso in un fascio di luce.
Pur nell’ovvia diversità dello stile, la stessa intensità espressiva la si legge nell’Autoritratto di Vedova del 1940. Dallo sguardo obliquo e le cromie taglienti, sfaccettate, vigorose. Vi si potrebbe leggere, come scrive Massimo Recalcati ne “Il mistero delle cose”, una sorta di vitalismo energetico che travasa la forza della pulsione direttamente sulla tela.

Vedova Tintoretto. In dialogo
Museo Civico d’Arte Antica – Palazzo Madama, Torino
Dal 18 settembre 2025 al 12 gennaio 2026
Curatori: Gabriella Belli, Giovanni Carlo Federico Villa














