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Chi sei, Napoli? Nell’ambito del progetto jr. Chronicles

Courtesy Perrotin
Courtesy Perrotin

Un’opera “site-specific” realizzata sulla facciata del Duomo e un’esposizione personale, in mostra fino al 5 ottobre 2025 alle Gallerie d’Italia, compongono l’intervento dell’artista francese JR a Napoli.

Fotografia, arte pubblica e impegno sociale. Su questi termini si basa la progettualità dell’artista francese JR (1983), artefice di un’opera “site-specific” realizzata sulla facciata del Duomo di Napoli, trasformata in un mosaico di volti locali che incarnano lo spirito comunitario, la resilienza, l’energia e l’anima polimorfa della città. Una creatività che passa dagli spazi aperti di via Duomo a quelli chiusi delle Gallerie d’Italia, museo di Intesa Sanpaolo, in via Toledo 177, con la mostra personaleChi sei, Napoli?”, fino al 5 ottobre 2026. Ottavo capitolo delle della serie ‘”Chronichles”, che dopo Clichy-Montfermeil del 2017, San Francisco e New York del 2018, Miami del 2022, Kyoto del 2024, delle altre tre città americane, Dallas, Saint Louis e Washington DC, con un murale sul tema delle armi in America e, infine, quindici città di Cuba, del 2019, si è aggiunta nel 2025 la metropoli partenopea.

E’ un ciclo di grandi murales partecipativi ispirati all’opera dell’artista messicano Diego Rivera (1886-1957). Ogni progetto è nato dalle fotografie e talvolta dai filmati che ritraggono centinaia di persone singolarmente o in gruppo. I loro ritratti vengono poi assemblati in un collage narrativo altamente realistico, in grado di restituire l’anima di un determinato luogo o il senso profondo di una questione sociale.

Chiunque è passato vicino al set, è stato invitato a farsi fotografare. JR ha lavorato con ogni persona o gruppo, lasciando loro la libertà di decidere come volevano essere rappresentati e come vedevano la propria immagine. Tutti sono stati immortalati con la stessa luce, in modo da attribuire pari importanza ad ogni individuo. Dopo il ritratto fotografico, ciascuno ha registrato un messaggio vocale, esprimendosi liberamente per uno o più minuti, fino ad un massimo di cinque. Il metodo narrativo di JR si è rivelato particolarmente potente a Napoli, dove il paesaggio urbano in costante evoluzione è diventato lo sfondo ideale per raccogliere una vasta gamma di storie personali, dal sindaco ai pizzaioli, dai vigili del fuoco agli agenti di polizia, dai sacerdoti ai commercianti, dalle nonne agli scrittori famosi, dai musicisti ai turisti, fino ai cittadini che sfrecciavano per le strette strade sulle loro Vespe. Ognuno ha condiviso la propria storia in italiano o in dialetto napoletano.

In questo progetto le diverse identità individuali e collettive si sono intrecciate. Ciò che emerge non è solo una rappresentazione artistica, ma è anche un aspetto sociale che mette in relazione passato e presente, caos e poesia, offrendo una riflessione sul concetto di uguglianza nel popolo partenopeo. Il legame personale di JR con Napoli è testimoniato anche nel suo studio di Soho, a New York, a pochi isolati di distanza da Mulberry Street, dove si tiene l’annuale festa di San Gennaro che celebra le radici degli immigrati italiani della città. Nel 2014, per il suo progetto “Unframed”, l’artista francese ha incollato sulle pareti dell’ex ospedale abbandonato di Ellis Island fotografie di archivio di immigrati, molti dei quali erano italiani. In seguito, ha diretto il cortrometraggio “Ellis”, interpretato da Robert De Niro (1943), dedicato al tema dell’immigrazione, un fenomeno storicamente legato all’Italia e a Napoli, che per milioni di persone ha rappresentato il punto di partenza verso la ricerca di un futuro migliore in America.

LAS CRONICAS DE CUBA. 2019

Questo “modus operandi” trova una ulteriore conferma nelle sale delle Galleria di Italia con due sezioni dedicate a Cuba e agli Stati Uniti d’America. Nel 2012 JR scoprì Cuba, invitato alla Biennale dell’Avana. Qui, lavorò insieme all’artista cubano-americano José Parlà (1973), portando il progetto “The Wrinkles of the city” sui muri della Capitale. In quella occasione incontrò decine di anziani cubani e incollò i loro ritratti per le strade della città. Per la Biennale del 2019, realizzò un collage fotografico sulla facciata esterna della Galleria Continua, realizzando il ritratto di Alain, un bambino che viveva all’Avana. Attratto da questa nazione, dove non esistono pubblicità per le strade, ma solo slogan e immagini di Ernesto “Che” Guevara (1928-1967) e Fidel Castro (1926-2016), nel 2019 decise di approfondire la realtà cubana con l’opera “Las Crònicas de Cuba”, con l’obiettivo di raccontare le diverse sfaccettature attraverso i suoi abitanti. Insieme al suo team, JR viaggiò in tutta l’isola per tre settimane, visitando Santiago de Cuba, Baracoa, L’Avana, Bayamo, Pinar del Rio, Cameguey, Trinidad, Cienfuegos, Santa Clara e Holguin. In ogni tappa decine di persone del posto sono state invitate a partecipare a sessioni fotografiche, visibili in mostra, e a raccontare le proprie storie personali, i legami familiari e il loro rapporto con la comunità.

Il suo metodo di lavoro si basava sulla interazione a stretto contatto con i partecipanti, che dovevano collaborare per dare vita a ritratti intimi e composizioni di gruppo dinamiche, capaci di restituire l’energia collettiva della vita cubana. Nell’isola caraibica le persone sono accoglienti e hanno molto da raccontare. Purtroppo, la spontaneità viene spesso condizionata dall’onnipresenza dello Stato, eredità di oltre sessanta anni di regime comunista, che ha limitato la piena libertà di espressione.

Il rigido embargo imposto al Paese ha stimolato l’ingegno e la creatività della popolazione cubana. La musica rappresenta un elemento centrale nella cultura locale, i colori e le texture si possono trovare ovunque. Per cogliere l’anima di questa comunità, JR ha visitato sia i paesaggi rurali, sia le città, includendo anche le scritte murali e i ritratti delle figure pubbliche cubane, mettendo in relazione il patrimonio storico e la realtà contemporanea.

THE GUN CHRONICLES A STORY OF AMERICA. 2018

Nel 2018 JR collaborò con il settimanale “Time” per realizzare “The Gun Chronicles A Story of America”, un progetto che esplora nel dettaglio il complesso rapporto degli Stati Uniti con le armi da fuoco. Durante il suo viaggio in tre diverse città americane, Saint Louis, in Missouri, Dallas, in Texas e Washington DC, l’artista intervistò, filmò e fotografò duecentoquarantacinque persone, tutte legate in modo diretto al dibattito sulle armi. Data la delicatezza del tema, la spontaneità che caratterizza altri murales del ciclo è stata in questo caso sostituita da una accurata preparazione. I giornalisti del “Time” hanno condotto una lunga ricerca preliminare per selezionare voci rappresentative, così da garantire una ampia pluralità di prospettive.

I partecipanti includevano appassionati di armi, cacciatori, agenti delle forze dell’ordine, medici che hanno curato vittime di sparatorie, lobbisti e attivisti a favore del controllo delle armi. Ciascuno ha condiviso la propria storia e il proprio punto di vista personale, contribuendo alla creazione di un ritratto sfaccettato della profonda polarizzazione che caratterizza il Paese su questo tema. I ritratti sono stati integrati in un monumentale murale multimediale, pubblicato per la prima volta sulla copertina del “Time”, il 5 novembre 2018. L’opera è stata poi esposta in decine di musei e sedi in tutti gli Stati Uniti, oltre che affissa in due luoghi di New York, con l’intento di promuovere il dialogo su questo tema delicato.

Un esempio di orientamento e della visione di New York, è possibile riscontrarla nelle dichiarazioni di Drewe Cupid, un poliziotto che ha scelto questa professione per rappresentare la comunità nera e anche la gente comune: “Voglio dire, tutti meritano la possibilità di essere felici, di provare amore, di essere trattati con giustizia e di conoscere la verità. Ogni persona, in questa città, New York, è speciale, che ne sia consapevole o no. Ci deve essere qualcuno che si faccia portavoce di ognuno di loro. Ovviamente non sono Superman e non posso arrivare ovunque, ma cerco di fare il massimo per dire ad ogni persona che incontro, che la vita vale la pena di essere vissuta. Ho giurato di proteggere tutti, e per me quel giuramento è sacro. Non importa chi sei, da dove vieni e dove ti trovi ora. Questa è la mia missione: giustizia, verità e amore. Sono qui per proteggere. Sono l’agente dell’amore. Mi chiamo Cupido”.

Altra testimonianza su New York e sulla sua predisposizione all’accoglienza, è visibile nelle parole di Boluwaji Adelabu, partito dalla Nigeria, in Africa, per approdare negli Stati Uniti d’America: “Quando sono salito su quell’aereo, ho provato un mix di emozioni contrastanti, un po’ di lacrime, un po’ di gioia. Mi sentivo come sè stessi lasciando la mia famiglia, ma oggi sono profondamente grato di essere arrivato a New York, dove ho trovato casa a Staten Island, Qui, ho incontrato persone straordinarie che, nel tempo, sono diventate la mia nuova famiglia. Sarò sempre riconoscente per questo. Vorrei incoraggiare chiunque decida di lasciare il proprio Paese, che c’è sempre speranza e c’è sempre amore, ovunque si vada. Non devi per forza fare affidamento sulle persone con cui sei cresciuto o che hai conosciuto in passato. Il mondo è una grande famiglia, e puoi entrare a farne parte in qualsiasi momento”.

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