
Durante le ricerche per preparare il Dossier Arte in Italia Oggi per la casa editrice Giunti, uscito il 1 settembre 2025, mi sono reso conto del fatto che oggi l’Italia si vergogna di esporre i propri artisti emergenti più interessanti nei propri musei pubblici, a differenza di Francia, Inghilterra, Germania, Olanda, Spagna e Portogallo. Sembra incredibile, ma è così: continuiamo a puntare su Caravaggio, Raffaello e Bernini, ma i nostri campioni giocano solo in campionati internazionali ma non nazionali. Così talenti come Maurizio Cattelan, Francesco Vezzoli, Monica Bonvicini o Rosa Barba vengono ignorati dalle nostre istituzioni museali pubbliche ed osannati all’estero. Vogliamo chiederci come mai?

Giovani artisti italiani in mostra
Negli anni Novanta la prima istituzione ad interessarsi dell’arte italiana emergente è la Quadriennale: la dodicesima edizione si tiene nel 1996, in due sedi diverse (il Palazzo delle Esposizioni e l’Ala Mazzoniana della Stazione Termini), ed è intitolata “Italia 1950-1990 Ultime generazioni”. Gli artisti invitati sono 178: una panoramica che include alcuni giovani che si sono già affacciati sulla scena internazionale (Maurizio Cattelan, Vanessa Beecroft, Eva Marisaldi, Grazia Toderi, Liliana Moro, Stefano Arienti, Mario Airò, Massimo Bartolini) inseriti in un contesto più ecumenico e molto diseguale. In realtà qualche sporadica presenza di emergenti italiani in mostre collettive internazionali c’era già stata: tre anni prima, alla XLV edizione della Biennale di Venezia, curata da Achille Bonito Oliva e intitolata “Punti cardinali dell’arte”, si era assistito ad una sorta di “istituzionalizzazione“ di alcuni emergenti come Moro, Toderi, Marisaldi e Cattelan. Un primo risultato dovuto anche ad alcune mostre collettive nei musei italiani, come “Una scena emergente. Artisti italiani contemporanei”, aperta nel 1991 al Centro Pecci di Prato, curata dall’allora direttore del museo Amnon Barzel insieme al critico Elio Grazioli, che riunisce le opere di 13 artisti. Diverse opere significative rappresentano un clima che evidenzia le caratteristiche di un contesto artistico caratterizzato, dichiara Barzel, “da una rivalutazione del processo che sta alla base della formazione dell’opera, identità leggera e ludica del lavoro, attenzione rivolta verso le contraddizioni della realtà quotidiana, affrontate con una sottile dose di ironia”.

Fatto in Italia e il Leone d’Oro alla Biennale
Dopo la Quadriennale del 1996, la situazione sembra cambiare in meglio: un’altra rilevante occasione di visibilità internazionale è la collettiva “Fatto in Italia”, curata da Paolo Colombo al Centre d’Art Contemporain di Ginevra nel 1997, alla quale partecipano dodici emergenti. Molti di loro sono nomi assestati grazie ad una presenza istituzionale a livello nazionale, che però non trovano conferma nella selezione operata da Catherine David per la Documenta X aperta nello stesso anno, dove troviamo solo quattro italiani, tra i quali sono un’emergente: Bruna Esposito. Alla 48° Biennale di Venezia del 1999, curata da Harald Szeemann, “dAPERtutto” le opere degli artisti italiani vengono distribuite nelle diverse mostre internazionali che occupano lo spazio del Padiglione Italia al centro dei Giardini, eliminato da Szeemann. Il Leone d’Oro viene vinto dalle artiste italiane “senza padiglione”: sono Monica Bonvicini, Bruna Esposito, Luisa Lambri, Paola Pivi e Grazia Toderi. Per la nostra arte la perdita del Padiglione centrale, dopo più di un secolo, è una grave diminutio, ma nessuno sembra farci caso.
Nel Duemila arriva il MAXXI
Nonostante la questione del padiglione a Venezia, qualcosa sta cambiando anche a livello governativo, perché nel 1997 il nostro paese sembra deciso a colmare il divario istituzionale con gli altri paesi europei come la Francia, la Spagna o la Gran Bretagna: la realizzazione di un museo interamente dedicato all’arte contemporanea internazionale. Inizialmente si chiama Centro per le Arti Contemporanee, ma presto viene ribattezzato Maxxi (Museo Nazionale delle arti del Ventunesimo Secolo): lo costruisce l’architetto Zaha Hadid e vede la luce nel 2010 a Roma, nell’area dell’ex Caserma Montello, a poche centinaia di metri dall’Auditorium, progettato da Renzo Piano e inaugurato nel 2001. Il primo curatore del MAXXI è Paolo Colombo, che firma Migrazioni. Premio per la giovane arte italiana: una mostra che riunisce le opere di 14 artisti delle ultime generazioni, tutte acquisite dal museo. La presenza e la promozione dell’arte italiana emergente non risulta però una priorità per il MAXXI, che nel 2007 dedica alla nuova scena tricolore la collettiva Apocalittici e integrati, curata da Paolo Colombo. Frutto di 5 anni di ricerche, riunisce 80 opere di 24 artisti emersi negli anni Novanta sia in Italia che all’estero; al di là di questo felice episodio, il museo concentra le sue energie rivolte ai giovani talenti esclusivamente nell’istituzione del premio MAXXI, che presenta le opere di 4 artisti emergenti, tra i quali una giuria internazionale seleziona il vincitore. Tra i selezionati figurano Rossella Biscotti (vincitrice 2010), Rosa Barba, Giorgio Andreotta Calò (vincitore 2012) Patrizio di Massimo, Yuri Ancarani, Micol Assael, Marinella Senatore (vincitrice 2014) e Adelita Husni-Bey.

E gli altri musei?
Quali sono i musei che hanno aperto le porte agli emergenti negli anni Duemila? A parte il MAXXI, l’istituzione più attenta risulta il Castello di Rivoli, con mostre personali e collettive ai quali hanno partecipato molti dei talenti riconosciuti sia in Italia che all’estero, come Vezzoli, Beecroft, Cattelan, Toderi, Cuoghi, Senatore, Biscotti, Pivi ed altri. Un significativo contributo più recente arriva dal Mambo di Bologna, grazie alla mostra That’s IT! Sull’ultima generazione di artisti in Italia e a un metro e ottanta dal confine, curata da Lorenzo Balbi nel 2018, che documenta il lavoro di 56 artisti nati tra il 1980 e il 1996. Uno dei più attenti alle ricerche dei giovani italiani è il Museion di Bolzano, che ha invitato ad esporre molti italiani tra i quali Liliana Moro, Diego Marcon, Yuri Ancarani e Marinella Senatore. Il PAC (Padiglione d’arte contemporanea) di Milano ha presentato negli ultimi anni personali di Marcello Maloberti, Liliana Moro, Yuri Ancarani, Luisa Lambri, Cesare Viel, Eva Marisaldi, Vanessa Beecroft e Grazia Toderi, mentre il Museo del Novecento a Firenze ha proposto mostre personali di artisti italiani delle ultime generazioni, con particolare attenzione agli emergenti. Al Macro, sotto la direzione di Luca Lo Pinto, sono state presentate personali di Diego Perrone ed Elisabetta Benassi, ma una menzione particolare va al progetto “Retrofuturo. Appunti per una collezione”: si tratta di una mostra collettiva dedicata ad un’ipotesi di collezione per un museo del XXI secolo. Anche il Madre di Napoli è stato un trampolino per molti esordienti, dei quali alcuni attivi nel Meridione, come Veronica Bisesti, Giulia Piscitelli e Bruna Esposito. Alcuni musei e centri d’arte periferici rispetto alle grandi città italiane hanno dato un importante contributo alla carriera di alcuni artisti: è il caso della GAMeC di Bergamo, dove hanno esposto Francesco Gennari, Giuseppe Gabellone e Pietro Roccasalva. Dal 2000 il Centro Pecci di Prato ha proposto mostre personali, di Margherita Manzelli, Diego Marcon e Massimo Bartolini, tra gli altri. Al Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro hanno esposto Pietro Ruffo, Giovanni Ozzola, Andrea Nacciarriti, Stefano Arienti, Francesco Gennari e Gianni Caravaggio. Nel corso degli ultimi due decenni si sono distinti per un’attenzione specifica al lavoro degli artisti più giovani – dovuta anche all’attività curatoriale “militante“ dei loro direttori – la Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Monfalcone, il Museo d’Arte Contemporanea di Lissone e il MACTE di Termoli.













