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Bipart of…this gallery: Contemporary Cluster

Membrane, vista della mostra
Giacomo Guidi
Sulla falsa riga del Questionario di Proust, una serie di domande predisposte da BIPART Studio Legale volte a conoscere meglio le più prestigiose gallerie d’arte italiane: oggi è il turno della galleria d’arte Contemporary Cluster, con sede a Roma.

CONTEMPORARY CLUSTER ART GALLERY

Come ha scelto il nome della sua galleria (e cosa vuole esprimere con tale denominazione)?
Il nome Contemporary Cluster nasce dalla mia idea di considerare la galleria come un luogo in cui fenomeni apparentemente diversi possano trovare armonia, equilibrio e coesistenza. Il concetto di “cluster” è presente in molte discipline — dalla musica alla biologia, fino alla fisica atomica — e rappresenta l’aggregazione di elementi differenti che, entrando in relazione, generano un nuovo equilibrio energetico. Contemporary Cluster è quindi un modo per ridurre le distanze tra linguaggi e discipline, mostrando le affinità tra essi in una chiave autenticamente contemporanea.

Qual è il motto della sua galleria?
Più che un motto, il mio obiettivo è progettare e produrre contemporaneità.

Si sceglie prima l’artista o il tema? Qual è il filo rosso che lega le vostre scelte?
Le mostre nascono sempre da un dialogo con l’artista, che deve avere piena libertà espressiva. Il mio compito è rispettare e valorizzare la sua visione, collaborando affinché questa si sviluppi in una mostra coerente con il nostro spazio. Il filo conduttore delle mie scelte è una ricerca basata sul contatto esistenziale, che deve emergere chiaramente nell’opera, e sul legame con la storia dell’arte. Credo che il vero contemporaneo sia in continuità con la tradizione, perciò invito artisti con un solido background storico e una visione profonda e ben strutturata.

Qual è la qualità che apprezza di più in un artista?
La coerenza, prima di tutto, e la capacità di rendere visibile ciò che prima non esisteva. È questa la qualità più preziosa.

Qual è la qualità che apprezza di più in un’opera?
Desidero sempre trovarmi davanti a un’opera che non ho mai visto prima, ma che attraverso una contemplazione lenta mi riporti a una narrazione: una storia che nasce dalla sua relazione con la tradizione artistica passata.

Membrane, vista della mostra

Ha una istituzione/galleria di riferimento (E se si quale)?
Non ho un modello specifico. Mi ispiro soprattutto a grandi galleristi del passato che hanno avuto una visione pionieristica e il coraggio di spingere oltre la zona di comfort, offrendo al pubblico esperienze realmente trasformative. Penso a figure come Plinio De Martiis o Liverani, grandi protagonisti della scena romana. Apprezzo anche il sistema delle grandi gallerie americane, dove la figura del gallerista è anche quella di un imprenditore. Un altro riferimento importante per me è il modello espositivo basato sul confronto tra arte antica e contemporanea, come nelle mostre ideate da Axel Vervoordt a Palazzo Fortuny, a Venezia. In quei progetti, opere contemporanee dialogavano con oggetti antichi provenienti da ogni parte del mondo, creando un’estetica sospesa nel tempo. Questo approccio mi ha profondamente influenzato e cerco di replicarlo nelle esposizioni che curiamo nei musei archeologici e storici.

In quale ambito la sua galleria può migliorare?
Il miglioramento deve essere un’attitudine costante, presente in ogni ambito. Non esiste un settore specifico in cui si può migliorare una volta per tutte. Il vero progresso nasce dal lavoro quotidiano, dagli errori, dagli esperimenti, dal coraggio di uscire dalla zona di comfort e di prendersi dei rischi. È questo l’unico modo che conosco per crescere.

Qual è l’aspetto che le piace maggiormente della sua professione e che le dà maggior soddisfazione?
Ciò che amo di più è il dialogo progettuale con l’artista. Quando cominciamo a confrontarci, inizio già a immaginare il risultato finale. Spronare un artista a realizzare qualcosa di nuovo, che non aveva mai fatto prima, e vedere questa idea concretizzarsi è per me la più grande soddisfazione. Aiutare un artista ad ampliare la propria forza creativa e costruire insieme qualcosa di unico è ciò che mi dà energia ogni giorno.

Ha, o vorrebbe avere, una galleria anche all’estero (e se sì, perché)?
Assolutamente sì. Però non aprirei mai una galleria all’estero solo per motivi economici. Deve essere un luogo che amo e in cui mi senta a casa. Amo il clima, la cultura e le persone dei paesi ispanici e del Sudamerica, e il mare per me è fondamentale. Quindi non mi vedrei aprire una sede a New York o Londra, ma in un luogo baciato dall’oceano sì. Detto questo, amo profondamente Roma, ci vivo e lavoro da vent’anni, e mi considero un operatore culturale di questa città. Ma per me questo lavoro è una scelta di vita, e ogni scelta di vita deve corrispondere anche al desiderio di vivere pienamente.

Come pensa che si evolverà il mondo dell’arte e la sua fruizione (anche in relazione alle nuove tecnologie, alla blockchain e al metaverso)?
Sono piuttosto scettico riguardo a questi nuovi strumenti. È vero che il sistema-galleria deve aggiornarsi e adattarsi ai tempi, ma credo che fenomeni come blockchain, metaverso e intelligenza artificiale siano soprattutto strumenti finanziari, non legati all’essenza dell’arte. Personalmente, non mi interessano. Per me l’elemento centrale è sempre la qualità del lavoro che si realizza fisicamente in galleria. Le fiere sono importanti — e noi ne facciamo molte, soprattutto all’estero — ma credo che l’eccessivo inserimento di questi dispositivi possa alterare e persino corrompere il mercato. Bisogna mantenere una certa distanza, riconoscere che sono fenomeni speculativi e ricordare che ciò che rimane davvero è l’opera d’arte. Quando tutto si muove troppo velocemente, credo sia necessario rallentare, tornare a un ordine, a una forte coerenza espressiva e a una proposta artistica integra. Non bisogna inseguire il mercato, ma creare il proprio mercato.

Arte e diritto: tutela o vincolo (anche alla luce dell’applicazione del diritto di seguito e del diritto di produzione dell’opera riservati agli artisti)?
Tutto ciò che può migliorare il sistema dell’arte dal punto di vista normativo e giuridico deve essere promosso, rafforzato e sostenuto. Per troppo tempo il settore è stato privo di regole chiare. È fondamentale che il diritto tuteli non solo artisti e galleristi, ma anche tutte le figure che lavorano dietro le quinte: trasportatori, corniciai, allestitori, falegnami, autisti. Sono professionisti essenziali, che meritano una regolamentazione adeguata, sia dal punto di vista fiscale che legale, per valorizzare la loro professionalità e garantirne la tutela.

Le risposte di Francesca Antonini sono state raccolte da Gilberto Cavagna e Allegra Ambrosi di BIPART Studio Legale.

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