
Sepe ha realizzato un ritratto di Papa Francesco, adottando come materiale emblematico il legno recuperato dai relitti del naufragio di Cutro
In questi giorni è emersa con forza una nuova opera artistica che intreccia memoria, fede, impegno civile. Lo scultore napoletano Domenico Sepe ha realizzato una scultura in bronzo dedicata a Papa Francesco, adottando come materiale emblematico il legno recuperato dai relitti del naufragio di Steccato di Cutro. L’iniziativa, che unisce arte sacra e testimonianza sociale, non è semplicemente un tributo a un pontefice, ma un appello visivo contro l’oblio delle tragedie che si consumano nel Mediterraneo. L’opera, intitolata Franciscvs – Miserando atque eligendo, si erge per circa due metri e impiega la tecnica della cera persa per la fusione in bronzo.
Secondo una nota diffusa, essa “incarna la visione di una Chiesa in cammino, umile e compassionevole, fedele al motto episcopale del Pontefice: ‘Miserando atque eligendo’ (guardando con misericordia e scegliendo)”. L’elemento più toccante dell’opera è il pastorale – simbolo episcopale – realizzato proprio con il legno grezzo proveniente dai relitti del naufragio di Cutro. Sormontato da una croce legata con corde, il pastorale diventa simbolo composito: di naufragio e resurrezione, di denuncia e di speranza. Quel legno, impregnato di memoria e sofferenza, è scelto dall’artista come “centro vitale” dell’opera, per rappresentare una compassione concreta verso “gli ultimi, i migranti, i dimenticati”.
Il mantello papale, scolpito col drappeggio mosso, si trasfigura nel saio francescano, evocando un legame simbolico fra l’“uomo dei poveri” – San Francesco d’Assisi – e Papa Bergoglio, al quale si riconosce una continuità spirituale nel nome, nel messaggio e nello stile pastorale. L’argilla del modello originario è stata trasferita al luogo del naufragio, nel sito di Steccato di Cutro, e donata al parroco locale, don Pasquale Squillacioti. Con ciò l’opera non rimane “ospite” altrove, ma si radica nel territorio ferito, diventando custodia permanente della memoria civile e spirituale.
Ricordo e impegno civile
Questa scultura non è un atto fine a sé stesso. Ma si inserisce in un contesto più ampio di iniziative, ricordi e impegno civile legati alla tragedia. Il 26 febbraio 2023, al largo di Steccato di Cutro, il naufragio di un barcone con migranti provocò la morte accertata di 94 persone, fra cui 35 minori. In passato, alla memoria di quell’evento sono già state dedicate altre azioni artistiche e simboliche: croci realizzate con i resti del barcone sono state collocate o usate in processioni locali. Anche una piccola croce in legno fu donata a Papa Francesco, che la volle posizionare accanto alla croce di Lampedusa come segno di solidarietà e preghiera.

Ma l’opera di Sepe compie un passo ulteriore: rende visibile un volto umano, diretto, che guarda avanti, non solo rimembra. Il Papa raffigurato cammina, lo sguardo al cielo, il gesto del pastorale che richiama responsabilità ecclesiale e sociale. Non è solo un monumento, è una voce che reclama: non si può restare indifferenti. Domenico Sepe è uno scultore di Napoli, nato nel 1977, con un percorso artistico legato al sacro e al pubblico. Diplomatosi all’Accademia di Belle Arti di Napoli, ha collaborato con fonderie storiche e realizzato opere in bronzo, argento e materiali vari, spesso in location nazionali e internazionali.
Nel suo percorso figurano opere sacre come “Cristo Rivelato”, che ha attirato l’attenzione anche di alto livello istituzionale, e monumenti civili e commemorativi. Non è estraneo alle tensioni tra la dimensione artistica e le responsabilità pubbliche: in passato, ad esempio, la sua statua dedicata a Maradona fu oggetto di contrasti con il Comune di Napoli, che revocò la donazione con motivazioni amministrative. Con Franciscvs – Miserando atque eligendo, Sepe esprime una maturità poetica e sociale. Non basta scolpire la bellezza, occorre dare corpo al ricordo, restituire dignità alla sofferenza.
Quale destino per la scultura?
L’opera ha già ricevuto attenzione mediatica e suscita riflessioni: quale destino per essa? Dove sarà collocata? Come sarà fruibile al pubblico? Il gesto di donarla al parroco locale lascia la strada aperta a un legame intenso con la comunità di Cutro. Che potrà farne segno locale di memoria, ma anche meta per visitatori, pellegrini e studiosi. Va detto però che trasformare un’opera monumentale in strumento effettivo di coscienza civica non è automatico. Perché non resti simbolo che si consuma nel tempo, serve che vi sia manutenzione, attenzione, eventi attorno a essa. Serve che sia inserita in circuiti educativi, liturgici, scolastici.
Inoltre, il rischio del simbolismo sterile è sempre presente. Quando la forma diventa ornamentale e perde la tensione etica, quando l’“opera d’arte sacra” si rifugia in un recinto ecclesiastico, lontano dal dibattito pubblico e dall’impegno. Ma l’uso stesso del legno dei relitti è una scelta radicale, che tiene il simbolo impregnato della realtà tragica, e impedisce di astrarre. Sepe compie un atto di memoria attiva: dare volto al dolore non è solo ricordare, ma chiedere risposte, sollecitare giustizia, interrogare il presente. In un’Europa che continua a guardare il Mediterraneo come confine da difendere, non come mare di vite sospese, un’opera così si pone come monito e come speranza.
In un tempo in cui le tragedie che avvengono nel mare sono spesso ridotte a cifre o titoli, questa scultura cerca di restituire un volto, un gesto, un senso. Non è pietismo, ma una forma di preghiera concreta. Non è retorica, ma testimonianza. Se Franciscvs – Miserando atque eligendo rimarrà nel cuore delle comunità e non solo nei giornali, allora avrà adempiuto al suo compito. Parlare attraverso la materia – bronzo, legno, bronzo che conserva il legno – e richiamarci alla compassione che chiede di uscire da noi stessi. In una società che continua a costruire muri, che separa migranti da cittadini, l’arte può essere un’arma di memoria e riconciliazione. Questa opera è un invito pressante a non dimenticare che sotto ogni tragedia c’è un volto umano, e dietro ogni gesto di compassione c’è la possibilità di cambiare il mondo.














