
Fino all’8 febbraio 2026 il MUDEC presenta tutte le opere di Escher provenienti dal museo olandese Kunstmuseum Den Haag
“Io non uso droghe, i miei sogni sono già abbastanza terrificanti”. È una frase di Escher che calza perfettamente con le visioni che lui propone nelle sue opere fantastiche. E che vogliono coniugare l’astrazione con la figurazione. Fino all’8 febbraio 2026 è visibile, presso il MUDEC (museo delle culture) di Milano, una mostra dedicata alla sua opera, dal titolo M.C. Escher tra Arte e Scienza. Questa mostra, supportata dalla fondazione Escher, é preziosa perché raccoglie tutte le opere di Escher provenienti dal museo olandese Kunstmuseum Den Haag.
È curata dagli studiosi Claudio Bartocci (matematico) e Paolo Branca (orientalista islamista), e dal maestro d’arte, incisore, Claudio Salsi. La mostra si articola in varie sezioni, dalle prime opere, alle sperimentazioni orientaleggianti, con le tessellazioni e i pattern, passando attraverso le rappresentazioni dei paesaggi italiani. Le didascalie accanto alle opere offrono spunti di riflessione significativi. E la presenza in mostra delle ceramiche originali islamiche, dei tappeti e altri oggetti, testimoniano la vicinanza dell’opera di Escher alla cultura orientale islamica.

I cicli e le metamorfosi
Il viaggio in Spagna che Escher compì nel 1922 lasciò un segno profondo nell’artista e diede i suoi frutti migliori successivamente, dopo svariate sperimentazioni sulla divisione regolare del piano, sulle traslazioni e le simmetrie rotazionali. L’elemento dell’arte arabo-islamica che influenzò maggiormente l’opera di Escher é certamente l’elemento decorativo. Viaggiando, notava come i popoli arredavano le loro abitazioni.
Per esempio, i motivi geometrici e floreali, tipici dei tappeti (alcuni esposti in mostra) delle popolazioni nomadi, sia che fossero appesi alle pareti, oppure disposti sul pavimento delle tende, evocavano le oasi che apparivano qua e là nei deserti e nelle steppe, alludendo simbolicamente al Paradiso. Escher restò affascinato da queste forme di tessellazione del piano. E la visita all’Alhambra fu una fonte infinita di ispirazione.

I paesaggi italiani
Sempre nel 1922, Escher fece un lungo viaggio in Italia e poi si sistemò a Roma, dove probabilmente visse i suoi anni più felici. Nel 1922 visitò anche la Biennale di Venezia, scoprendo anche i paesaggi grafici di Benvenuto Disertori, che influenzò molto Escher nella rappresentazione dei suoi paesaggi italiani. L’artista, infatti, nelle sue rappresentazioni, trasfigura i paesaggi con uno sguardo geometrico e strutturale, creando composizioni dove la luce e l’ordine spaziale giocano un ruolo fondamentale. Le vedute italiane diventano così luoghi mentali, costruiti con precisione e rigore.
Il disco iperbolico e il limite dell’infinita piccolezza
Come afferma il professor Claudio Bartocci (tra i curatori della mostra) “la matematica studia le trasformazioni e le relazioni”. E l’artista coglie esattamente questo aspetto significativo della scienza matematica. Dice Bartocci: “quel che più interessa Escher e costituisce, per cosi dire, il punto focale della sua parabola artistica, non é tanto la simmetria in sé e per sé, quanto il vasto e multiforme campo di potenzialità che essa offre all’artista per dare forma all’idea di infinito”. Lo studio della cristallografia, attraverso la trasposizione sul piano dei reticoli che compongono i cristalli, offre all’artista una possibilità di sviluppo di varianti pressoché infinita.

Ad esempio, nei suoi dischi iperbolici (ispirati alla matematica del filosofo Poincaré), che hanno sempre lo stesso titolo e cioè Il limite del cerchio, applicando un’ingegnosa costruzione geometrica da lui stesso escogitata, riesce a realizzare un pattern con motivi che diventano sempre più piccoli, fino a raggiungere il limite dell’infinita piccolezza.
Ecco, nella mostra milanese si colgono tutte queste importanti relazioni tra l’opera dell’artista, la matematica e la cultura islamica. Dulcis in fundo, in un angolo, dentro una bacheca, è esposto un prezioso taccuino di appunti che Escher usava per trasferire i suoi calcoli e i suoi disegni.














