
Alla Sharjah Art Foundation apre l’autunno con la prima mostra istituzionale dell’artista emergente Afra Al Dhaheri (Abu Dhabi, 1988) visitabile alla Galleria 6 di Al Mureijah Square a Sharjah
Il titolo della mostra “Restless Circle” rimanda ai significati profondi che caratterizzano l’opera dell’artista come il tempo, il suo svolgersi continuo e ripetitivo nel succedersi delle stagioni, degli anni e dei giorni che scandiscono la vita universale e umana.
La temporalità è connessa con i gesti legati alla quotidianità intima, personale e sociale, in una corrispondenza che lega corpo e luoghi familiari oppure spazi di condivisione pubblica come il lavoro. L’allusione alla casa, il luogo della crescita e della vita personale è fatta per sezioni che ne rimandano visioni e passaggi fisici: una porta o una finestra, mediazioni tra interno ed esterno oppure una scala (Spiral Staircase, 2020), che rigorosamente rimanda all’architettura autoctona e tradizionale emiratina, connette i piani della casa e i luoghi privati da quelli invece degli incontri e dell’accoglienza. La casa è anche il luogo dove il tempo scorre nella ciclicità delle stagioni umane, nel succedersi delle generazioni, luogo di scrittura della storia familiare, della sua memoria.
Il corpo si da nello spazio che vive, ma anche nei gesti che compie in rapporto alla costruzione, ai materiali e alle tecniche più antiche: la tessitura, l’intreccio, il ricamo rimandano a gesti atavici, femminili, che si costruiscono nel silenzio e nella ripetitività costante e infinita.

Spesso l’intreccio in maniera più contenuta come in una scultura o in modo più spettacolare come in una grande installazione diventa il protagonista della struttura: l’intreccio si da nell’ordine della sua costruzione, nella ripetizione ossessiva del procedere fino a quando un movimento opposto e contrario non lo distrugge e i fili invece di costruire trame e orditi o lunghe trecce sono liberi e ribelli e con il caos di un’estremità si oppongono alla costrizione del lavoro. Nel lavoro To Detangle, 2020 questa compresenza è evidente e ribadita anche dal titolo.
L’intrecciare, l’intreccio ha diversi significati in primo luogo rimanda al costruire la trama di un racconto, quindi sembra essere la visualizzazione di una narrazione del suo procedere e fluire, del suo svolgersi nel tempo e poi l’intreccio ha in sé la parola treccia di capelli e quindi vi è ancora una volta il rapporto e il legame con il corpo, che costituisce il rimando al lavoro da parte dell’artista. Il corpo viene suggerito nel suo esistere nei gesti, nel loro muoversi e ripetersi, e nella sua costituzione come deposito fisico e spirituale di memorie e di storie. E in maniera diretta Hair Bubbles, 2023, rimanda al cappello imprigionato in bolle che si susseguono come una specie di rosario pagano, che non rimanda ad altri che a se stessi in quanto corpo, materia, crescita fino alla morte.

E questo continuo tornare su se stesso del tempo, come in una spirale che non è identica punto per punto, ma cresce ripetendosi nel tempo, solo un po’ più in là nello spazio è il titolo dell’opera Round and round we go, 2023, perfetto viatico e metafora dell’intera mostra.
L’artista, che pratica vari media espressivi come pittura, scultura, installazione, fotografia e incisione, insegna come Assitent Professor nel dipartimento di Visual Arts dell’Università di Zayed ad Abu Dhabi.













