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Basta Cina, largo a Giappone, Qatar e Abu Dhabi

Pace Tokyo
Pace Tokyo
Un mese dopo la chiusura della terza edizione di Tokyo Gendai, che ha registrato vendite solide sebbene non spettacolari, il direttore di Pace Japan ha espresso ottimismo per il mercato locale: “Voglio che Tokyo diventi il centro dell’arte in Asia”.

L’arrivo di Pace a Tokyo l’anno scorso è visto come un segnale della crescente importanza della città nel mondo dell’arte. La galleria ha inaugurato uno spazio nel lussuoso complesso Azabudai Hills da 4 miliardi di dollari, un evento che ha attirato collezionisti e giornalisti internazionali.

L’espansione nel Giappone avviene in un contesto di dati cautamente positivi: nonostante il mercato globale dell’arte si sia contratto del 12%, il Giappone ha registrato una crescita del 2%. Tuttavia, la quota del Giappone nel mercato globale rimane solo dell’1%, contro il 15% della Cina ma, dopo decenni di chiusura, la scena artistica giapponese sta diventando più internazionale. All’ultima Tokyo Gendai, per esempio, le opere di artisti come Robert Longo hanno venduto rapidamente a collezionisti giapponesi, segnando un cambiamento di tendenza, nonostante i nipponici “Sono meno focalizzati sul valore d’investimento e più sul godimento dell’arte stessa“, ha osservato Hattori.

Rimangono però alcune sfide strutturali, in particolare quelle fiscali. Sebbene le gallerie internazionali possano ora evitare un’imposta anticipata del 10% richiedendo lo status di porto franco, le tasse devono comunque essere pagate una volta che l’opera è venduta. Insomma, l’ulteriore conferma che il mondo dell’arte globale sta guardando anche ad altri mercati, come Qatar e Abu Dhabi, visto che proprio gallerie come la stessa Pace e ora anche Perrotin, hanno recentemente chiuso le loro sedi di Hong Kong, sollevando dubbi sulla capacità delle gallerie di mantenere più sedi in Asia contemporaneamente.

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