
Della serie, finalmente qualcuno ci ha pensato: l’Accademia di Belle Arti di Macerata conferirà il dottorato honoris causa a Studio Azzurro, in una cerimonia che segna non solo un riconoscimento accademico, ma il tributo a una rivoluzione artistica che ha cambiato per sempre il modo di concepire l’arte in Italia
Un momento a dir poco significativo per il collettivo Studio Azzurro, vista la recente scomparsa di Fabio Cirifino (lo scorso 4 ottobre 2025), ma che il prossimo 30 ottobre riceverà un grande riconoscimento da parte dell’Accademia di Belle Arti di Macerata: il conferimento di un Dottorato Honoris Causa, un omaggio alla memoria e all’eredità di un percorso che continua attraverso Leonardo Sangiorgi, unico fondatore storico ancora in attività (Paolo Rosa, indimenticato componente del gruppo, scomparve nel 2013). Il collettivo viene premiato dall’Accademia su proposta della prof. Lucia Cataldo, Coordinatrice del Dipartimento di Comunicazione e Didattica dell’arte, “Per l’attività artistica a livello nazionale e internazionale nell’ideazione e realizzazione di nuove forme artistiche e museali, i “musei di narrazione”, esprimendosi con una notevole varietà di linguaggi“. Dopo i saluti delle autorità, seguiranno l’intervento inaugurale del Presidente dell’Accademia Gianni Dessì, la laudatio e, infine, la lectio magistralis di Sangiorgi.

La storia di Studio Azzurro
Fondato a Milano nel 1982 da Fabio Cirifino, Paolo Rosa e Leonardo Sangiorgi, Studio Azzurro ha ridefinito il concetto stesso di opera d’arte attraverso quarant’anni di ricerca tra tecnologia e narrazione. Il collettivo – che ha visto la significativa collaborazione di Stefano Roveda tra il 1995 e il 2011 – ha trasformato lo spettatore da osservatore a protagonista di esperienze immersive. La loro evoluzione creativa ha attraversato diverse fasi: dai primi videoambienti alle installazioni interattive degli anni ’90, dove il pubblico diventa co-autore attraverso gesti semplici come camminare, toccare o parlare. Questo approccio culmina negli “ambienti sensibili”, spazi che reagono alla presenza umana senza bisogno di dispositivi tecnologici invasivi, ma attraverso interfacce naturali.
La sperimentazione del collettivo si è estesa al teatro con la “doppia scena” – dove scenografia e tecnologia fondono i loro linguaggi – e alla creazione di musei esperienziali che danno voce alla memoria collettiva. Dal Museo Audiovisivo della Resistenza di Fosdinovo al Museo Laboratorio della Mente di Roma, fino ai recenti interventi come Prima delle parole (2025), Studio Azzurro ha dimostrato come la tecnologia possa diventare strumento di relazione piuttosto che fine estetico. In un percorso che unisce arte, cinema e impegno civile, il collettivo ha creato un linguaggio originale dove l’opera non si limita a essere contemplata, ma vive attraverso la partecipazione attiva del pubblico, trasformando ogni incontro in un’esperienza unica e irripetibile. Dietro ogni loro installazione c’è sempre stata una domanda semplice e profonda: cosa succede quando l’arte smette di essere oggetto e diventa relazione? La risposta l’hanno data per quarant’anni, con opere che continuano a parlare, a interrogare, a commuovere.













