La Collezione Peggy Guggenheim presenta nell’ambito della mostra “Postwar. Protagonisti Italiani” dal 23 febbraio al 15 aprile 2013 a cura di Luca Massimo Barbero uno speciale approfondimento dedicato all’artista Rodolfo Aricò.
Con questa mostra, l’opera di Aricò fa ritorno a Venezia rinnovando il suo appuntamento ricorrente con una città che in più occasioni lo ha accompagnato nelle fasi cruciali del suo percorso, dall’importante antologica di Palazzo Grassi (1974) alle ripetute partecipazioni alla Biennale Internazionale d’Arte di Venezia (1964, 1968, 1980 e 1986).
Rodolfo Aricò (Milano, 1930-2002) è uno tra i più originali protagonisti dell’arte italiana della seconda metà del XX secolo: il suo percorso si snoda dalla fine degli anni Cinquanta agli inizi degli anni Duemila, con una singolare coerenza inventiva, che ha permesso, decennio dopo decennio, il rinnovarsi del suo linguaggio espressivo, in ideale sintonia rispetto alle ricerche internazionali.
L’approfondimento a lui dedicato nelle sale della Collezione Peggy Guggenheim si concentra sulle opere dal 1966 al 1970 – in una fase cruciale della maturazione del suo linguaggio espressivo – che vedono la definizione della sua particolarissima pittura oggettuale: shaped canvases (tele sagomate) che l’artista sviluppa in un dialogo attivo con le indagini internazionali di riduzione espressiva di questi anni, dall’Astrazione Post-pittorica di Morris Louis e Kenneth Noland, alle volumetrie strutturali e primarie del Minimalismo di Donald Judd e Sol LeWitt.
L’origine delle forme di Aricò è una sorta di grande rimeditazione contemporanea della cultura visiva europea: un percorso a ritroso, che parte dalle avanguardie storiche d’inizio ’900 – il Cubismo orfico e dinamico di Robert Delaunay, che gli ispira le prime configurazioni arrotondate, e il Suprematismo deformante di Kazimir Malevich, che complica le strutture in una impostazione diagonale e sfuggente – per approdare alla relazione attiva con la pittura prospettica rinascimentale di Paolo Uccello.
Il lavoro di Aricò si caratterizza per una sintassi razionale ed espressiva, che coniuga rigore strutturale e sensibilità cromatica. Sviluppando la sua personale visione creativa a partire dalla fine degli anni ’50, il suo lavoro è esempio di quella che Francesca Pola definisce “alta classicità del contemporaneo”, nella quale la consapevolezza e la continuità delle radici storiche si coniugano all’esigenza ineludibile di rinnovamento in relazione al presente.
In occasione della mostra verrà pubblicata una monografia bilingue, in italiano e in inglese, che presenta il percorso storico-artistico di Rodolfo Aricò dal 1964 al 1970 corredato dai saggi introduttivi del curatore e di Francesca Pola.
Le sale dedicate a Rodolfo Aricò sono state realizzate in collaborazione con l’Archivio Rodolfo Aricò.