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Genova. Kubrick ante film

Stanley Kubrick, a tale of a shoe-shine boy, 1947

 

 1 maggio – 25 agosto 2013, Genova, Palazzo Ducale

“Look”. Cioè: “Guarda”. E’ il nome della rivista newyorkese che ha solo “Life” come diretta competitor nell’America del Dopoguerra. E’ su quelle pagine che nel 1945 viene pubblicata la prima fotografia di Stanley Kubrick (1928-1999).

Un Kubrick diciassettenne, che forse aveva il cinema come sogno nel cassetto, ma che mai avrebbe potuto pensare che il suo sguardo, il suo modo di guardare la realtà, appunto, gli avrebbe valso il riconoscimento indiscusso di grandissimo regista del secolo sorso. Uno dei più grandi, innegabilmente, che hanno fatto la storia del cinema, ma che comincia il suo volo non con una cinepresa, ma con al collo una macchina fotografica. Di questo esordio nell’affascinante mondo dell’immagine racconta la mostra aperta dal 1 maggio al 25 agosto.

Stanley Kubrick, a tale of a shoe-shine boy, 1947

E’ curata da Michel Draguet e prodotta da GAmm di Giunti con la Fondazione Palazzo Ducale che la ospita, in collaborazione con il Museum of the City of New York che possiede il ricco archivio di oltre 20.000 negativi del fotografo. Sono poco noti e per certi versi adombrati da quelli del grande schermo, che hanno reso celebre Kubrick, con “Shining”, “Il dottor Stranamore”, “Arancia meccanica” e “Rapina a mano armata”, per ricordare solo alcuni degli unforgettables, i suoi frames fotografici si pongono visivamente e concettualmente su una linea di assoluta coerenza con quelli cinematografici. Ci si può divertire a rintracciare qua e là, più volte, scatti con inquadrature che si ritrovano, magari a distanza di vent’anni, sulla pellicola di un suo film.

Stanley Kubrick, Dailies of a rising star: Betsy von Fürstenberg, 1950

E’ un caso o è lui stesso a studiare questo continuo rimando a un archivio d’immagini che gli appartengono? Certamente non vi è nulla di casuale, a meno che non si voglia far confluire nella casualità tutto ciò che appartiene alla creazione artistica. E’ la sua arte, il suo modo di vedere la realtà, in altre parole, che Kubrick propone a più riprese, in diverse forme espressive, esattamente come fa un grande pittore. Che è ben riconoscibile non banalmente per il suo stile, ma per la sua coerenza.

Stanley Kubrick, Montgomery Clift

A ripercorrere con le 160 immagini della mostra la breve carriera fotografica di Kubrick, dal 1945 al 1950, prima dell’esordio cinematografico con “Day of the Fight” del 1951, si può notare, da un lato, la linea di continuità tra l’una e l’alta espressione, dall’altro, la veloce maturazione da una fotografia intesa ancora come reportage a immagine d’arte.

Stanley Kubrick, Montgomery Clift

Quanto al passaggio di testimone tra fotografia e cinema è curioso ricordare che gli ultimi scatti riguardano proprio quello che sarà l’argomento del suo primo cortometraggio: la giornata di un pugile nel giorno dello scontro. Ma questo è solo un dettaglio. Perché, come si diceva, l’affinità è sostanziale e riguarda appunto la natura dell’immagine. Il diciassettenne fotografo, che per certo aveva studiato i grandi maestri della fotografia americana, inizia con il cogliere attimi di vita, come istantanee. Ma già qui ogni tranche de vie è sotteso da un preciso interesse per la narrazione e per la teatralità dello spazio scenico di ciò che viene fotografato. E poi, velocemente, Kubrick mostra disinteresse per l’attimo, in se e per sé, a vantaggio di un lavoro preciso, mentale e concettuale, sull’immagine stessa. Non su ciò che restituisce, ma sulla natura stessa dell’immagine. Per come è costruita e pensata a priori, ancora prima del click che fa aprire e chiudere il diaframma in quell’istante di tempo.

Stanley Kubrick, a tale of a shoe-shine boy, 1947

 

La mostra non è alla sua prima assoluta, perché questa di Genova è la seconda puntata dopo quella dei Musée Royaux des Beaux-Arts di Bruxelles l’anno scorso, ma il materiale si adatta qui con intelligenza e gusto a un diverso spazio. Quello di sapore antico nei fondi di Palazzo Ducale, tra imponenti pilastri in pietra e basse volte di struttura medievale. Il gioco del bianco e nero dei materiali – il bianco dell’intonaco, il nero della pietra e dell’ardesia – rimbalzano sulla carta che al passaggio in camera oscura restituisce immagini prive di colore, in bianco e nero, appunto. O meglio, nell’infinita variazione di grigi che la qualità delle stampe più o meno grandi della mostra fa apprezzare. Perché un conto è vedere gli scatti di Kubrick sulle pagine di “Look”, dove già allora i grafici le tagliavano a uso e consumo della pagina ancor prima dell’era di Photoshop. E un conto è vedere la stampa con la riproduzione originaria del negativo, ossia dello scatto voluto dal fotografo, con le sole manipolazioni di alcuni trucchi in camera oscura. Insomma, sarà una banalità, ma guardare oggi, sotto i bombardamenti di manipolazioni digitali senza scrupoli, la qualità di un bianco e nero da una pellicola degli anni Quaranta è quasi romantico. E qualche nostalgico potrà emozionarsi anche per questo.

Stanley Kubrick, Columbia University, 1948

 

Stanley Kubrick, L’ambiguità della bellezza, 1949

 

Stanley Kubrick, Ritratti e sperimentazioni, 1946

 

 

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Informazioni utili:

Stanley Kubrick fotografo

1 maggio – 25 agosto 2013
Palazzo Ducale, Sottoporticato

orario: martedì-domenica 10-19

ingresso:
– biglietto, compresa l’audioguida: intero € 10, ridotto € 8, gruppi € 7, scuole € 4
informazioni e prenotazioni:
biglietteria Palazzo Ducale Tel. 0105574065

catalogo: GAmm Giunti

www.mostrakubrick.it

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