Genova, 13/14/15 maggio 2013
ARGENTI – 13 MAGGIO 2013
Gabriele d’Annunzio inventa, plasma, manipola la realtà per crearne una propria e immaginifica dove ogni persona, evento e cosa abbia la sua specifica funzione come tassello di un mosaico di sconfinato piacere estetico. Il suo gusto ama il lusso, il fulgore delle gioie, e quindi è naturale un rapporto privilegiato con orafi e gioiellieri, ma la sua ‘idea’ di scrittura monile di trascendente purezza, di pregio fastoso, dalla minerale e tagliente bellezza deve trovare un suo facitore manuale e questi è Mario Buccellati.
Incantevole testimonianza di questo rapporto un portasigarette d’argento realizzato da Mario Buccellati negli anni Venti, ovvero, dopo il 1922 anno d’inizio della loro amichevole collaborazione, e commemorativo dell’impresa di Fiume del 1919 (il Vate guidò un gruppo di circa 2.600 militari ribelli del Regio Esercito – i Granatieri di Sardegna – da
Ronchi, presso Monfalcone, a Fiume, città dalla quale d’Annunzio proclamò l’annessione al Regno d’Italia il 12 settembre 1919). L’incontro tra Gabriele d’Annunzio e Mario Buccellati – avvenuto nell’agosto di quell’anno – ha l’immediatezza e l’intensità di un colpo di fulmine. Il Poeta acquista subitaneamente diversi oggetti, e da allora prende avvio un continuo e reciproco gioco di tentazioni e seduzioni che si sostanzia in oggetti unici per ideazione e realizzazione.
A Buccellati d’Annunzio richiede gioielli per le innumerevoli donne che con travolgente passione ama e corteggia, siano esse celebri come Ida Rubinstein e Eleonora Duse, che sconosciute, suggerendo dediche da incidere e spesso scegliendo i colori delle pietre da utilizzare. Mario Buccellati, assecondando le richieste, crea gioielli d’oro e d’argento tempestati di gemme, collane, spille, bracciali dalla lavorazione raffinata, che suscitano immancabilmente l’entusiasmo e l’ammirazione dell’esigente committente, come lo splendido portasigarette in argento con l’incisione: “Mastro Paragon Coppella Orafo del Vittoriale” e la firma sottolineata per esteso “Gabriele d’Annunzio”(cm 5 x 7.2, gr. 63, stima 1.500 – 2.500 euro).
GIOIELLI – 13 MAGGIO ORE 21.00
L’asta di Gioielli propone un must della storia della grande oreficeria del XX secolo, la riproposizione del 1970 circa del famoso anello Trombino: “Il nome gli deriva dalla forma, che ricorda appunto quello di una piccola tromba (…) Creato nei primi anni trenta, fu uno dei modelli Bulgari di maggior successo e durata. Il cerchio dell’anello è costituito da una larga fascia in pavé di diamanti che si innalza nella parte superiore culminando in una grande gemma i cui lati sono decorati con diamanti di taglio baguette disposti orizzontalmente”
L’anello Trombino in diamanti fu donato da Giorgio Bulgari a Leonilde Gulienetti, sua futura moglie, come anello di fidanzamento nel 1932. (Amanda Triossi, Bulgari. Tra eternità e storia, Skira Editore, Milano 2009, pagg. 48,63).
È il modello perfetto per consolidare una fama internazionale composta da industriali, dive di Hollywood, famiglie aristocratiche, politici e capi di stato: i grandi magnati americani come Samuel H. Kress, e regime del jet set come Barbara Hutton, e in Italia due raffinati personaggi dell’aristocrazia veneziana come i conti Giuseppe Volpi di Misurata, presidente della Biennale di Venezia e promotore nel 1932 della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, e di Vittorio Cini di Monselice. L’esemplare è decorato con un diamante di taglio brillante di carati 6.16, affiancato da diamanti di taglio baguette e brillanti, punzone del platino, firmato Bulgari, con certificato I.G.L n. RC03065 del 1/10/2010, colore H, purezza VS1, misura 13, peso di grammi 10 (stima 60.000 – 90.000 euro).
Di grande fascino un bracciale in oro bianco e diamanti, anch’esso del 1970 circa, a fascia flessibile, decorato con diamanti di taglio brillante e baguette a scalare; i diamanti hanno un peso complessivo di carati 13 circa e peso di grammi 63 (stima 8.500 – 10.500). Si segnala, infine una spilla in oro di Sabbadini: il gioiello realizzato come un fiore, decorato con zaffiri gialli di taglio goccia e smeraldi cabochon, petali in diamanti di taglio brillante e gambo con rubini di taglio baguette (stima 6.000 – 8.000 euro).
PORCELLANE – 14 MAGGIO 2013
Delicate nei colori, impalpabili nella sostanza, ma vive testimonianze della storia del gusto nei confortevoli spazi della casa, specchio pubblico e privato di uno stile etico e sociale.
L’asta di porcellane e maioliche europee presenta una bella teiera della manifattura veneziana di Vezzi (stima 7.000 – 8.000 euro), decorata a grottesche e databile ai primi degli anni Venti del Settecento: la forma semplice e globulare costituisce lo sfondo ideale per il disinvolto gioco di stile del pittore, forse ispirato da un ornamentista di ambiente tedesco. La complessa decorazione riprende il gusto per il grottesco non raro nella manifattura: qui alle raffaellesche che alternano ghirlande fiorite alle volute ed alle linee spezzate si appoggiano mascheroni frontali e di profilo dominati da copricapi che altro non sono che cesti di fiori, il tutto accompagnato da particolari come la lanterna fumante che pende sotto il versatoio.
Il catalogo presenta ancora tra le maioliche una bella serie di placche di Castelli d’Abruzzo come la placca in maiolica policroma, decorata con episodio mitico in un grande paesaggio architettonico, in antica cornice, della prima metà del XVIII secolo (stima 2.000 – 2.500 euro).
Si evidenzia, inoltre, una raccolta milanese delle più interessanti produzioni ceramiche tra la metà del XVIII secolo e l’inizio del successivo, quella pesarese. Eredi di una tradizione gloriosa ed insieme snodo verso gli interessanti risultati delle fornaci marchigiane nell’Ottocento, queste maioliche si impongono per l’abilità consumata nell’uso degli smalti e per la grande qualità della materia, evidente nell’aspetto elegante della vernice. Oggi il panorama della produzione pesarese e marchigiana appare forse ancor meglio definito grazie al ruolo recentemente attribuito alle fornaci di Monte
Milone, dove Pesaro resta il centro dell’interesse del collezionista e dominante, soprattutto, appare il suo motivo decorativo più celebre, quella riconoscibilissima rosa che si può a ben diritto considerare una vera e propria marca di fabbrica delle fornaci Casali e Callegari. Si segnalano di questa manifattura una coppia di piatti di servizio in maiolica policroma, ovali e con bordo mosso, decoro ‘alla rosa’, del XIX secolo (stima 600 – 900 euro); e un candeliere in maiolica policroma, con corpo a balaustro e decoro di fiori e farfalle della manifattura di Monte Milone della fine del XVIII secolo (stima 400 – 600 euro).
Per l’asta del 14/15 maggio vedi la notizia:
<DALLA DIMORA ROMANA DI GOFFREDO ED ENRICA MANFREDI>