“Non solo la Natura deve divenire visione,
ma è anche necessario che l’uomo divenga Natura”
(Merleau-Ponty)
C’è una gioia nei boschi inesplorati,
C’è un’estasi sulla spiaggia solitaria,
C’è vita dove nessuno arriva vicino al mare profondo,
e c’è musica nel suo boato. Io non amo l’uomo di meno, ma la Natura di più.
George Byron
Tre secoli e due decenni di paesaggio in 90 oli e 10 disegni per 5 sezioni. Dopo aver collezionato oltre 210mila presenze in poco più di 100 giorni alla Gran Guardia di Verona, la “Storia del Paesaggio” targata Goldin espande le sue vedute alla Basilica Palladiana di Vicenza dove in 9 giorni ha già registrato 15mila visitatori con altri 70mila paganti prenotati virtualmente “in coda”, e la quasi certezza di bissare se non superare il successo veronese. Il traguardo da toccare comunque sono le 367mila presenze totali dello scorso anno con la doppia carrellata informe di ritratti “Raffaello verso Picasso”-Vicenza, “da Botticelli a Matisse”-Verona. Quest’anno più forma e più logica espositiva in mostra e niente figura umana, spazio libero e assoluto al paesaggio, “magia cangiante per la visione e per la mente” (Geffroy), unico grande protagonista dell’evento, e alle sue molteplici parvenze e sviluppi figurativi. Evoluzioni storico-artistiche che incedono “verso Monet“, come recita il titolo della rassegna; verso sconfinati orizzonti e vibrazioni cromatiche impercettibili; verso le brume del Nord e le “luci trasparenti ed azzurrine” del Sud; verso l’emancipazione totale dalla presenza umana. Una natura sempre più “libera” che “albero dopo albero” s’impone come entità esistente e s’innalza a soggetto assoluto della composizione, non più fondale scenografico o tavola da palcoscenico popolata da uomini ma immagine autonoma; non più ancella ma padrona della scena, con le sue luci, i suoi colori, le sue atmosfere.
“L’arte è la mano destra della natura” (Friedrich Schiller)
Un “Verso Monet” che parte con Annibale Carracci e Domenichino tra fine ‘500-inizio ‘600 per addentrarsi nella “natura moderna” attraverso l’ambivalenza vero/falso dell’idealizzata Arcadia di Lorrain e Poussin e la stagione d’oro olandese. Prosegue tra Vedute e Capricci lagunari del tris veneziano Guardi, Bellotto e Canaletto, per abbandonarsi, qualche decennio più tardi e una sezione più avanti, agli struggenti spiriti romantici di Friedrich e Turner tra chiari di luna riflessi sul mare ed eruzioni di colore magmatiche. Una doppia parentesi ottocentesca tra Scandinavia e America dell’Hudson River School quando la natura si fa “fatto antropologico totale” (Reichler) mentre al di qua dell’Atlantico in Francia realismi, naturalismi e impressionismi si susseguono nel secolo. Dalla Scuola di Barbizon si passa alle tele di Pissarro, Sisley, Caillebotte, per giungere a Renoir, Degas, alle visioni prismatiche di Cézanne e ai campi di grano, ulivi e covoni di Van Gogh. Poi sarà il turno della sezione-Monet che copre più di 50 anni di en plein air del maestro parigino, dalle prime foreste di Fontainbleau (1865) ai rossi infuocati dei tramonti in laguna, specchiandosi nelle acque di Giverny, fino ad annegare nel laghetto di riflessi del Salice piangente del 1918 o a districarsi tra le sue intricatissime fronde, preludio di quell’ “impressionismo astratto” degli ultimi anni troppo spesso dimenticato.
“L’aria che si respira in un quadro non è necessariamente la stessa che si ritrova all’aperto” (Degas)
“L’arte è natura concentrata” (Honoré de Balzac)
“Il compito dell’artista non consiste nella fedele rappresentazione del cielo, dell’acqua, delle rocce e degli alberi; la sua anima e la sua sensibilità devono al contrario rispecchiarsi nella natura. Riconoscere, penetrare, accogliere e riprodurre lo spirito della natura con tutto il cuore e con tutta l’anima è il compito di un’opera d’arte.”
(Friedrich – Osservazioni)
“Chi sa quali dolcezze e quali virtù vi siano sulla terra, nelle acque, nelle piante, nei cieli, e sa come avvicinarsi a questi incanti, è uomo ricco e regale” (R.W. Emerson)
“Il grande artista si riconosce da questo, egli ci svela la natura, ci indica uno spettacolo, un aspetto che ancora non conosciamo, egli ci rivela la via nell’identico modo in cui si è rivelata a lui e appare così nell’arte per la prima volta.” (Monet)
“Il colore che come la musica è vibrazione, in grado di cogliere ciò che di più universale e indefinito esiste in natura: la sua intima essenza.” (Gauguin)
“Noi siamo circondati da cose che non abbiamo fatto e che hanno una vita e una struttura diverse dalla nostra: alberi, erbe, fiumi, colline, nubi. Per secoli esse ci hanno ispirato curiosità e timore e sono state fonte di piacere. Le abbiamo ricreate nella nostra immaginazione per riflettervi i nostri sentimenti. Siamo giunti a considerarle come elementi costitutivi di un’idea che abbiamo chiamato natura. La pittura di paesaggio segna le tappe della nostra concezione della natura.”
Kenneth Clark, Il paesaggio nell’arte
La mostra di Vicenza
Il “Verso Monet” vicentino porta con sé nome e contenuto della precedente veronese aggiungendo 2 Monet in più per toccare quota 24, con 2 sale dedicate ad hoc per intingersi a capofitto nelle “impressioni” del maestro parigino. “Una mostra nella mostra” come spiega Goldin, perchè “con l’aggiunta di questi ultimi si completa e approfondisce la visione di Monet” con il periodo della giovinezza in Normandia e con un’altra “Ninfea” dei primi del Novecento. Per il resto non cambia nulla a parte ovviamente il contenitore, il grandioso scrigno palladiano alla sua seconda “prova” post-restauro, i disegni, che per “ragioni di conservazione” vengono sostituiti con altri “di ugual valore”, e una veduta dell’Arno di Bellotto da Budapest che va a rimpolpare i grandi vedutisti settecenteschi alla seconda sala, quella di Van Wittel, Guardi e Canaletto.
Le 5 Sezioni
Il Seicento. Il vero e il falso della natura
Alcune esperienze pittoriche nell’ultima parte del Quattrocento, e poi ovviamente nel Cinquecento, cominciano ad autorizzare ampiamente l’idea che la natura possa diventare elemento autonomo della descrizione. Il Seicento però, soprattutto in talune sue modernissime espressioni, è il secolo nel quale la natura emerge non più come fondale unicamente scenografico, ma si impone come centro della visione. Per questo motivo, la mostra pone il suo punto d’avvio da qui, costruendo un rapporto tra il vero e il falso della natura. Rapporto che continuerà a essere valido sino alla conclusione dell’Ottocento, nella relazione tempestosa che si instaurerà tra gli impressionisti e i pittori del Salon ufficiale. Ma nel XVII secolo questo rapporto tra vero e falso della natura vede da un lato le esperienze, monumentali e sotto il segno dell’Arcadia, di Poussin, Lorrain, straordinari artisti francesi che a lungo operano in Italia, e Salvator Rosa. Anticipati dalla presenza di due pittori, Annibale Carracci e Domenichino, entro il cui clima si sono formati. Una sezione con dieci disegni dal Lorrain a Rembrandt a Van Ruisdael, metterà in evidenza questa tecnica fondamentale. Dall’altro lato la sezione indaga quella stagione olandese sublime che aprirà alla modernità. Da Hobbema a Van Ruisdael, da Van Goyen a Seghers, sono pittori che anticipano la lunga stagione del realismo ottocentesco e poi del primo impressionismo. Ponendo la natura, con due secoli di anticipo, al centro della scena e dell’indagine dell’occhio fisico.
Il Settecento. L’età della veduta
Una ventina di dipinti, alcuni anche di grande dimensione, illustrano in mostra una delle svolte maggiori che la pittura dedicata al vero della natura ricordi. Per cui si è scelto di concentrare il capitolo riservato al Settecento su quel momento storico che è ovunque conosciuto come l’età della veduta. E gli artisti veneziani, prima di loro Gaspar van Wittel, sono al centro di questo percorso, e soprattutto, con la loro grazia e il loro grado di anticipazione del futuro, Canaletto, Bellotto e Guardi. Molte di queste opere provengono da musei americani e quindi si tratta di prestiti normalmente poco accessibili per il pubblico italiano, che si troverà a scoprire meraviglie per la prima volta. Il Bacino tra piazza San Marco e l’isola di San Giorgio molto spesso domina la scena, e specialmente in Canaletto. Con la sua nitidezza di visione, dovuta anche all’uso della camera ottica, apre a un mondo che l’occhio fino a quel momento pareva aver tenuto nascosto. Canaletto spacca la linea della pittura e sulla sua scia si porranno, pur con accenti diversi, Bellotto e Guardi. Quest’ultimo anticipando quasi alcune soluzioni che verranno poi riprese nel secolo successivo.
Romanticismi e realismi
Una sezione molto importante, perché si colloca in un punto di svolta ormai definitivo dell’intero percorso dedicato alla descrizione della natura. Raccogliendo gli esiti delle esperienze dei due secoli precedenti e proiettandosi verso la rottura definitiva ed epocale dell’impressionismo. Ampio anche nel numero delle opere, una trentina, il capitolo occupa i decenni che vanno dall’apertura del secolo fino agli anni sessanta dell’Ottocento. Lasciando che in sequenza si mostrino prima le sublimi prove romantiche di Friedrich, Turner e Constable tra Germania e Inghilterra, e poi i diversi realismi sia in America che in Europa. Uno strepitoso, e quasi impossibile, prestito dalla Kunsthalle di Amburgo mette Caspar David Friedrich nella posizione di colui che apre l’età romantica in pittura, dentro una luce che è mentale e della natura insieme, mentre tende al senso dell’infinito. Turner e Constable poi modulano il sentimento romantico tra dispersione nel cosmo e invece concentrazione nel quotidiano mille volte percorso e indagato. E il senso del quotidiano, che Constable offre a Corot, segna il punto di passaggio, attraversando il canale della Manica, tra Inghilterra e Francia, nel punto di avvio della cosiddetta scuola di Barbizon. Che assieme a Corot vede in mostra anche gli altri due principali esponenti, Millet e Courbet. Ma in questa parte dedicata ai realismi, si inserisce uno dei motivi di novità dell’intera esposizione: il rapporto che è stato costruito tra le contemporanee esperienze dei pittori meravigliosi della Hudson River School in America – da Church a Bierstadt, da Kensett a Heade – e quelle di vari pittori europei non francesi. Dalla Scandinavia di Von Wright fino all’est Europa di Lotz e Grigorescu, solo per fare alcuni nomi. Nel rapporto tra lo spazio sconfinato americano e quello europeo talvolta più domestico.
L’impressionismo e il paesaggio
Fino a che giungono i pittori impressionisti. A radicalizzare del tutto, e definitivamente, il cambio di passo nella visione, che i realisti avevano tratto dalle esperienze degli olandesi del Seicento e dei veneziani del Settecento. In Francia, a partire dalla metà degli anni sessanta del XIX secolo, accade uno di quei miracoli come poche altre volte si è visto nella storia della pittura. E il paesaggio, la sua descrizione, è il terreno, e il teatro, di questa inarrivabile novità. Attraverso venticinque opere sceltissime, sulla scena stanno artisti del calibro di Renoir e Pissarro, Degas e Sisley, Van Gogh e Gauguin, Cézanne e Caillebotte. Insieme, a evidenziare come tutto sia cambiato in Francia, attorno a Parigi, in quegli anni. Dapprima, negli anni sessanta, per il contatto con i pittori della generazione precedente, soprattutto Corot e Courbet, e il loro lavoro nella foresta di Fontainebleau. Poi il pieno decennio impressionista, quegli anni settanta che vedono le prime, sofferte affermazioni dei pittori del gruppo, quando si aprono le esposizioni nuove dal 1874 nello studio di Nadar. E poi gli anni ottanta, il decennio più indagato nella mostra, poiché è quello della crisi proprio del paesaggio impressionista, dovuto a una sorta di rigetto, per alcuni, verso la pittura en-plein-air. Da questo segno, che dischiude l’avvicinarsi del Novecento, e l’introspezione anche legata all’immagine della natura, nasceranno cose diverse. Ugualmente in Monet, protagonista assoluto dell’ultima sezione.
Monet e la natura nuova
Una vera e propria mostra nella mostra, con i caratteri dell’eccezionalità. Il progetto espositivo individua nella figura di Monet il punto di arrivo di questa grande storia dedicata alla natura dipinta. Monet che porta a compimento le lunghe stagioni della “bella pittura” e poi trasforma quella stessa pittura in esigenza della visione spirituale e interiore. A cosa tende, infatti, quel suo lungo tempo conclusivo a Giverny? A cosa, se non alla trasformazione della natura vista nella natura interiore? In questo modo, anticipando mirabilmente alcune delle ricerche più alte e innovative dell’astrazione novecentesca. Facendo ricorso addirittura a venti opere di Monet, in arrivo da musei sia americani che europei, la sezione traccia l’intera sua parabola artistica, a partire dai quadri che nascono sulla scia di Boudin sulla costa di Normandia, per giungere al decennio canonico dell’impressionismo, quello legato alla sua permanenza ad Argenteuil fino al 1878. Ma sono gli anni ottanta a essere particolarmente rappresentati, per segnare quello scatto verso la modernità nel descrivere il paesaggio. E poi, assieme al tempo finale di Giverny appunto, con le ninfee in primo piano, tutti quegli spostamenti che hanno fatto di Monet un viaggiatore incantato della pittura. Per cui, opere realizzate nelle sue lunghe peregrinazioni in Normandia, a Vétheuil lungo la Senna, sulla costa del Mediterraneo attorno ad Antibes, lungo la valle della Creuse, oppure davanti alla cattedrale di Rouen. O ancora a Londra e Venezia nei primi anni del Novecento. Un alfabeto che fa della natura un miracolo dipinto.
Foto e testo: Luca Zuccala
INFORMAZIONI UTILI
VERSO MONET. Storia del paesaggio dal Seicento al Novecento
Vicenza, Basilica Palladiana
Dal 22 febbraio al 4 maggio 2014
A cura di Marco Goldin
ORARIO MOSTRA
da lunedì a giovedì: ore 9-19
da venerdì a domenica: ore 9-20
Vendita biglietti in mostra sospesa 1 ora prima della chiusura.
PRENOTAZIONI
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BIGLIETTI
PRIVATI
Biglietti con prenotazione
Intero € 13,00
Ridotto € 10,00: studenti maggiorenni e universitari fino a 26 anni con tessera di riconoscimento, oltre i 65 anni
Ridotto € 7,00: minorenni (6-17 anni)
Biglietti con prenotazione comprensivo di visita guidata (in italiano)
Intero € 20,00
Ridotto € 17,00: studenti maggiorenni e universitari fino a 26 anni con tessera di riconoscimento, oltre i 65 anni
Ridotto € 14,00: minorenni (6-17 anni)
Biglietti senza prenotazione (acquistabili solo in mostra)
Intero € 12,00
Ridotto € 9,00: studenti maggiorenni e universitari fino a 26 anni con tessera di riconoscimento, oltre i 65 anni
Ridotto € 6,00: minorenni (6-17 anni)
Biglietto speciale aperto
€ 15,00: visita la mostra quando vuoi, senza necessità di bloccare data e fascia oraria precise. Acquistabile via internet, tramite call center o presso la biglietteria della mostra. Questo stesso biglietto potrà essere regalato a chi si desidera.
GRUPPI
Prenotazione obbligatoria (minimo 15 massimo 25 con capogruppo gratuito)
Intero € 10,00
Ridotto € 7,00: minorenni (6-17 anni)
SCUOLE
Prenotazione obbligatoria (minimo 15 massimo 25 con due accompagnatori a titolo gratuito)
Ridotto € 6,00
NB: per visite effettuate il sabato e la domenica viene applicata la tariffa dei gruppi.
Ingresso gratuito
bambini fino a cinque anni compiuti (non in gruppo scolastico), giornalisti con tesserino, accompagnatore di portatore di handicap.
complimentissimi, quanta bellezza, che immensità