Inaugurerà martedì 8 aprile presso il Museo Nazionale del Bargello di Firenze la mostra dedicata a Baccio Bandinelli, scultore e maestro (1493-1560).
Baccio Bandinelli, “artista di fama eterna”: è questo il giudizio conclusivo della Vita dedicatagli da Vasari, che la mostra intende quasi provocatoriamente confermare per restituire infine al Bandinelli la sua posizione di merito nel panorama della scultura italiana della Maniera e per ristabilire la verità su un artista condannato all’ostracismo dalla critica negli ultimi due secoli, fino ad oggi.
La biografia del Bandinelli – dopo quelle di Michelangelo, del Vasari stesso e di Raffaello – è la più estesa fra le Vite vasariane: è uno scritto tormentato, considerando l’odio tra i due artisti, ma in cui Vasari è infine costretto ad ammettere la grandezza di Baccio, “terribile di lingua e d’ingegno”.
Alla fine del Cinquecento, l’ammirazione per l’artista è esplicita nelle Bellezze della città di Firenze del Bocchi (1591) e cresce poi per tutta l’età barocca, raggiungendo il suo apice durante il Neoclassicismo, fra il XVIII e il XIX secolo.
Comincia appunto nell’Ottocento il declino della sua fortuna, a partire dal Burckhardt, per arrivare fino a noi, attraverso i giudizi negativi e talvolta addirittura sprezzanti del Berenson, del Pope-Hennessy e di molti altri studiosi. In epoca barocca e per tutto il Neoclassicismo, invece, Bandinelli era considerato con Michelangelo il massimo scultore della sua epoca ed è innegabile che nella scultura fiorentina del Cinquecento, assieme a Jacopo Sansovino e al Cellini, egli sia la figura di maggior rilievo. I suoi committenti principali furono dapprima i due papi di casa Medici – Leone X e Clemente VII – e poi il duca Cosimo I: nessun dubbio è possibile sul livello che allora si richiedeva ad un artista per ambire a simili incarichi, che videro Bandinelli primeggiare su tutti i concorrenti (spesso di gran nome) e assicurarsi, a Firenze e non solo, le imprese artistiche più impegnative e più rappresentative della prima metà del secolo, mantenendo un indiscusso credito e prestigio.
La mostra presenterà tutte le sue opere di scultura e di pittura il cui trasferimento sia possibile, i disegni e le stampe di sua invenzione, bronzetti, medaglie e un raro modello in cera proveniente da Montpellier. Accanto ai capolavori come il Bacco di Palazzo Pitti, le opere presenti al Bargello, o i rilievi marmorei del coro del Duomo, saranno esposti i busti-ritratto di Cosimo I e il magnifico Mercurio giovanile del Louvre; in pittura, la Leda e il cigno (da Parigi), unico dipinto del Bandinelli sicuramente autografo e mai presentato in una mostra, e il celebre Ritratto di Baccio Bandinelli dell’Isabella Stewart Gardner Museum di Boston.
Saranno esposti inoltre i rilievi (in marmo, stucco e bronzo, provenienti da vari musei esteri) che gli sono riferiti con certezza, o che direttamente derivano da suoi originali, a confronto con studi grafici preparatori. Considerando la ricchezza del materiale, la mostra si estenderà anche in una parte della Sala di Michelangelo, oltre alle due sale solitamente adibite alle mostre temporanee del Bargello. I grandi monumenti pubblici, profani e sacri, necessariamente assenti dalla mostra, saranno ampiamente illustrati e commentati in un’apposita sezione del catalogo, al pari delle opere esposte, e saranno documentati in mostra attraverso un video, realizzato per l’occasione. Si prevede un’ampia campagna fotografica ex-novo di molte delle opere del Bandinelli.
I saggi introduttivi del catalogo – affidati a specialisti e studiosi, italiani e stranieri -illustreranno tutti i principali aspetti della sua personalità artistica ed approfondiranno anche il suo ruolo essenziale di fondatore di un’accademia, capace di promuovere lo status sociale dell’artista, con notevole anticipo rispetto al Vasari e a Federico Zuccari. Per la prima volta, una mostra monografica verrà dedicata a questo “universale artefice” – per riprendere un’altra citazione del Vasari – che fu il “Maestro” di un’intera generazione di artisti e che, insieme a Michelangelo, Raffaello, Vasari e Cellini, ci ha lasciato tra i più estesi carteggi di artefici del Cinquecento.