La stagione lirica di VoceAllOpera sorprende Milano con idee originali e spettacoli low cost in un paese dove la stragrande maggioranza dei giovani non va a teatro, figuriamoci a vedere l’opera, la giovanissima Associazione culturale VoceAllOpera irrompe nel panorama milanese con una stagione lirica travolgente, capace di catturare l’attenzione anche dei non abituè.
Da febbraio fino a maggio al Teatro Rosetum di Milano si sono succeduti gli spettacoli dell’associazione, guidata dal presidente 30enne Gianmaria Aliverta nonché regista delle opere, insieme a un gruppo di appassionati e altrettanto giovani collaboratori. Tante idee, pochissimi soldi. Così VoceAllOpera ha saputo dare un’importante lezione a enti ben finanziati e a circuiti ben più famosi, che sempre più spesso non sono in grado di far quadrare i conti nei bilanci annuali, né di retribuire prontamente collaboratori e cantanti. Ma gli intenti dell’associazione non sono certo polemici, quanto propositivi e innovativi.
Il Barbiere di Siviglia andato in scena lo scorso febbraio ha saputo offrire una lettura nuova e attuale dell’opera rossiniana. Trovate irriverenti, ma azzeccate e contaminazioni pop hanno prodotto uno spettacolo esilarante e assolutamente godibile. Il barbiere Figaro era un parrucchiere cinese (il baritono coreano Matteo Jin), come è facile trovarne nelle nostre città multietniche, scaltro e rubicondo. Rosina una ragazza rimasta ancorata ai capricci dell’infanzia e non in grado di staccarsi dal suo peluche-feticcio di Hello Kitty. Don Basilio smaccatamente gay, dalla mise che richiama il Renato Zero di qualche anno fa, lascivo e divertente. I cantanti – tutti meritocraticamente audizionati e scelti da una giuria di qualità – si sono dimostrati all’altezza dei loro compiti, molti di loro al debutto (altra peculiarità dell’associazione: dare la possibilità a giovani cantanti di esibirsi per la prima volta in un contesto importante e stimolante).
I famosi bohémien dell’opera di Puccini diventano studenti in Erasmus, che condividono un appartamento fatiscente, arredato alla buona. Il pittore diventa un graffitaro, il musicista ha una sua band, lo scrittore è un blogger armato di tablet. Cambia la forma e l’ambientazione ma la sostanza resta. La fedeltà prestata ai libretti è massima. Non si taglia niente, non si modifica una virgola. Si cerca semplicemente di far comprendere anche a uno spettatore del duemila che una vicenda narrata un secolo prima può essere attuale, perché immutabili sono i sentimenti che muovono l’animo umano. L’amore su tutti. In questa produzione su tutti ha spiccato la promettente soprano kazaka Maria Mudryak che vestito magistralmente i panni della prorompente Musetta.
La stagione, che ha riscosso successo di critica e pubblico, si è conclusa con l’Elisir d’amore di Donizetti. L’allestimento, a tratti spiazzante, ha puntato su una rilettura dell’opera in chiave elettorale. Infatti lo sprezzante Belcore e il sedicente medico Dulcamara nella regia di Aliverta sono diventati due contendenti politici in piena campagna elettorale. Entrambi ingannano i “rustici” popolani spacciando le loro mercanzie come le migliori. Assolutamente innovativa la scena della morte dello zio di Nemorino, in cui compare una bara sul palco circondata dalle prefiche vestite a lutto, che non appena apprendono dell’ingente eredità lasciata al nipote, si svestono e in abiti e parrucche colorate corrono ad accaparrarsi il giovane inconsapevole ereditiero (il debuttante tenore Gabriele Barinotto, a cui è stato richiesto il bis dell’aria Una furtiva lagrima).
L’associazione presta particolare attenzione al sociale: infatti preziose si sono rivelate le collaborazioni con la falegnameria Legnamée del carcere di Monza, che ha realizzato le scenografie del Barbiere; con la scuola Immaginazione e lavoro di Milano, che inserisce nel mondo del lavoro giovani con situazioni familiari difficili, i cui allievi hanno curato trucco e acconciature de La Bohéme; con il mercatino dell’usato Baddarò di Milano che sostiene i malati psichiatrici, in cui sono stati acquistati molti di quelli che sono diventati i costumi di scena, con un occhio attento al risparmio e al riciclo.
L’orchestra sempre ridotta all’osso, ma funzionale e adatta, è stata diretta come nel caso di Barbiere e dell’Elisir, da due giovani maestri al loro debutto, i ventenni Alessandro Arnoldi e Michele Spotti. Giovani che danno importanza al lavoro fatto da altri giovani. Appassionati che aiutano altri appassionati. Il tutto con un risultato nient’affatto amatoriale, ma che fa ben sperare per il futuro di VoceAllOpera.
“Orchestra ridotta?” – un violino, un violoncello con pianoforte io non chiamerei proprio “un Orchestra”…. un po’ di onesta ci vuole, no…?