St.Moritz. Mentre la parola “snob” qui ti balza in testa ancor più di “chic”, non è esattamente così se si visita il St.Moritz Art Masters, per come hanno concepito la giornata inaugurale l’ideatore Monty Shadow e il curatoreReiner Opoku, e un po’ tutta la manifestazione, in corso fino al 31 agosto 2014. Quest’anno dedicata all’arte indiana e alle sue contaminazioni.
Perché l’arte si fa qui davvero momento di condivisione e di incontri. Intanto tra pubblico e artisti, molti presenti e disponibili a illustrare direttamente le loro opere, a essere fotografati e a raccontarsi. Lo ha fatto la famosa video artista indiana Nalini Malani nell’Art talk di venerdì pomeriggio, giorno dell’opening, organizzato da Mercedes nell’Art Lounge al Posthaus in centro. Un incontro davvero intenso. Gli artisti, soprattutto presenti nel weekend di apertura, illustrano la loro opera e spiegano come è nata e il perché di una scelta invece che un’altra. I video della Malani sono al Museo dell’Engadina, uno spazio accogliente, tutto rivestito di legno, con oggetti domestici e anche la ricostruzione di una cucina tipica della ragione, con un grande camino e tutti gli attrezzi d’epoca. Qui, in trasparenza tra le pentole di rame e i mestoli appesi, ha proiettato un video che ha come protagonista una ragazza: “Mi è parsa la location perfetta per raccontare della discriminazione femminile nel mio Paese, e in tante parti nel mondo”. E infatti funziona.
L’artista indiano Paresh Maity salutava i visitatori, davanti alla sua installazione di fronte al Badrutt’s Palace hotel. “Volete una mia foto con l’opera? Ma certo!”
Il giovane emergente Manish Nai ha fatto su e giù per le ripide scale delle galleria Kasten Greve che su tre piani ospita la sua personale . E ovviamente era presente anche la sua gallerista di Bombay, Ranjana Steinruecke.
L’americano Curtis Anderson si è dilungato non poco, e ripetutamente, davanti ai suoi quattro lavori, dei quadri video con tele di seta che nascondono sofisticate proiezioni digitali. Non tutto c’entro con l’India, ben inteso, anche se Anderson sorride: “le sete utilizzate per questi quadri effettivamente sono tutte indiane. Una coincidenza straordinaria!”
Il dialogo, oltre che tra artisti e pubblico, quest’anno funziona bene anche tra opere e siti che li ospitano. Non solo le gallerie d’arte o i musei, che nascono per questo, ma anche destinazioni come chiese, alberghi. Oppure l’ Installazione con film di Satayajit sulle pareti del Paracelsus, vicino al Kempinski, meravigliosa sezione curata da Matthias Brunner. E addirittura la palestra in pieno centro del paese. Lo scorso anno aperta per una brutta collettiva di giovani artisti cinesi e quest’anno invece scelta come location sufficientemente discreta per accogliere la “tenda”, 2012, di Francesco Clemente.
Ti devi togliere le scarpe per entrare. Non per evitare di guastare il pavimento della palestra. Macché. È un gesto che rientra nel rito di meditazione al quale vuole invitare l’artista napoletano di New York, ma spessissimo in India, con la sua tenda che spiega così: “mi dicono sempre che sono un artista nomade. Ora, alla mia età, ho deciso di potermi prendere alla lettera. Ecco dunque la mia casa”.
Certo, la condivisione che questa piattaforma per l’arte contemporanea ad alta quota consente è solo per chi ha il privilegio di raggiungere questa valle, l’esclusiva Engadina, e godere della sua bellezza distillata a 1800 mt di altitudine. Però il modello potrebbe essere declinato ovunque. Perché funziona: lo dicono i 20.000 visitatori dell’edizione 2013 dedicata alla Cina, magari con artisti più noti e importanti degli indiani di quest’anno, ma molto meno soddisfacente per il mancato dialogo, in troppi casi, tra opera e sito in cui era ospitata. E speriamo che gli sponsor, moltissimi tra grandi marchi come Cartier e Mercedes, e alberghi di lusso come l’ospitale Suvretta House in alto e lo scicchissimo Badrutt’s Palace in pieno centro. Perché qualcuno ammette la difficoltà di tirar su, ogni anno, oltre due milioni di euro necessari per mantenere questo standard. Anche se Shadow è ottimista:” L’anno prossimo, come Paese a cui dedicare il focus della manifestazione abbiamo pensato all’Africa”.
Marco Voena, esordiente a St.Moritz con la grande galleria nientemeno che in via Serlas spererebbe nell’Italia: “per interesse, certo”, scherza. Ma poi spiega: “Nel 2015 ospitiamo l’Expo, un evento di rilievo mondiale che vuole mettere in relazione tutti i Paesi. Come è un po’ anche l’idea del St. Moritz Art Masters. In galleria, per questo “abbiamo proposto il tema dell’incontro Est-Ovest, ospitando un emergente indiano, Jitish Kallat in dialogo con Julian Schnabel, a cui abbiamo chiesto alcuni lavori dedicati all’India”. L’accostamento funziona benissimo: lavori coloratissimi e diversamente intriganti sulle pareti bianche smaglianti del nuovo spazio della lanciatissima coppia Robilant + Voena, che dopo Milano e Londra aprono anche qui: “Milano è la sede di avvio, ora serve più per comprare che per vendere. Londra ci ha lanciato e affermato a livello internazionale. Qui abbiamo la possibilità di incontrare nuovi clienti, con grandi possibilità, magari attirati dalle sole vetrine, passando”. È proprio così: “prima che allestissimo per l’Art Masters, avevo in vetrina una veduta di Guardi. Un collezionista che non conoscevo l’ha proprio visto passeggiando. È entrato e in quattro e quattr’otto l’ha comprato”.
Cose che capitano, da questa parti, dove i passanti sono, molto spesso, gli stessi che compaiono elencati nelle classifiche di Forbes dei più ricchi del pianeta. Perché non approfittare di questa location esclusiva, che di fatto è diventata un brand, anche per far viaggiare l’arte?
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