Data
Data - 4 Mag 2013 until 16 Giu 2013
Luogo
Galleria d'Arte Mirabilia
Categoria/e
fotografia
Artista
Luca Cervini, Maurizio Sapia
Curatore
4 Maggio – 16 Giugno 2013, Reggio Emilia
George Grosz, ricorda nei suoi scritti: «Quando John Heartfield ed io inventammo il fotomontaggio, nel mio studio, alle cinque di una mattinata di maggio nel 1916, nessuno dei due aveva idea delle sue enormi potenzialità, né della strada spinosa ma piena di successo che ci avrebbe aspettato. Come spesso succede nella vita eravamo inciampati in un filone d’oro senza nemmeno accorgercene».
Da quella mattinata del 1916 ad oggi “collage” fotografico ha avuto un enorme sviluppo in tutte le sue declinazioni: non solo nel campo della fotografia artistica, ma anche (e soprattutto) nella fotografia digitale commerciale, che al giorno d’oggi ne fa un massiccio utilizzo in ambito pubblicitario.
Proprio questa è la base di partenza di Luca Cervini e Maurizio Sapia: Luca ha frequentato studi di grafica pubblicitaria, Maurizio è uno dei soci fondatori di uno studio fotografico che produce pubblicità e cataloghi per numerose aziende. Il loro percorso tecnico è importante per comprendere appieno il concetto che sta alla base del lavoro di questi due artisti.
I primi lavori di Luca Cervini sono realizzati in più sessioni: le immagini fotografiche di base, in cui ritrae non solo persone e oggetti di uso comune, ma anche textures come legno, sabbia, corde, vengono successivamente ricomposte digitalmente come collages, per ottenere un effetto di polimaterismo virtuale. Nelle ultime opere il materiale costruito “in digitale” sta lasciando spazio a scenari costruiti nella realtà con l’ausilio di un acquario, e poi fotografati, a cui vengono aggiunte altre foto fatte separatamente in studio.
Maurizio Sapia mette in scena fotograficamente se stesso moltiplicandosi all’infinito, sostituendo la rielaborazione digitale alla tecnica di fotomontaggio tipica dei fotografi surrealisti. Il risultato è una fotografia onirica dal sapore “oltre il reale”, che cortocircuita surrealmente il senso di realtà e la nozione di finzione.
La fotografia è per Cervini e Sapia una forma di scrittura: nella sua registrazione automatica del reale, del reale stesso mostra la natura di rappresentazione. La natura è percepita come segno, il processo di rielaborazione fotografica è la macchina da scrivere. Anche se il processo creativo è similare, ed è possibile rilevare nel lavoro di entrambi un linguaggio comune, il punto di approdo è molto diverso.
LUCA CERVINI (Merate, 1984)
Luca Cervini crea visioni oniriche dal forte impatto visivo, collocate in scenari apocalittici dominati dal buio, mondi liquidi che sono una sorta di proiezione psichica di un mondo mentale, capaci di risvegliare immagini interiori archetipiche. Nelle sue opere esprime sia la costante ricerca dell’armonia con la propria interiorità, sia l’energia del cambiamento, il desiderio di rinnovamento. Le atmosfere malinconiche che permeano le sue opere comunicano una forte criticità nei confronti della decadenza del mondo contemporaneo, lanciando però un messaggio positivo di speranza per il futuro.
Luca è un artista visivo giovane. Ma chi ha detto che la giovane età significa inesperienza? E’ anzi uno degli artisti più complessi del panorama nazionale, il cui sviluppo creativo è caratterizzato da una costante e dinamica ricerca. Dal 2006 fino ad oggi ha partecipato a innumerevoli mostre collettive, ha realizzato due personali (Equilibri e Fratture, presso la galleria Officine dell’Immagine a Milano, e Magnificent Decay, nello spazio pubblico del MIM – Museum in Motion di Piacenza), e nel 2012 ha vinto il Premio Alias per giovani talenti. Le sue opere sono pubblicate su innumerevoli libri e riviste italiane e internazionali.
MAURIZIO SAPIA (Sanremo, 1966)
Maurizio Sapia crea self-portrait ironici e diretti, connotati da una composizione estetica che ricorda lo stilllife, in cui si prende gioco dell’identità dell’individuo che vive nella nostra epoca, al quale la società dominata dal mondo dei media, impone di “essere” in rapporto con l’immagine di se stessi che si vuole comunicare agli altri. Il protagonista delle fotografie è lo stesso artista, ripetutamente messo in scena in atmosfere irreali e sognanti, per rappresentare l’uomo qualunque, e farci sorridere. Maurizio è un artista che si diverte: ha fatto della sua passione per la fotografia un lavoro. Il divertimento e l’ironia sono allo stesso tempo un carattere essenziale del suo modo di essere ed il fulcro stesso delle sue opere. Ha lavorato come fotografo commerciale per numerose riviste di moda, e negli ultimi anni ha iniziato una sua ricerca personale, che si è concretizzata in varie mostre collettive in Italia e nel resto d’Europa ed una grande mostra personale a Milano alla galleria ClicArt. Attualmente lavora in collaborazione con la Galleria DIE MAUER, che ha di recente presentato i suoi ultimi lavori all’interno del MIA fair.
Con questa mostra inaugura la Mirabilia Art Gallery: l’inizio di una grande passione per l’arte che si esprimerà attraverso più percorsi. La Mirabilia Art Gallery nasce da una maturata esperienza nell’organizzazione di mostre ed eventi culturali in sedi pubbliche e private, oltre che nel campo dell’editoria e della grafica d’autore. La galleria vuole essere un punto di riferimento per collezionisti e appassionati d’arte, un luogo di incontro e confronto di generi espressivi diversi, proponendo artisti affermati ed emergenti dal sicuro futuro.
INFO CONCERTO
I MeMo nascono dall’unione, dopo anni di collaborazione in diverse situazioni, di Matteo Meloni (chitarra) e Jacopo Moschetto (Fender Rhodes / tastiere), per la prima volta in duo. Il loro motto è “Vintage instruments for a new sound” (strumenti d’epoca per un nuovo suono), e guardando il palcoscenico nei pochi minuti precedenti allo spettacolo si ha l’impressione di essere capitati ad una fiera di collezionisti. Tra il loro strumenti, infatti, un VOX ac30 (amplificatore storico, utilizzato anche dai Beatles e caratterizzato dalla copertura dei coni in stoffa “scozzese”), una chitarra Ibanez 335 (molto amata, tra gli altri, da John Scofield) che richiama sonorità vintage da garage band londinese e una collezione di pedali famosi tra cui un Eventide Time Factor, un Polychorus della Electro Harmonix, ed uno Whammy della Digitech la cui disposizione sul pavimento richiama, per colore e forma, il gioco del tetris. A fianco un Fender Rhodes Mark I del ’71 (storico piano elettro-meccanico americano dal suono vetroso e ricco di armoniche utilizzato tra gli altri da Herbie Hancock, George Duke, Chick Corea, Radiohead e nella maggior parte degli arrangiamenti anni ’70), amplificato da un Fender Twin Reverb ’65 Blackface e collegato ad un altro famoso pedale, il della Line6 Dl4.
La caratteristica principale del gruppo è il vivere l’esibizione non come un momento di protagonismo, ma piuttosto come un immersione di se e del proprio pubblico in un ambiente, che sia reale o immaginato (come un quadro, una poesia) all’interno del quale si proietta col proprio suono, trasportando l’ascoltatore in un mondo trasparente di vetro e cristallo, avvolgendolo con le incessanti sfaccettature delle proprie armoniche: talvolta la musica diventa straniante, talvolta tagliente, talvolta perfino aggressiva.
L’interazione con il pubblico e con lo spazio è continua, infatti i MeMo creano ambientazioni sonore nelle quali l’ascoltatore può muoversi liberamente interagendo con esse, come immerso in una nuvola di suono, mentre i musicisti assistono allo spettacolo insieme a lui, come parte dello stesso ambiente, lasciandolo libero di “sentirsi a casa sua”.
La disposizione del palco nei loro spettacoli non prevede un “davanti”, un “dietro”, un “a lato”: il pubblico può infatti camminare attorno ed essere investito dal suono a 360°, così cercando il “colore” che predilige. L’origine del loro modo di fare musica si può ricercare nel Soundscaping o Ambient Music, anche se lo scopo dei MeMo non è riproporre un genere: le loro influenze sono più che molteplici, e si muovono fra melodie etniche indonesiane ed indiane, tra cellule ritmiche tipiche del minimalismo (Philip Glass, Terry Riley e Steve Reich) e sonorità più sognanti e “zen” alla John Cage, con incursioni, nei momenti più intensi, nel mondo del Rock e del Jazz. L’obiettivo di ogni loro concerto è principalmente uno: regalare ogni volta un’emozione e una sorpresa.
__________________________________________
INFORMAZIONI UTILI
Titolo: Beyond Reality
Apertura: 4 Maggio – 16 Giugno 2013
Sede: Galleria d’Arte Mirabilia, Reggio Emilia