Il celeberrimo e anonimo artista graffitista Banksy, secondo gli esperti della Queen Mary University londinese, avrebbe ora un nome e cognome. Al secolo sarebbe il signor Robin Gunningham. Lo aveva già fatto, questo nome, il “Mail on Sunday” otto anni fa, dopo una lunga inchiesta nella quale erano state seguite delle tracce a seguito della comparsa dei famosi murales dell’artista.
Ma ora gli scienziati londinesi hanno utilizzato dei parametri ultra scientifici. E’ stata usata infatti una speciale tecnologia di “localizzazione geografica”, la stessa usata in molte inchieste su episodi criminali. In questo modo è stato possibile trovare una serie di corrispondenze fra i luoghi a Londra e Bristol dove sono apparse le opere attribuite al writer e una serie di indirizzi associati al signor Gunningham.
Per la cronaca l’utilizzo dell’anonimato per Banksy ha una sua precisa ragione nella lotta all’egemonia capitalista e alla società dei consumi. Secondo alcune teorie rivoluzionarie contemporanee infatti, la civiltà edonistica è in grado di depotenziare all’istante qualsiasi attività critica trasformando gli stessi “linguaggi rivoluzionari” in merce. E incasellando l’autore nella cornice della fama. Un esempio specifico è l’immagine di Che Guevara che, secondo alcuni analisti, vale in fatturato diverse centinaia di milioni di dollari ogni anno.
Banksy, utilizzando l’enigma sull’identificazione della sua persona, riusciva in questo modo a garantirsi una sorta di immunità dal successo e dall’incasellamento nei circuiti del consumismo di massa. Celebre in proposito, l’episodio recente nel quale aveva organizzato un baracchino nelle strade newyorchesi con un signore suo amico che proponeva sue opere in vendita per 100 dollari, mentre le stesse sul mercato delle aste valgono centinaia di migliaia di dollari. Il giorno seguente, dopo averle vendute tutte, Banksy comunicò al mondo che chi aveva acquistato per puro piacere quei quadri in realtà si trovava tra le mani un bel gruzzolo di soldini. Tra i clienti occasionali di quel giorno ci fu una vecchietta che ne acquistò addirittura cinque, rapita dalle immagini oniriche di quelle opere. Le fu praticato uno sconto speciale e se le portò a casa per 300 dollari. Contro un valore di mercato di oltre mezzo milione.
La critica al capitalismo e alla società del consumo e delle guerre ha spinto Banksy a realizzare alcuni graffiti in zone di conflitti contemporanei come ad esempio la Palestina o recentemente Calais, sommersa dagli immigranti.
In passato erano state fatte molte ipotesi sull’identità di Banksy. Qualcuno sosteneva potesse trattarsi di un collettivo formato da diversi ‘writer’ riuniti sotto lo stesso nome. O di una donna. O ancora che che il suo vero nome fosse Robin Banks, un signore di estrazione operaia e con esperienze di lavoro in una macelleria. Ora invece l’università di Londra sostiene che il nome a suo tempo fatto dal Mail è quello giusto.
Oggi Robin Gunningham ha circa 42 anni, è stato educato da genitori middle class in una scuola privata di Bristol.
Quanto e come possa influire sull’attività pittorica e sociale di Banksy questa inchiesta e la rivelazione del suo nome è ancora tutto da scoprire. Di certo la fama e la celebrità di questo artista -e persino le attuali quotazioni stellari- sono profondamente legate proprio all’enigma sulla sua identità. Perché, come abbiamo spiegato, il nucleo e la cifra stessa della sua arte, coincidono con la critica al sistema. Lo stesso che ora -quasi istericamente- si preoccupa di dare un nome e cognome all’autore di tanti capolavori. Un autore che di apparire se ne è sempre fatto un baffo. Alla faccia di tutti gli studiosi e gli scienziati al servizio del capitale.