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Patrimonio Culturale. Quello che non fecero i Berlusconi, lo fecero i Berluschini

pompei

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A proposito del nuovo libro di Federico Giannini, “Un patrimonio da riconquistare. Il patrimonio culturale tra riforme, lavoro, difficoltà e traffici commerciali”, edito da Talos Edizioni.

Tra torpore e ignavia della critica -divisa tra marchettari, ego spropositati e vanesi improvvisati- e silenzio poco innocente dell’intellettuale -perso nell’anacronistico elitarismo e nel narcisismo autoreferenziale- ogni tanto un bagliore intelligente si eleva nell’accidia capitale del sistema cultura e fa luce sulla situazione del patrimonio culturale italiano. Quel bagliore si materializza in un libro autorevole e (civilmente) impegnato che vale proprio la pena leggere e su cui vale proprio la pena scrivere: “Un patrimonio da riconquistare” di Federico Giannini.

Il pamphlet si fonda su due concetti essenziali: i musei non devono produrre soldi ma cultura; la cultura serve a formare cittadini consapevoli, non consumatori privi di senso critico. Di conseguenza: l’arte e la sua fruizione sono elementi essenziali di crescita del proprio bagaglio culturale e sviluppo della propria dignità di persona dotata di senso autonomo, non vuoto passatempo per colmare due ore di tempo libero e magari twittare o postare la foto con la Gioconda. Mona Lisa non smile, idioti. Quindi: rispetto per l’arte e tutela del patrimonio senza ridurre entrambi a puro prodotto di intrattenimento, sottoposto a logiche di profitto economico e commerciale.

Un’ottima premessa per far luce sull’abusato e defraudato patrimonio culturale italiano e comprendere le dinamiche che muovono la cultura in Italia al giorno d’oggi. Federico Giannini sulla brillante scia dei Settis, Stella, Volpe e Montanari, traduce anni di battaglie a colpi di confronti e riflessioni sul suo blog (Finestre sull’Arte, fondato con la compagna Ilaria Baratta) in 180 pagine di rassegnata – ma mai passiva – constatazione della (mal)gestione del patrimonio nostrano, seguita dallo speranzoso “Ripartiamo da noi” dell’ultimo capitolo. Ripartire da noi e dalle nostre responsabilità – perché se aspettiamo la politica e il resto siamo finiti – come da quelle dei protagonisti della scena: storici, critici e divulgatori “tornino a rapportarsi con il pubblico mostrando apertura e chiarezza”, ribadendo il ruolo centrale della cultura per lo sviluppo del paese – “mettere la collettività nelle condizioni di avvicinarsi all’arte in modo sano”.

Recitano in maniera esemplare le ultime righe del libro: “Sta dunque a noi compiere il primo passo, coinvolgendo chi ci sta attorno: comprendere a cosa servano il patrimonio e la storia dell’arte, e capire che possono davvero parlare a tutti senza distinzioni di classi, censo o istruzione, equivale a difendere la nostra identità, la nostra cultura e la nostra libertà. Dobbiamo soltanto ricordarlo”.

Una Finestra spalancata sul dibattito culturale per diffondere in maniera chiara e precisa conoscenza e consapevolezza sullo stato delle cose. Provare (magari) a scalfire la stagnazione culturale in cui versa il paese intero, senza restare inermi a “contemplare” il cadavere del patrimonio culturale scorrere nel torbido fiume della politica (con la p minuscola, ossia quella almeno degli ultimi decenni in Italia), dell’Ignoranza (con la i maiuscola perché trasversale), dell’indifferenza (consapevole o meno), dell’interesse strumentale (molto consapevole) e della retorica, perché:

<Il patrimonio culturale non dev’essere solo argomento di discussione da bar, come quando apriamo i nostri ragionamenti in materia con l’inutile e vanagloriosa convinzione d’avere “il maggior patrimonio storico-artistico del mondo“, e poi non facciamo alcunché per rispettarlo e proteggerlo”>.

Spessissimo gli elementi/ingredienti sopracitati vanno a braccetto. Basti vedere la lista di Primi Ministri e relativi “consorti” culturali, alias Ministri della Cultura del famigerato MIBAC, fatto poi MIBACTCultura e Turismo – per evidente incompetenza, come se fosse possibile applicare al Turismo le stesse logiche della Cultura: il primo crea profitto, il secondo no, o almeno non necessariamente e non come prerogativa. Ecco il breve elenco delle infausti accoppiate dal 1998:

Melandri – D’Alema; Urbani – Berlusconi; Buttiglione – Berlusconi; Rutelli – Prodi; Bondi – Berlusconi; Galan – Berlusconi; Ornaghi – Monti; Bray – Letta; Franceschini – Renzi.

Lo sconcerto e lo sconforto assalgono il lettore. Bastano i nomi “alla Cultura” per capire quanto ai palazzi non interessi “troppo” il Patrimonio Culturale come la bella e sfrattata signorina con la C maiuscola in generale (anche perché se mai fosse stata promossa e incentivata non avremmo avuto la maggior parte di essi…). A parte un paio, le competenze degli interessati riflettono benissimo la situazione degli ultimi vent’anni.

Resta il fatto che alla maggior parte della nostra classe dirigente e alla maggior parte degli onesti cittadini – che hanno votato o no per essa – sembri poco interessare concretamente il patrimonio culturale, se non per riempire le proprie social bacheche o per raccontare esaltati di esserci stati. Forse perché assuefatti alle palate di retorica con cui i molteplici e multiformi attori della scena pubblica amano riempirsi la bocca. Il termine CULTURA è infatti presto associato alle economiche espressioni quali “volano di sviluppo”, “giacimento”, “asset strategico”, “valore di produzione”, o accostato in maniera ignobile in duetti tipo:

CULTURA=PROFITTO; CULTURA=PETROLIO; CULTURA=SFRUTTAMENTO; CULTURA=DENARO. Così: BELLEZZA=MINIERA D’ORO; ARTE=EMOZIONE-MAGIA; ARTE=STUPORE; ESTETICA=SPETTACOLO. Tra pochezza delle parole e pena dei fatti si è dato il colpo finale ad un organismo e una struttura allo stremo delle forze e delle risorse, abbandonata al suo destino.

Riportando alcuni numeri snocciolati da Giannini nel libro: nel giro di soli cinque anni le risorse a disposizione del Ministero dei Beni Culturali sono passate da 2 milioni di euro nel 2008 a 1 milione e mezzo nel 2013; i fondi destinati al restauro sono stati decurtati di 200 mila euro e quelli per l’acquisto di opere d’arte, l’espropriazione e l’esercizio del diritto di prelazione hanno subito una drastica riduzione di 700 mila euro, mentre sono stati letteralmente dimezzati i fondi per gli interventi urgenti sui siti in pericolo (da 320 a 180 mila euro). Dagli ammiccamenti di Silvio nello spot per promuovere il turismo in Italia (l’epico “Lo sapevi?” con tanto di Michela Vittoria Brambilla che lo presenta alla stampa commossa) alle “genialate” del gemellino (senza minorenni alle/sulle ginocchia e senza infiniti procedimenti giudiziari) di Rignano sull’Arno, autore del celebre libro “Stil novo. La rivoluzione della bellezza tra Dante e Twitter” nonché autore (tra le tante) della chiusura di Ponte Vecchio per festino dei ferraristi (con tanto di ricavato dell’affitto promesso – e mai arrivato – ai bambini diversamente abili per andare in vacanza). Logica perpetuata dall’amico e successore Nardella.

Politica che va alla ricerca (mediatica) di affreschi leonardeschi a Palazzo Vecchio e “chiude al pubblico per festa privata” lo stesso Palazzo per cena della Ermanno Scervino o il party della Morgan Stanley a Santa Maria Novella. E non si ferma qui. Perché quella politica legifera. Così Matteo Renzi tramite slide di Power Point e tramite i suoi Ministri (Franceschini e Madia) ha riformato il MIBACT e le soprintendenze (giusta prerogativa ma infauste modalità) e introdotto nello Sblocca-Italia il devastante (per i beni culturali e il paesaggio) Silenzio-assenso tra amministrazioni pubbliche e tra queste e gestori di beni o servizi pubblici. Ossia: assenso automatico se entro trenta giorni le soprintendenze non riuscissero a valutare i progetti inoltrati da amministrazioni pubbliche che possano scalfire il territorio e il patrimonio. Con tante care cose dai gongolanti cementificatori. Sblocca-Italia=Sblocca-Cemento, che va a sommarsi all’accorpamento delle soprintendenze con relativa confluenza sotto la direzione dei prefetti + divorzio tra musei e territorio + si parla di una nuova sciagurata regolamentazione dell’esportazione delle opere d’arte). Non che non ci avesse provato, ma nemmeno Silvio riuscì a far tanto. Renzi & Co sì. Insomma: quello che non fecero i Berlusconi, lo fecero i Berluschini.

La copertina del nuovo libro di Federico Giannini "Un patrimonio da riconquistare"
La copertina del nuovo libro di Federico Giannini “Un patrimonio da riconquistare”
Renzi accanto al suo "Dolce Stil Novo"
Renzi accanto al suo “Dolce Stil Novo”
L'ex Ministro della Cultura Sandro Bondi pensieroso nel suo celebre "Io, Berlusconi, le donne, la poesia"
L’ex Ministro della Cultura Sandro Bondi pensieroso nel suo celebre “Io, Berlusconi, le donne, la poesia”

Alcuni episodi ed avvenimenti passati al setaccio nella disamina di Giannini:

Attraverso un linguaggio chiaro e preciso che fa nomi, snocciola numeri e ricostruisce fatti, Giannini passa in rassegna le principali peripezie culturali accadute negli ultimi tempi nel nostro paese. Qualche esempio? L’expo orgia artistica di Sgarbi al Padiglione Eataly (regalato con appalto senza gara) condita dal preambolo dei “soprammobili di Riace” e l’abbuffata di Arts&Foods di Celant (750mila euro + 6 milioni di euro); i “musei da odiare” partendo da quelle “21 ragioni per le quali io odio i musei” riportate da Smith sul Telegraph, che se mai avesse messo piede in un museo italiano “le sue 21 motivazioni sarebbero almeno raddoppiate”.

Esempi imbarazzanti quali i condizionatori del Capodimonte o i riscaldamenti di Ferrara, le deformazioni (non professionali) della Deposizione di Raffaello alla Galleria Borghese, la qualità della comunicazione e dell’informazione di questi e il mitico listino prezzi del Polo Museale Fiorentino: 4 mila euro per un cocktail al Boboli, 20 mila per magnare all’ombra del picio del David di Michelangelo all’Accademia… quando a Bologna te la cavi con 2440 euro IVA inclusa per affittare una giornata intera nel cortile del Museo Civico Medievale; il mito della percentuale del nostro patrimonio in rapporto a quello mondiale (ad esempio per Silvio e compagnia bella si va dal 50 al 90 per cento del totale…), l'”idiozia” del credo renziano – citando Settis – sull’utilità di far gestire i musei a manager provenienti da altri settori – non bastò la trovata del suo compare Berlusconi di nominare l’ex ad di McDonald’s Italia alla Direzione generale per la valorizzazione del patrimonio culturale presso il Ministero, con pronta campagna promozionale del David di Michelangelo portato via dagli elicotteri… Fast Food=Ministero; BigMac=Pompei; McChicken=Raffaello; McToast=Accademie; McNuggets=Pubblico-pollo.

Il dibattito sulle nuove nomine dei 20 super-musei, tra cui il singolare caso dell’unica riconferma: Anna Coliva, quella dei festini kitsch in galleria (Borghese) e della famigerata mostra “Caravaggio e (Mc)Bacon”. Puzza di accostamenti impropri di grandi nomi per stupire e sbalordire il pubblico pagante? “Michelangelo e Pollock”: 375 mila euro per una mostra a Palazzo Vecchio curata da Lady Carrai, ossia la fidanzata del super amico di Renzi, nonché influente personaggio della politica fiorentina. Vedi alla voce: mostre blockbuster con relativo “approccio idiota” (citando Jonathan Jones sul Guardian). Non si può che menzionare uno dei grandi artefici italiani, Goldin e il suo sempiterno mix di emozioni, leggende e capolavori da chillo a chill’altro (vedi il feticcio con l’orecchino di perla a Bologna). E non finisce qui. C’è il saccheggio della Girolamini perpetuato da Dell’Utri & Friends per esempio, e molto altro.

Marino Massimo De Caro (l’ex direttore della Girolamini arrestato e reo confesso di aver trafugato casse di libri antichi
Marino Massimo De Caro, l’ex direttore della Girolamini arrestato e reo confesso di aver trafugato casse di libri antichi. Confessò di aver “dato” al senatore Dell’Utri svariati volumi
3.-©-Gianni Berengo Gardin Courtesy Fondazione Forma per la Fotografia
Navi da crociera sguazzano a Venezia. Foto: Gianni Berengo Gardin, Courtesy Fondazione Forma per la Fotografia
Colata di asfalto davanti alla Cattedrale di Catania
Colata di asfalto davanti alla Cattedrale di Catania
Cemento su mosaico
Cemento su mosaico
sgarbi mostra expo
L’ingresso dell’imbarazzante mostra di Vittorio Sgarbi al Padiglione Eataly a Expo
La Reggia di Carditello prima dell'arrivo del buon Ministro alla Cultura Massimo Bray
La Reggia di Carditello prima dell’arrivo del (buon) Ministro alla Cultura Massimo Bray
Chiesa della Scorziata a Napoli
Chiesa della Scorziata a Napoli
Sgarbi e l'ex Ministro alla Cultura (ora in carcere) Galan
Sgarbi e l’ex Ministro alla Cultura (ora in carcere) Galan
Tuffi alla Reggia
Fa caldo. Tuffi alla Reggia di Caserta
Bazar davanti alla fontana di Trevi
Bazar davanti alla fontana di Trevi

Federico Giannini

Un patrimonio da riconquistare. Il patrimonio culturale tra riforme, lavoro, difficoltà e traffici commerciali

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