Un arazzo di volti umani. 55 fotografie ideate e realizzate dal 2014 al 2015 (oltre a Roja, 2016) e ancora mai esposte in Europa. Il ciclo The Home of My Eyes di Shirin Neshat rappresenta il più recente lavoro dell’artista iraniana. Si tratta di ritratti fotografici di singole persone residenti in varie regioni dell’Azerbaijan – che ha ricordato all’artista il suo paese natale, l’Iran, ognuna con un diverso credo religioso ma tutte, nell’installazione, presentate come facenti parte della stessa comunità. I personaggi ritratti appaiono frontalmente e in primo piano, variando dai 152 ai 205 cm di altezza. Nel lavoro di Neshat si incontrano persone con i loro gesti, si incrociano culture differenti e diverse generazioni: dalla giovane bambina bionda dall’aspetto europeo al quasi ottantenne con sembianze asiatiche.
Nel corso di tutto il lavoro l’artista si è concentrata sull’aspetto psicologico dei personaggi e sugli stati emotivi, approfondendo con chi ritraeva aspetti personali, riguardanti l’identità culturale e il concetto di casa. Come in molte delle sue fotografie l’artista anche qu inserisce un testo calligrafico sulle stampe ai sali d’argento. Accanto a queste immagini verrà proiettato il video intitolato Roja, di cui l’artista è autrice, basato su un sogno personale. Il video si concentra sul sentimento di “spostamento” delle popolazioni, sulla paura dello “straniero” e della “terra straniera”. Come in altri lavori di Shirin Neshat, Roja mostra il desiderio di riunirsi con la propria “casa”, e con la “madrepatria”, che può sembrare in un primo momento empatico ma che si rivela nel corso del video e alla fine terrificante e infernale.
Shirin Neshat, iraniana nata nel 1957, vive e lavora a New York. Ha studiato arte a Los Angeles negli anni della rivoluzione iraniana, intorno al 1978-79, e dall’America ha visto il suo Paese d’origine islamizzarsi negli anni Novanta. Come mezzo espressivo ha scelto la fotografia, ma anche installazioni (concettuali) e il cinema (spazio-tempo dinamico). La sua opera si occupa soprattutto dell’identità, quella femminile in particolare; il suo è un lavoro che lei stessa definisce “personale, politico, emotivo”.
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