Quando un cavaliere cade da cavallo, disarcionato, significa che qualcosa tra loro s’è rotto. Il tempo di una bizza e un’impennata fa venire meno la fiducia, l’armonia tra forza animale e intelligenza umana. Il rapporto che lega l’Uomo alla Natura lascia spazio all’atterrimento. Nel ciclo del Miracolo, la dimensione simbolica raggiunta dalle forme plastiche di Marino Marini conferisce loro un fascino che attraversa il tempo: la stessa ambizione rivendicata dalla grande retrospettiva “Marino Marini. Passioni visive”, in programma a Pistoia, città natale dell’artista, a partire dal prossimo 16 settembre. Da una sala all’altra di Palazzo Fabroni, verranno ripercorse le fasi della creazione artistica del maestro pistoiese lungo mezzo secolo, dagli anni ’20 ai ’60:
“Manca ancora, nella vicenda espositiva e nella letteratura scientifica su Marini, un serio lavoro di contestualizzazione storica e stilistica, utile a restituirgli la posizione di rilievo che merita nel modernismo novecentesco internazionale”, premette Maria Teresa Tosi, direttrice della Fondazione Marini, che promuove l’iniziativa regina del calendario di Pistoia capitale italiana della cultura 2017.
Ciò che promette di rendere unica e imperdibile la mostra risiede soprattutto nello sforzo di raccogliere e accostare alle opere di Marini le loro fonti d’ispirazione, a partire dall’arte antica fino agli artisti suoi contemporanei, a lui stretti da rapporto di contaminazione e talvolta d’amicizia: “L’opera di Marino verrà relazionata ai grandi modelli della scultura novecentesca, cui il maestro ebbe accesso, come a scelti esempi di scultura etrusca, egizia, greco-arcaica, cinese, medievale, rinascimentale e ottocentesca, da lui consapevolmente recuperati”, prosegue la direttrice.
“Dopo due anni di ricerca irripetibile, presenteremo il risultato di un’indagine orientata ad entrare nel laboratorio del maestro e penetrare la genesi delle sue opere”, conferma Barbara Cinelli, curatrice insieme a Flavio Fergonzi della mostra.
Di particolare evidenza è il legame tra Marini e l’antichità delle sue terre nella rappresentazione della figura femminile, cui il maestro pistoiese soleva rivolgersi con il nome di Pomona, divinità etrusca identificativa della fertilità, dalle forme rotondeggianti. È la stessa Cinelli a riferire di Pomone rintracciate in collezioni private difficilmente accessibili e di commissioni ricevute in circostanze eccezionali:
“È il caso di una versione del Miracolo realizzata per gli olandesi, a memoria di un eccidio nazista avvenuto a Rotterdam. Un altro esempio riguarderà il Popolo, una terracotta del 1929 che segnò la svolta arcaista di Marino, accostata a due pezzi di archeologia, una testa greco-arcaica di Selinunte e un coperchio sepolcrale etrusco. Alcune caratteristiche di un trecentesco Cristo Crocifisso appartenuto al maestro saranno facilmente riscontrabili nelle forme di un Icaro e di due Giocolieri, mentre il busto di Niccolò da Uzzano di Donatello, conservato al Museo del Bargello di Firenze, aiuterà a comprendere la svolta del periodo gotico durante la guerra. Con il ciclo dei Guerrieri e delle figure coricate affrontate a cavallo degli anni ’50 e ’60, sarà proposto un confronto con l’antica tradizione toscana di Giovanni Pisano e le soluzioni più sperimentali di Pablo Picasso ed Henry Moore. In quanto alle Pomone, saranno accostati ai nudi orientati all’astrazione di Ernesto De Fiori e Aristide Maillol”, conclude la curatrice.
A corollario della grande esposizione di Palazzo Fabroni, altre tre esposizioni verranno allestite a Palazzo del Tau, abituale sede della Fondazione Marini. La prima, intitolata “I colori del Mediterraneo”, resterà aperta in concomitanza con la mostra principale, così da valorizzare la produzione pittorica dell’artista, in particolare le tempere a soggetto circense caratteristiche degli ultimi anni della sua produzione, attraverso il confronto con Joan Mirò: i due si conobbero e frequentarono nella Parigi degli anni ‘50.
Allo scultore giapponese Kengiro Azuma, suo discepolo, è invece dedicata una mostra circoscritta al mese tra il 21 ottobre e il 26 novembre, mentre la prima in ordine di apertura è fotografica: “Marino nell’immagine di Aurelio Amendola”, già visitabile dal 14 luglio al 10 settembre. In quanto a “Marino Marini. Passioni visive”, una volta calato il sipario su Pistoia, tempo venti giorni, si rialzerà a Venezia, alla collezione Peggy Guggenheim, dove resterà dal 27 gennaio al 1° maggio 2018.
Informazioni utili
“Marino Marini. Passioni visive”
Mostra a cura di Barbara Cinelli e Flavio Fergonzi
Palazzo Fabroni, Pistoia
Dal 16 settembre 2017 al 7 gennaio 2018
Comitato scientifico: oltre ai curatori, Philip Rylands, Salvatore Settis, Carlo Sisie Maria Teresa Tosi.