Talento geniale e personalità tormentata, nella sua fugace esistenza Amedeo Modigliani ha lasciato un segno indelebile nella cultura figurativa del Novecento. A quasi un secolo dalla scomparsa, la Tate Modern di Londra celebra l’artista che da Livorno conquistò la Ville Lumiere.
Semplicemente Modigliani
Volti dal collo lungo e nudi sinuosi. La peculiarità dello stile e la vita bohémien fanno di Amedeo Modigliani (Livorno, 1884 – Parigi, 1920) uno degli artisti più affascinanti del secolo breve. E se spesso la biografia romanzata – fatta di alcol, fumo e amori travagliati – ha posto in ombra la genialità di un talento che rifugge le codificazioni, oggi la Tate Modern ribalta la prospettiva, con una mostra che indaga l’essenza della sua creatività.
Dalle effigi delle amanti, ai dipinti degli amici pittori, fino agli autoritratti: in Amedeo Modigliani arte e vita si mescolano squisitamente. Nato a Livorno da una famiglia ebraica, Modì rivela fin da bambino la propensione per il disegno. Dopo l’apprendistato presso Guglielmo Micheli (a sua volta allievo di Giovanni Fattori) e l’influenza dei Macchiaioli, il giovane avventuriero parte alla volta di Parigi, per lasciarsi sedurre dalle Avanguardie, e non solo.
Il fascino della Ville Lumiere
Nei primi del Novecento la capitale francese è un luna-park intellettuale. Se di giorno gli atelier di Montparnasse generano le sperimentazioni creative più audaci, di notte i cafè di Montmartre sono il punto di ritrovo dei grandi maestri di domani: da Pablo Picasso a Diego Rivera, da Juan Gris a Chaïm Soutine. In quest’atmosfera densa di suggestioni, Modigliani esordisce con una scultura dalla linea arcaica, frutto della sintesi fra lezione cubista e tradizione africana. Ma a segnare la svolta è la trasposizione dei volumi della plastica in una pittura che scava nell’animo umano, per un proliferare di nudi erotici e volti spogliati di qualsiasi segreto.
Alla scoperta dell’animo umano
Alla Tate Modern il viaggio sulle orme di Modigliani è circoscritto al periodo parigino e culmina nel 1920, anno della morte dell’artista e della sua Jeanne: musa e compagna, lanciatasi dal balcone in seguito alla perdita dell’amato. Ad aprire il percorso è l’autoritratto in cui Modì veste i panni di Pierrot: un personaggio acerbo, che nell‘aggrovigliarsi di pose classicheggianti, forme cubiste e pennellate alla Cézanne confessa la stessa ricerca d’identità del suo autore. Così, sala dopo sala, prede forma uno stile sempre più definito: fatto di linee geometriche e indagine piscologica; come rivelano i ritratti degli artisti coevi o i celeberrimi nudi, a cui è dedicata un’intera sezione.
In questo rincorrersi – solo apparentemente stereotipato – di corpi sinuosii, colli affusolati e occhi a mandorla, a colpire è soprattutto il legame fra il pittore e le modelle, di cui si rivela la personalità più intima e la sensualità più profonda.
Ma l’esposizione raccoglie anche sculture meno conosciute; come le nove teste di arenaria, che – in un’infilata prospettica d’immensa suggestione – valgono da sole la visita alla mostra.
Dalla tragica morte alla leggenda
Ma fra pose lascive e sguardi nostalgici, il tragico epilogo incombe fin dalle prime tele. Ecco allora il letto disfatto, una candela consumata, le poesie di Baudelaire sul tavolino e un autoritratto al cavalletto: l’ultimo, col volto scavato, come a prefigurare la fine imminente. Una ricostruzione in VR ci porta direttamene nel cuore di Montparnasse, nello studio dove Amedeo Modigliani trascorse gli ultimi mesi, prima di morire a trentacinque anni di meningite tubercolare, nel gennaio 1920, entrando per sempre nella storia dell’arte.
MODIGLIANI
A curata di Nancy Ireson e Simonetta Fratelli
TATE MODERN
Londra
Fino al 2 APRILE 2018
tate.org.uk