Una Donna Fantastica: diversità, bellezza e affermazione nel Cile ultraconservatore di Sebastián Lelio. Oscar come Miglior film straniero 2018.
Una Donna Fantastica (Una Mujer Fantástica) di Sebastián Lelio, dopo aver attraversato i festival di tutto il mondo – in Italia il Biografilm di Bologna e il Sicilia Queer di Palermo – dove si è imposto come una visione necessaria, di grande potenza, è stata la prima pellicola cilena a vincere il Premio Oscar come Miglior Film in Lingua Straniera.
Marina (Daniela Vega) è una giovane donna transgender, innamorata di un uomo più grande di lei di vent’anni, Orlando. I due vivono giorni di piccola e preziosa quotidianità affettiva finché l’improvvisa morte di Orlando li separa per sempre, costringendo Marina a prendere atto di quanto sia fragile e liquida la realtà che il compagno aveva costruito per lei.
Una bolla dai colori soffusi che scoppiata, mostrerà a Marina tutta la violenza e l’aggressività di cui è capace una società non ancora in grado di comprendere e rispettare la diversità. Marina vorrebbe solo poter vivere ed elaborare il suo lutto, un diritto fisiologico, da proteggere e assecondare, dovrà invece combattere contro i più velenosi pregiudizi e muoversi controcorrente (come racconta una delle scene più belle del film, immortalata anche nei poster della pellicola), provando ad affermare se stessa, un I’m Standing come individuo, per la prima volta non filtrato e protetto dagli occhi dell’amante. In Una Donna Perfetta a fare la differenza è l’apporto sia di fronte alla camera sia alla scrittura di Daniela Vega: già collaboratrice di Sebastián Lelio era stata assunta come consulente alla scrittura, finché il regista e sodale non ha deciso di sceglierla per il ruolo della protagonista, Marina.
Cantante lirica e attrice non professionista, Daniela Vega ha iniziato il suo percorso di transizione nella tarda adolescenza, dopo anni di abusi e bullismo nelle scuole maschili frequentate fino a quel momento. Nonostante il supporto dei familiari, il suo percorso è avvenuto nell’ultraconservatore Cile, questo le ha impedito per molti anni di trovare un lavoro nonostante l’evidente talento e la bellezza, portandola sull’orlo della più pericolosa depressione.
Questa esperienza ha permeato la scrittura di Una Donna Fantastica, facendone la magnifica e affilata pellicola che abbiamo amato sul grande schermo.
Una Donna Fantastica possiede la capacità di raccontare senza filtri, in maniera asciutta e per questo dolorosa, della violenza becera, insopportabile e gratuita che colpisce ancora in maniera spesso letale non solo l’individuo transgender, che sta già affrontando un delicato e difficile percorso di cambiamento, ma la diversità tutta. Il bisogno cieco di una società ultraconservatrice come quella cilena è di correre a ingabbiare, inscatolare e imprigionare ogni individuo per categorizzarlo «per me si è trattato di pura perversione. Quando ti guardo io non so cosa vedo», dirà l’ex moglie di Orlando a una sgomenta Marina. Un’operazione bieca, inutile e pericolosa che finisce per scatenare i più bassi istinti dell’essere umano.
Una Donna Fantastica riesce a rappresentare in maniera reale ma estremamente immaginifica e poetica la crescita umana di Marina, dal dolore più opprimente passando per la violenza – una fra tutte la scena dell’aggressione con lo scotch che sfigura il meraviglioso volto à la Tamara de Lempicka di Marina – fino alla più aerea e magnifica affermazione di sé, come donna e interprete lirica, non prima di un ultimo evocativo addio a Orlando, da consumarsi rigorosamente sul danceflooor.
A commento musicale del racconto di Marina troviamo classici come (You Make Me Feel Like) A Natural Woman di Aretha Franklin, Time di The Alan Parson Project e la deliziosa Periódico de Ayer di Héctor Lavoe cantata da Fernanda Carreño, e ancora due brani lirici interpretati dalla stessa Daniela Vega (Sposa son dispezzata e Ombra mai fu), ma a fare la differenza sono i brani della colonna sonora originale firmata da Matthew Herbert, minimali, elettronici, assai evocativi, fra cui spicca Queen, usato nell’iconica scena della discoteca.