Il Caso Kellan e Non si uccide per amore: Franco Vanni e Rosa Teruzzi con i loro romanzi ci portano in una Milano tinta di giallo
Libera e Steno sono due personaggi molto affascinanti, speculari tra loro. Complementari forse. Lei, la fioraia del Giambellino si avvicina ai 50 anni, vive nell’ex casello ferroviario nei pressi di San Cristoforo, dove il Naviglio già si avvia per abbandonare Milano; lui, cronista di nera, ha 26 anni, vive in albergo in via Garibaldi e guida una Maserati Ghibli.
Libera ha un passato doloroso, introietta tutto e ha un mondo di emozioni represse con cui scendere a patti, ha rapporti complicati con tutti.
Steno è “uomo di mondo”, con una serena fiducia verso il futuro, va d’accordo con tutti e ha uno sguardo curioso su tutto quanto lo circonda. A lei gira tutto male, a lui tutto bene. Entrambi investigatori un po’ per caso e un po’ per i giochi del destino, lei è un’introversa, lui un estroverso. Sono entrambi dei buoni.
Sono loro i protagonisti di due romanzi, da poco in libreria, che vanno a rimpolpare le file del giallo all’italiana, che in questi anni sembra aver trovato nuova linfa e nuove penne brillanti, sullo sfondo di una Milano che ha mille volti, tutti che si completano vicendevolmente.
Per gli appassionati del genere Milano non può che voler dire, ovviamente, Scerbanenco (da poco è stato pubblicato da La Nave di Teseo anche un suo romanzo inedito, L’Isola degli idealisti), Olivieri e Crapanzano. Ad aggiungersi alla nutrita schiera di autori che hanno scelto le nebbie e gli angoli nascosti del capoluogo meneghino come palcoscenico per delitti e misteri se ne aggiungono due a pieno titolo.
Rosa Teruzzi, esperta di cronaca nera e caporedattore di Quarto grado (Retequattro), è l’inventrice della fioriaia del Giambellino. È la voce del giallo al femminile che descrive una Milano domestica e intima.
Franco Vanni, cronista giudiziario per La Repubblica, appassionato lettore di gialli è al suo secondo romanzo (il Clima ideale, 2015, il primo) e con Il Caso Kellan ci porta in una Milano fatta di cocktail shakerati alla perfezione, giovani ricchi e annoiati e pubblici ministeri che non vorreste mai incontrare sulla vostra strada.
Non si uccide per amore, di Rosa Teruzzi (Sonzogno), è la terza avventura (ma non l’ultima, scommettiamo) della saga sulla Fioraia del Giambellino che vede protagonista Libera. Nei primi due romanzi abbiamo fatto conoscenza della sua famiglia: Iole, la madre insegnante di yoga più scatenata di un’adolescente, e Vittoria, la figlia poliziotta burbera e severa; e l’abbiamo seguita nei suoi primi casi da detective.
In questa nuova avventura la Julianne Moore del Giambellino (così l’ha ribattezzata il Dog, cronista del quotidiano locale La Città, alleato dai modi bruschi ma leale) si trova a far luce sulla pagina più dolorosa del suo passato: l’assassinio del marito, avvenuto vent’anni prima. Libera è determinata a scoprire chi ha ucciso Saverio, il carabiniere è stato tradito da un collega? È caduto in un agguato? Su cosa stava indagando?
Ambientato nell’estate 2014, estate tra le più piovose a memoria d’uomo, il romanzo ci porta in un viaggio nell’amata Milano (con gite fuori porta da Colico a Reggio Calabria), da via Torino a via Pesto, tra temporali e porcellane ungheresi, tra gli amati libri di Libera (da Scerbanenco a Tracy Chevalier) e bouquet di fiori preparati per le spose più impreparate e capricciose che ci siano in circolazione.
Roza Teruzzi descrive con grande facilità ed efficacia un mondo fragile e intimo, in cui il mistero è sempre un nodo da sciogliere in un passato lontano. Il Caso Kellan, di Franco Vanni (Baldini + Castoldi), vede invece l’esordio sulla carta stampata di Steno Molteni. Il giovane giornalista di nera si trova tra le mani un possibile scoop: il figlio diciannovenne del console americano a Milano è stato ammazzato in un cruising gay. La caccia all’assassino è aperta.
Ad aiutarlo il poliziotto e amico di sempre, soprannominato Scimmia, e Sabine, una fotografa di moda rimorchiata in discoteca.
Steno è un moderno Tintin che da Bellagio si è trasferito a Milano, nonostante la giovane età affonda le proprie radici in un quel mondo piccolo mondo antico dove anche i migliori amici si danno del lei, dove gli alberghi hanno mobili costruiti su misura da artigiani locali (e non da franchising internazionali) e dove la parola data è importante e inviolabile sopra ogni cosa.
Quello di Steno è uno sguardo attento sul mondo che lo circonda, che spesso è un mondo a lui sconosciuto. È razzista chiedere a Sabine, ragazza nata in Eritrea e adottata in fasce da genitori milanesi, di raccogliergli i boxer dopo aver fatto l’amore? Esistono i milanesi d’adozione? Sabine gli spiega che no, ma lui sembra un po’ confuso. Una battutaccia sui gay è solo una battutaccia o nasconde un germe di violenza? Quattro giorni a perdifiato in una Milano assediata dal gelo e dalle neve.
Il romanzo è costruito alle perfezione, con grande ritmo e colpi di scena dosati al punto giusto (come in un cocktail calibrato al punto giusto). A rendere il tutto più avvincente ci sono i personaggi usciti dalla penna di Vanni: da Steno a Sabine (la bond girl della situazione), da Han (il cuoco vietnamita che in realtà era una spia) alla pm Maria Cristina Tajani, che potrebbe appartenere tranquillamente a una gallery di villain disneyani.
Come Libera, anche Steno Molteni, ne siamo certi, lo rivedremo molto presto.