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Faith Ringgold x Dior: la rivoluzione femminista in passerella, l’omaggio di Maria Grazia Chiuri

Dior's latest runway show, at Paris's Musée Rodin, featured reproductions of Faith Ringgold's 1971 work Woman Free Yourself. PHOTO JULIEN DE ROSA/AFP VIA GETTY IMAGES
Sfilata di Dior al Museo Rodin di Parigi, con riproduzioni dell’opera Woman Free Yourself di Faith Ringgold PHOTO JULIEN DE ROSA/AFP VIA GETTY IMAGES
Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa di Dior, ripropone l’eterno sodalizio tra arte e moda, in chiave femminista. Sono infatti donne le artiste inserite nelle sue sfilate: da Judy Chicago a Joana Vasconcelos passando per Isabella Ducrot. Mentre presenta in anteprima i suoi modelli, fa luce sulle opere di grandi artiste di fama internazionale.
L’ultima artista che la Chiuri ha deciso di omaggiare è Faith Ringgold, l’amata pittrice morta all’inizio di quest’anno all’età di 93 anni.

Nei suoi dipinti entriamo in dialogo con le donne afroamericane, le loro storie personali e le loro passioni. Nei dipinti realizzati tra gli anni ’80 e ’90 racconta la storia di donne di colore, ghettizzate e ignorate dal sistema occidentale, attraverso una sapiente artigianalità. E ancora tra gli anni ’60 e ’70 affronta le analogie e i rapporti che intercorrano tra razzismo e misoginia attraverso dipinti cupi e vibranti.

Dior, con la sfilata haute couture autunno/inverno 2024-25, in scena lunedì 24 giugno, ha scoperchiato un vaso di pandora. La struttura ospitante, ricoperta di riproduzioni dell’opera di Ringgold dal titolo Woman Freedom Now (1971), è una denuncia visiva d’impatto rispetto alle violenze e agli abusi perpetrati nei confronti della donna e in particolare di quella africana, come simboleggiato dall’utilizzo dei colori della bandiera panafricana.

Campeggia sul muro e sugli striscioni apesi, la riproduzione monumentale di «Woman Free Yourself» (1971), l’iconica opera di Ringgold, che con le sue parole cariche di potenza si configura come una call to action alle donne, chiamate a reagire.
A pendere dalla volta invece sono le immagini tratte da «Windows of the Wedding» (1974), prima serie astratta dell’artista. Lunghi dipinti verticali a forma di diamante, ispirati ai disegni del cuore di tenebra, si alternano a campioni di tessuto, creando un gioco dinamico di forme e colori.

Un dialogo, quello tra arte e moda, che non si esaurisce nella scenografia, ma esula nella collezione di alta moda. La Chiuri fa incursione nelle opere dell’artista, saccheggiandola, per trarne ispirazione creando abiti che riecheggiano i suoi motivi geometrici e cromatici.
Inoltre, la Chanakya School of Craft, un laboratorio artigianale indiano con cui Chiuri collabora frequentemente, realizza nuovi lavori per la sfilata, ispirandosi proprio ai pezzi di Ringgold.

Il punto di partenza degli abiti della Maison va tuttavia identificato nelle Olimpiadi di Parigi. In risposta alle maglie indossate dagli atleti, Chiuri progetta degli abiti progettati con l’utilizzo della rete metallica.
L’obiettivo, spiega la casa di moda, è quello di contribuire a portare avanti il ​​progetto di ripensare l’eleganza della donna, che non passa, come viene erroneamente comunicato, solo nella delicatezza, ma anche nella sua forza, nelle sue ambizioni e nel suo coraggio. L’eleganza diviene così sinonimo dell’atteggiamento e del modo di porsi, alla stregua degli uomini.
Ma se un tempo le opere di Ringgold rappresentavano una forma di protesta, nella sfilata di Dior hanno avuto una valenza diversa, un tocco di femminismo, del quale tuttavia c’è ancora bisogno.

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