Print Friendly and PDF

IL NOUVEAU REALISME dal 1970 ad oggi

Omaggio a Pierre Restany.
Recensione della mostra al PAC di Milano
fino al 1 febbraio 2009

Milano, novembre 1970: César produce una delle sue “Espansioni” in Galleria, distribuendo poi ai presenti dei frammenti dell’opera  appena solidificata. Christo progetta di impacchettare la statua di Vittorio Emanuele II nella piazza del Duomo.  Niki de Saint Phalle si dedica ai suoi esercizi di tiro al bersaglio contro una sorta di altare sconsacrato. Rotella realizza una delle sue lacerazioni di manifesti al Formentini. Dufrêne sale su un pulpito a declamare uno dei suoi poemi fonetici. Raysse invia un raggio luminoso verso il cielo. Tinguely erige una statua fallica sulla gradinata del Duomo, intitolandola alla Libertà e dandole poi fuoco.

Questa sorta di festa pagana culminerà in una epifanica ultima cena, un vero banchetto funebre dove i membri del sodalizio consumeranno, in un’atmosfera da  baccanale, pietanze ispirate al loro operato artistico.

Milano, novembre 1970:  culla e tomba (dopo parto francese) del movimento artistico del Nouveau Realisme, nume tutelare il critico francese Pierre Restany cui il PAC dedica un omaggio con la mostra in corso fino al 1 Febbraio. Dell’ultima cena esiste uno splendido documento filmato realizzato da Mario Carbone, che viene trasmesso a circuito chiuso all’interno della mostra; è sembrato doveroso partire da lì,  dalla sua morte ufficiale, da quella testimonianza vera e vitale di cosa fu il Nouveau Realisme e di cosa questo movimento rappresentò per Milano (e non solo).

 L’esperienza di quegli anni rimase negli animi e negli occhi degli inconsapevoli spettatori per molto tempo ancora, e  il ricordo sopravvisse di gran lunga al simbolico funerale pagano, celebrato come un rito di  (ri)nascita anziché di morte, nel quale tutti gli artisti si riconobbero in questi nuovi approcci “digestivi” al reale. Quasi una cerimonia iniziatica, passaggio misterioso da una forma che muore per assumerne  una diversa, unico modo per garantirne la sopravvivenza, sfuggendo alle etichette. Un grumo di contrapposizioni politiche, ideologiche, culturali, etiche, quelle che agitarono la città in poche ore, generando un cortocircuito intellettuale diffuso, al quale fu di fatto impossibile sottrarsi e di cui – a quanto ricordano i testimoni  – si sentiva palpabile l’elettricità nelle strade, tra la gente, nei templi dorati della cultura, come anche (seppur solo per un breve- sconvolgente – attimo) in quelli della fede cattolica. Una Milano che oggi molti di noi fanno fatica a ricordare perché non vogliono – troppo sforzo –  o perché non possono, per evidenti ed incolpevoli limiti generazionali. Erano gli anni della “strategia della tensione”, con la strage di Piazza Fontana ancora – irrisolta – lì davanti agli occhi; ben presente  anche per questi artisti, che tentarono – forse – di contrapporre la forza delle idee alla violenza delle bombe.

Capo carismatico e “accordatore” delle  diverse sensibilità in seno al gruppo, fu Pierre Restany, il critico francese collaboratore di Domus e in seguito direttore di D’Ars. Il critico francese infatti, sostenuto da un fortunato sodalizio intellettuale con Ugo delle Noci – instancabile e sensibile mentore per tanti artisti, che ospitava presso la celebre galleria Apollinaire – tracciò le coordinate di un movimento artistico nato come contraltare al New Dada d’oltreoceano.
Del movimento entrarono a far parte un gruppo di artisti francesi: di Yves Klein, César, Arman, Christo, Jean Tinguely, , Niki de Saint Phalle, Raymond Hains François Dufrêne, Jacques Villeglé, Gerard Deschamps e l’unico italiano, Mimmo Rotella.

Yves Klein, stella polare del movimento, è presente in mostra con un piccolo tributo – blu naturalmente – di simbolica rilevanza, quasi un cerimoniere illustre, mai dimenticato dal gruppo (scomparse nel ’63).

La mostra in corso al PAC è in primo luogo omaggio che la città di Milano rende alla vulcanica personalità di Pierre Restany, ma anche espressione tangibile di un dibattito storico artistico che è parte integrante della poetica del movimento.

Il banchetto funebre del novembre 1970 segnò realmente la fine del movimento? Oppure, come sostengono gli stessi artisti (alcuni di loro) il movimento è tuttora attivo? Cosa spinse il critico francese ad approvare quella “morte per eutanasia”? Ci troviamo di fronte a una vera palingenesi artistica del Nouveau Realisme?

La mostra cerca di gettare un cono di luce sulla problematica, tentando un percorso tra i lavori che questi artisti hanno realizzato successivamente alla storica data del 1970, per rintracciarne affinità, evoluzioni, nuove aperture, integrazioni, inversioni di rotta (per la verità, non molte). A testimonianza della vitalità, ancora oggi, del dibattito circa la morte vera o presunta, simbolica o reale del movimento, segnaliamo due illustri grandi assenti, Christo e François Dufrêne, i quali non riconoscono la linea storico artistica individuata dal curatore, Renato Barilli.

In verità, sono presenti le testimonianze fotografiche di alcuni impacchettamenti di Christo e alcuni tra i dècollage di Dufrêne, ma, a differenza di tutti gli altri artisti presenti in mostra, questi ultimi non hanno contribuito attivamente, rifiutandosi di partecipare con opere ad hoc  proprio per le ragioni di cui sopra.

Questi artisti si orientano verso una poetica degli oggetti e dei materiali desunti dalla realtà, anche quella più banale. Rifiutando le arti pittoriche e facendo tesoro dell’esperienza dadaista, i nuovi realisti si dedicano a operazioni che si accostano alla scultura in termini provocatori e che meglio si possono definire con il termine di assemblage, coniato proprio per indicare queste sperimentazioni di collage tridimensionale.

Le opere dei Nouveaux Réalistes infatti sono costruite per accumulazione, compressione e inscatolamento degli oggetti più diversi in strutture di plexiglas. Nel complesso, il messaggio ironico di quest’arte è forse da intendersi quale risoluzione ultima e disperante da opporre ad un dramma più intenso, che deriva dal senso di frustrazione nei confronti della società del consumismo e del benessere individuale. Al tempo stesso si dà maggiore significato al gesto e all’intenzione dell’artista, cui si riconosce un ruolo sia fisico che  intellettuale: è la sua azione il vero evento artistico, non tanto l’oggetto esposto.

In mostra segnaliamo tra gli altri, la splendida, placidamente minacciosa macchina inutile di Tinguely del 1988 e la selva barbarica di Idoli di Prillwitz di D. Spoerri oltre alle repertorio di immagini volutamente kitsch di Niki de Saint Phalle, una vera pasìonaria agitatrice in seno al movimento.

E poi Cesar, con le sue conturbanti lamiere compresse, coloratissime e seduttive.

Significativi i contributi in mostra dei décollagisti, François Dufrêne (pur con i limiti di cui si è parlato) Raymond Hains, Mimmo Rotella, Jacques Villeglé.

“Il tuo progetto è finito, come tanti altri, nel limbo destinato alle idee troppo pure, troppo semplici e troppo belle per essere apprezzate e comprese dagli uomini”

“Suvvia, Gio’! Siamo tutti condannati a vivere in un mondo troppo lento per le nostre speranze!”

Testi di cartoline indirizzate da P. Restany a Gio’ Ponti, anni ’60, in mostra.

_______________________________________
Informazioni utili:
IL NOUVEAU REALISME DAL 1970 AD OGGI.
Omaggio a Pierre Restany
A cura di Renato Barilli
Fino al 1 febbraio
PAC Padiglione d’Arte Contemporanea
Via Palestro 14, Milano
Info: 02.76009085
Catalogo Silvana Editoriale

Commenta con Facebook

leave a reply