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Le discordie tra gli archeologi italiani

L’effetto domino delle dimissioni di Settis. Il 4 marzo l’insediamento di Carandini  

LE DISCORDIE TRA I “DIOSCURI DELL’ARCHEOLOGIA ITALIANA”

 

Il sostituto era già pronto come se le dimissioni di una personalità autorevole come quella diSalvatore Settis fossero attese da tempo. Erano amici, un tempo, Settis ed Andrea Carandini, l’archeologo romano che il 25 febbraio ha preso il suo posto alla presidenza del Consiglio superiore dei beni culturali. L’ organismo chiamato a dare pareri, non vincolanti ma significativi, su faccende importanti come piani di spesa, prestiti di opere d’arte, strategia del ministro e del ministero. Trent’anni fa, come scrive il Corriere, li chiamavano i “Dioscuri dell’archeologia italiana”. Due colossi che si sono divisi in nome della politica di Sandro Bondi. Una piccola guerra a colpi incrociati. Il dimissionario è accusato di non voler perdere niente e di essere caduto, ha dichiarato Bondi, nella “rete del sensazionalismo”. Il successore, di concedersi per poco. Il tutto sembra riassumersi nel miliardo di tagli per il prossimo triennio inflitto da Giulio Tremonti e sopportato dal ministro del beni culturali. Contro quei tagli e contro quelli all’Università il preside della Normale di Pisa Settis si è sempre battuto pubblicamente. Fino a quando ha capito che nulla c’era ormai da fare. Ha lasciato il terreno di battaglia solo fisicamente. Il giorno dopo le sue dimissioni, il quotidiano La Repubblica ha pubblicato una sua lettera a Sandro Bondi. Un J’accuse in cui chiarisce le sue posizioni e il perché dell’abbandono dell’incarico. Nella lettera si coglie una nota di rammarico per non averlo fatto prima quando, in seguito ad un articolo pubblicato sul Sole 24 ore (4 luglio 2008) sui pesanti tagli al ministero dei beni culturali, gli era stato già chiesto di lasciare. L’invito era arrivato dal sottosegretario Giro, dalla ex-soubrette e ora On. Gabriella Carlucci ed altri “validi” esponenti della maggioranza. In quell’occasione fu lo stesso Bondi a chiedergli di rimanere. E, specifica Settis, di essersi trovato di fronte alla “scelta tra la piena libertà di opinione e di parola e il silenzio che (Bondi), innovando rispetto alla legge, ritiene obbligatorio per il presidente del Consiglio Superiore”. Duro monito a chiunque ricoprirà in futuro questo ruolo.

Troppo semplice giustificare le dimissioni di Settis con il suo essere “uomo di sinistra”. Amico di Scalfari, di Sofri, Carlo Ginzburg ed Adriano Prosperi. In fondo anche Carandini, classe 1937, era in lista per le primarie della costituente del Pd. Ed è nipote di Elena Albertini, figlia a sua volta, come ricorda dalle colonne de La Stampa Mattia Feltri, del leggendario direttore del Corriere della Sera esautorato da Mussolini. Nel novembre 2008 il neo eletto alla guida del Consiglio aveva accusato gli archeologi del Mibac di essere dei “Talebani della conservazione” e si era schierato a favore della creazione del famoso parcheggio del Pincio a Roma. Proprio lui, che è anche capo degli esperti che dovrebbero “confortare” il commissario straordinario alle aree archeologiche romane Guido Bertolaso e il suo vice, l’assessore capitolino Marco Corsini.“Uno e bino”, dicono coloro che hanno da subito visto nei diversi ruoli che ricopre un piccolo conflitto d’interessi.

Tutta la riforma del Mibac non era mai andata giù a Settis, in prima linea contro l’affidamento ad un super manager come Mario Resca – gran curriculum ed ex amministratore delegato di Mc Donald’s Italia – di decisioni fondamentali nell’ambito del finanziamento per la tutela e la cura del patrimonio culturale italiano. “Quando ai professori chic va storto l’hamburger” ha titolato Gian Luigi Paragone su Libero all’indomani delle dimissioni. Settis ha sempre rimproverato Sandro Bondi di aver detto nulla, con il suo serafico silenzio reverenziale, contro i tagli al suo ministero. Ed ora, ad un ministro che ora lo invita al “silenzio”, risponde di no. E di voler continuare la lotta come libero cittadino. Ma come un abile condottiere non viene abbandonato dai suoi più fedeli sostenitori.

Le sue dimissioni hanno innescato un effetto domino nel “parlamentino” che presiedeva: nelle stesse ore di mercoledì hanno lasciato il loro incarico anche Andrea Emiliani, già soprintendente a Bologna, e Andreina Ricci, docente di metodologia archeologica a Roma. Nel pomeriggio li hanno seguiti Mariella Guercio, presidente del comitato archivi, designata dall’assemblea di docenti universitari e personale tecnico-scientifico del ministero, e lo studioso d’arte e architettura Cesare De Seta. Lui, come Settis, Emiliani e Ricci, era stato nominato dall’ex ministro Rutelli e poi confermato da Bondi. Il Consiglio superiore conta 18 posti da consigliere. Riparte mercoledì 4 marzo alle 15 nella riunione che sarà introdotta dal vice presidenteAntonio Paolucci prima che Carandini prenda l’incarico. Il quale, in un’intervista al Giornale il 26 febbraio, si mostra in piena linea con la politica di Bondi. Giustifica i tagli. Mostra di aver accolto con benevolenza Mario Resca alla guida dei Musei Italiani. Ed è soprattutto aperto alla privatizzazione. “Fermo restando che la tutela dei beni debba rimanere assoluta competenza dello Stato, perché non utilizzare per la conoscenza e la valorizzazione anche i privati, gli enti locali e le università? E’ una pluralità di forze che, se ben concentrata, può dare risultati eccellenti”.

Andrea Carandini (foto di Mario Boccia)                                       Salvatore Settis    

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