ESTETICA DEL MITO
Andy Warhol, Michael Jackson, 1984, pigmento sintetico su tela,
76 x 66 cm, stampato in 2 esemplari
Jeff Koons, Michael Jackson and Bubbles, 1998,
porcellana, 106.68 cm x 179.07 cm x 82.55 cm
Paul McCarthy, Michael Jackson Fucked Up (Big Head), 2002, bronzo,
304.8 x 238.8 x 130.1 cm, edizione di 3 più prova d’artista
Mr. Brainwash (AKA Theirry Guetta), Life is beautiful
Nelson De La Nuez, Wicked Witch del West
Sotto l’aurea del mito il dramma della storia di un uomo. Gli è stato imposto dal padre, da bambino, di esibirsi e di diventare una macchina da soldi. E’ diventato un grande artista, con momenti di picco e tanti altri di declino. Si racconta del suo talento precoce nei Jackson Five. Dei suoi tanti e costosissimi interventi chirurgici per schiarirsi la pelle e addolcirsi i lineamenti, ma anche del riscatto che hanno avuto in lui tanti neri d’America. E’ stato accusato, secondo i più ingiustamente, di pedofilia, ma alla fine è emerso un individuo estremamente sensibile, infantile, filantropo, che aveva in Gesù Cristo il suo modello di vita. E in Neverland Park, che fece costruire per i bambini poveri, il suo mondo ideale. Il suo paradiso. La sua piramide. Il corpo scheletrico di quell’uomo che aveva perso i capelli e si nutriva di pillole è stato imbalsamato con la stessa cura che gli antichi egizi riservavano ai propri faraoni. La star-defunta si incarna con tanto clamore nella realtà perché è un prodotto di questa realtà, cioè della storia umana della seconda metà del XX secolo. Della cultura di massa e dell’industria mediatica in grado di costruire miti nell’immediato, nel presente. In passato passavano anni prima che il mito si consolidasse nell’immaginario collettivo. Anche secoli. Oggi si diventa feticci in meno di 30 anni di ribalta in una dimensione del tempo diventata il “prestissimo” nietzschiano.
Gli eroi restano eroi, cioè modelli e mediatori, di cui a interessare spesso non è il loro operato ma il loro stile di vita. Combinando in modo sempre più stretto e vario l’eccezionale e il consueto, l’ideale e il quotidiano, offrono all’identificazione dei punti d’appoggio sempre più realistici. Il rito si consuma al teatro, al cinema, allo stadio, nelle piazze dove migliaia di appassionati si riuniscono intorno alla loro celebrità di riferimento. O più comunemente in uno spazio domestico, di fronte al televisore, al lettore Mp3, allo schermo del proprio cellulare o del pc. Ma può anche consumarsi nei musei, nelle gallerie, nelle sale delle principali case d’asta internazionali. Nelle arti visive, soprattutto figurative, il mito entra spesso con forza. Il suo volto, simbolo del contingente. Icona postmoderna. La funzione spettacolarizzata dell’oggetto d’arte mostra le caratteristiche principali delle merci in un sistema capitalistico attraverso cui si opera, secondo il filosofo francese Baudrillard, un dissolvimento dell’oggetto in sé. L’oggetto artistico diventa simulacro da vendere al miglior offerente. Ciò che con la morte l’icona pop non potrà più difendere è, parafrasando Roland Barthes(1), il suo diritto politico di essere un soggetto. L’opera di Andy Wharol, Michael Jackson, proprietà di un collezionista privato newyorkese, sarà oggetto di disputa nell’asta della Vered Gallery of East Hampton di New York che si chiuderà il 12 luglio 2009. Si stima che il quadro potrebbe essere venduto per una cifra tra 1 e 10 milioni di dollari dei quali parte andrà in beneficenza. Il rito è compiuto.