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SE L’ARTE VA AL MERCATO

Certo le considerazioni critiche che potete leggere su ArsLife non le mandano a dire. La Curti tira dei cazzotti diretti senza mezzi termini, nel corso della sua attentissima e lucida analisi. Ma che può fare il direttore di un giornale che si sforza di essere libero e indipendente, se non scegliere la persona che lui reputa più preparata (come appunto è Cristiana per me) e lasciarle poi campo libero? Così ho fatto. Mentre scendevo le scale l’ho incontrata e con un cenno della mano a volto il pollice verso il basso guardandomi con aria interrogativa. Come volesse chiedere: “direttore che faccio?”. “Scrivi, le ho risposto. Quello che pensi e quello che vuoi”. Poi sono sceso per dare un’occhiata al nostro stand. Sì perché oltretutto pure noi di ArsLife quest’anno avevamo deciso di partecipare al MiArt. Quindi avevamo una doppia responsabilità.Ora ho aspettato quindici giorni per esprimere la mio personale opinione su questa manifestazione fieristica. Ho girato in lungo e in largo. Parlato con decine di mercanti italiani e stranieri. Soprattutto osservato con attenzione. Oltre al commento della nostra inviato durante i giorni di apertura abbiamo realizzato un servizio video raccogliendo alcune opinioni di mercanti, esperti e storici dell’arte. Lo potete vedere cliccando qui. Bene ma allora qual è il mio giudizio? Semplicissimo. Io credo che la piazza milanese resti il cuore dell’arte in Italia, specie sul fronte commerciale. Devo dire che mi sarei aspettato risultati inferiori. E invece ho visto molti acquisti e parlato con diversi mercanti che alla fine, tirando le somme, erano abbastanza soddisfatti.Cosa c’è allora che non va? Complessivamente l’organizzazione, la struttura, il personale insomma tutto l’insieme del baraccone MiArt fa acqua da tutte le parti. Certo, lo voglio dire molto chiaramente, non per colpa delle persone che lo dirigono. La Donatella Volontè ad esempio si è fatta in quattro, anzi in otto. Altri curatore e manager altrettanto. Ma è un po’ come se si mettesse in mano a un pilota sulla pista di Fiorano una Panda 4×4 chiedendogli di realizzare un tempo competitivo per la pista. Ditemi voi se è possibile gestire una fiera nel 2010 a Milano che non prevede la possibilità di avere internet con wi-fi. Ditemi se è possibile avere a che fare con personale che per cambiare un faretto ci mette ore e ore, con una fattura di almeno 80 euro più iva. Ditemi se era il caso di fare un allestimento così anacronistico con delle strutture standistiche che nemmeno si incontravano negli anni Ottanta. Ditemi se è il caso di organizzare l’incontro di alcuni decine di grandi collezionisti e poi portarli in pulmann a Torino per vedere la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Non credo. La piazza di Milano avrebbe bisogno di ben altri mezzi e intelligenze per gestire una fiera sull’arte moderna e contemporanea. Non tappezzare soltanto la città di striscioni e manifesti ma pianificare una campagna di promozione almeno in alcune città europee. Gestire la stampa in un modo meno organizzato e casuale. Formare il personale di servizio e la sicurezza sia agli ingressi che in alcuni punti informativi in modo che diano l’impressione (almeno) di essere preparati e cortesi. Dare soprattutto servizi di eccellenza a tutti quei mercanti che rischiano propri soldi e nemmeno pochi per parteciparvi. Piuttosto che regalare con improvvisazioni dell’ultimo minuto alcuni stand a gallerie estere famose. Persino i giri pre-elettorali della signora Letizia e del candidato vincente Formigoni sembravano organizzati e usciti da un film di Totò.

Non è questo che si merita Milano. Una grande metropoli con tante persone pronte a spendere ha bisogno di un’amministrazione in grado di credere e sostenere con il cuore iniziative culturali, ancora di più se legate allla sfera del commercio come appunto una fiera. Un ente fieristico serio non può soltanto servire da parcheggio a mezze figure politiche giunte chissà da dove, mentre alcuni manager migliori (probabilmente con appoggi sbiaditi) vengono silurati quattro mesi prima.  Insomma ogni anni si vocifera che il MiArt sta arrivando e che sarà la volta buona… Poi tutto come prima, peggio di prima.Mi inchino a tutte le gallerie che continuano a crederci. Mi stringo intorno al top management (striminzito e tagliato) che ci ha messo l’anima. Ma continuo a meravigliarmi che la fiera dell’arte milanese venga pensata e organizzata così. Come una sorta di obbligo in attesa del vero grande business: il salone del mobile. Chissà forse perché la nostra classe politica (governo e opposizione) è talmente incollata alle poltrone che non può che appassionarsi solo di questa fiera. Ahaha. Diventeranno sempre più ricchi. E ignoranti. Prosit.

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