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Davide Coltro alla 54esima Biennale di Venezia

Davide Coltro nasce a Verona nel 1967. Vive e lavora a Milano.

Davide Coltro invitato
alla 54 Biennale di Venezia, Padiglione Italia
 

L’inventore del quadro elettronico presente con Res_publica I,
opera monumentale “in progress” su cui passeranno più di mille paesaggi italiani

Un’installazione di 96 moduli elettronici che ricevono icone di paesaggio realizzate da Davide Coltro, durante i sei mesi di durata della Biennale Arte. Un modo di assistere al processo di costruzione di un’opera d’arte e insieme seguire la reale osservazione del Paese, esplorato dall’artista.Res_publica I, questo il nome dell’opera scelta per partecipare alla 54 Biennale d’arte di Venezia, nel Padiglione Italia, proporrà un flusso visivo secondo l’algoritmo deciso dall’artista: le sequenze di paesaggi muteranno da una visione cromatica caleidoscopica a un ordine cromatico che consente di percepire la bandiera italiana. La stessa bandiera resterà quindi in movimento per lo scorrere dei paesaggi come rispondendo per alcuni minuti alla sollecitazione di un “vento digitale”.

I 96 moduli riceveranno in remoto le immagini inviate dall’artista che compierà una vera e propria performance durante il tempo della Biennale, viaggiando per l’Italia e realizzando le icone digitali dei paesaggi. Anche durante la fase di trasmissione ogni modulo genererà continue “playlist randomizzate” in modo che nessun spettatore avrà mai la stessa visione dell’opera, anche se avesse a rivederla più volte.  “Vorrei che l’opera consentisse di costruirsi una visione autentica del nostro Paese e della sua bellezza paesaggistica attraverso un percorso contemplativo definibile anche come saggezza dell’osservare”. Ad una visione superficiale appare come un video o un light box, cosa che assolutamente non è. Il quadro elettronico, di cui Coltro può considerarsi l’inventore, è la tela del futuro, uno strumento dotato di apparato wireless per il controllo remoto da parte dell’artista, prerogativa di tutte le sue opere. 
L’opera in pratica muta sotto gli occhi dello spettatore, ricevendo le immagini da remoto mentre l’artista le crea. Una caratteristica che rende il lavoro di Coltro unico e innovativo anche nella relazione artista-fruitore.

Nel caso dell’opera presentata a Venezia, ogni singolo modulo o quadro elettronico misura 41 cm. di larghezza, 33 cm. di altezza e 15 di profondità. L’intera installazione ha un’altezza di 4 m. circa per una larghezza di 7 m. Ogni modulo è assemblato con componenti industriali ad altissima affidabilità su progetto dell’artista e sotto il suo diretto controllo.

Le icone di Coltro sono create con processi di pittura digitale a partire da fotografie da lui stesso scattate. La ricerca sul paesaggio dell’artista  ha precisi punti di riferimento nell’estetica del pittoralismo che, com’è noto, è un movimento che si forma a cavallo tra l’Ottocento ed il Novecento, all’interno della lunga battaglia che la fotografia ha dovuto affrontare per guadagnarsi una pari dignità con la pittura.
Con lo sviluppo delle tecnologie digitali sembra ora possibile riunire molte intuizioni sulla natura dell’immagine per esplorarne nuove prassi e nuove estetiche. 
La ricerca di Coltro lo proietta in avanti verso il concetto di “colore medio”, generato dagli elementi genetici comuni fra pittura e fotografia. 
Tutte le opere di Coltro che si rifanno al paesaggio, come quelle di RES_PUBLICA I hanno la denominazione comune di “Medium Color Landscape”

L’opera RES_PUBLICA I è stata realizzata con il supporto della galleria Gagliardi Art System di Torino, dal 6 all’8 maggio 2011 presente, con opere dello stesso Coltro, a “Roma. The road to Contemporary Art”, al MACRO Testaccio.

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Di seguito alcuni testi critici per un approfondimento

– Elena Forin  

In ogni attimo, diceva F. Nietsche, comincia l’essere, e per Davide Coltro questa sembra essere una verità costante del lavoro e della ricerca, anche quando crea un dialogo tra opere estremamente diverse tra loro.
Per questa mostra da Mark Wolfe, Coltro ha scelto di stabilire una relazione non solo tra due tipologie di lavoro, ma anche tra diversi sentimenti del tempo, e ha unito queste esperienze nell’incrocio tra identità specifiche e universali. Il centro nevralgico da cui tutto ha origine è il System, un quadro elettronico che raccoglie immagini digitali, e che l’artista ha inteso come un luogo di incontro tra la propria esperienza e quella del quadro classicamente inteso, ma anche come cellula genitrice da cui far scaturire le altre opere esposte. Dai System infatti, nasce una teoria circolare di ritratti su carta realizzati a partire da un processo relazionale diretto e assolutamente unico tra l’artista e il soggetto: Coltro ha scelto di fotocopiare i volti delle persone che ha incontrato, li ha raccolti in un archivio digitale che riversa parzialmente nel quadro elettronico, e ha successivamente deciso di stamparne alcuni, quasi a creare un documento cartaceo di quanto, in forma digitale, racconterà l’uomo del nostro tempo alle generazioni che verranno. Eppure, per quanto sia rilevante anche in termini storici, per Coltro questa documentazione è volta ad afferrare il riflesso di uno Zeitgeist che si ritrova in questi volti come matrice universale e classica dell’Essere. 

La circolarità a spirale dell’arte consente di riconoscere l’arte come langue e come parole (J. Kosuth).

 

Da quanto detto fino a ora, emerge che questo percorso tra digitale e cartaceo, non solo allontana da erronei percorsi che identificano l’opera di Coltro come un semplice utilizzo di medialità tecnologica, ma introduce anche alla profondità del suo rapporto tra il particolare (la “parole” di Kosuth) e l’universale (la “langue”), e alla circolarità che ha scelto come frutto di una meditazione sul senso dell’opera e dei suoi contenuti. Per questo, si diceva, il valore dei suoi ritratti va ben oltre la catalogazione di matrice Sanderiana, e va invece a catturare quegli elementi, che al di là delle singole particolarità di ciascuno, caratterizzano l’individuo come soggetto di una classicità che continua ad alimentarsi nel tempo.

Nulla è primo e tuttavia nulla è nuovo (R. Barthes)

 

Il fatto che il System garantisca la permanenza di questa ricerca al di là del tempo e oltre ogni idea di supporto, dipende dal fatto che l’immagine digitale esiste e vive come unità trasferibile. Davide Coltro afferma questa nuova verità introducendo un diverso concetto di unicità deducibile dal processo storico e al medesimo tempo in grado di mantenere una sua propria singolarità, e lo fa partendo da una accettazione del proprio ruolo e della propria responsabilità all’interno del processo creativo e divulgativo delle immagini.  Se da un lato infatti, la scelta di fotocopiare i volti degli individui fa riflettere sulla “verità” dei volti stessi come sistema di segni indipendente dall’artista, d’altro canto Coltro avverte il bisogno di documentare ciò che il visibile rende misteriosamente poco evidente, e si fa carico di conservarlo nelle sue opere per restituirlo non più come scansione documentativa, ma in quanto “corpo estetico” del tempo. Non solo infatti il System garantisce il perdurare di questi segni come simboli del nostro divenire, ma la percezione graduale delle singole stampe permette di ritrovare una consapevolezza concreta del proprio potenziale pittorico, rendendo definitivamente chiaro il senso e la responsabilità della pittura digitale di Davide Coltro nei confronti del presente e della più ampia dimensione del tempo.

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– Alessandro Carrer – Il quadro di sabbia

 

Nell’indistricabile mondo dei linguaggi dell’arte, il progetto/oggetto che va sotto il nome di Systems potrebbe essere definito un caso di “istituzione di codice” o, detto in termini piu’ generali, una forma di invenzione. Esistono almeno due tipi d’invenzione: la prima, più radicale, nasce ex nihilo, implica l’istituzione di un nuovo modello percettivo, l’immissione, nel mondo, di un oggetto significante i cui i destinatari non sono e non possono essere preparati alla sua comprensione; l’altra, più moderata, si inserisce in un continuum culturale preesistente capace di offrire gli strumenti necessari a decifrarne il senso.   Non so, a rigor di logica, se esistano o siano mai esistite invenzioni radicali: ogni nuovo prodotto della mano o della mente dell’uomo nasce stagliandosi su di un orizzonte epistemico precostituito che ne determina e ne rende possibile o comprensibile la funzione, il significato, l’uso; le invenzioni radicali assomigliano piuttosto a paradossali proposte teoriche necessarie alla nostra smania di trovare sempre un’origine ad ogni cosa, ad ogni linguaggio, ad ogni nuovo fenomeno culturale. D’altro canto, come suggerisce Umberto Eco, “ gli uomini istituiscono e riorganizzano di continuo i codici solo perché esistono codici precedenti. Nell’universo semiotico (culturale) non vi sono né eroi né profeti. Anche i profeti, per diventare veritieri, devono essere socialmente accettati: altrimenti sono falsi profeti.”
Definire Systems un caso d’invenzione moderata nel mondo dell’arte significa allora proporre un orizzonte storico-teorico a partire dal quale ci è dato capire ed analizzare il progetto di Davide Coltro, chiarendone potenzialità e portata; non a caso, questo oscuro e complesso “oggetto tecnoartistico” affonda, profonde, le sue radici nella storia della pittura, del quadro: prima di fulgere tra le labirintiche sinapsi creative del suo demiurgo, ha viaggiato a lungo nei corridoi del tempo. (Il suo demiurgo, prima di sentirlo fulgere tra le labirintiche sinapsi creative, deve aver viaggiato a lungo.) Era ad Anversa, nel 1550, ad osservare il lavoro di Pieter Aertsen, poi a Siviglia, settant’anni dopo, nello studio del giovane Velasquez. Intorno al 1630 contemplava le vanitas di Pieter Claesz, quasi certamente incontrò la pittura di Rembrant, e stringeva un forte legame con i temi ed i paradossi cari a Cornelius Norbertus Gijsbrechts alla fine del 1600. Due secoli più tardi, seguiva ancora attentamente lo sviluppo di quella che è stata definita “la linea analitica” dell’arte moderna. 
Ecco abbozzato un primo universo di fondo: Systems vive, o si rende possibile, almeno teoricamente, a partire dalla fondazione e dall’istituzione dell’odierna concezione di quadro; muove dal lavoro, riflessivo e metapittorico, – per l’ultimo secolo metalinguistico – di tutti gli artisti che hanno lavorato e discorso sul ruolo dell’immagine e sul suo statuto, definendo o re-inventando di volta in volta limiti, margini e potenzialità di rappresentazione. E nel margine, se si parla di iperframe, conviene fissare il punto di partenza: la cornice, per definizione, separa l’immagine da tutto ciò che immagine non è. Determina e circoscrive l’evento della raffigurazione, attribuisce potere significante alla struttura cromatica ed eidetica racchiusa al suo interno; crea, implicitamente, l’insanabile crepa con il “fuori cornice”, con il mondo reale, il mondo del non-arte. Ma a quale dei due mondi essa appartiene? Di solito è limbo, spazio di transizione, purgatorio dell’amante, l’attimo in cui lo spettatore decide, consapevole, di farsi trascinare nell’universo della rappresentazione cercandosi e riflettendosi nel proprio simulacro enunciativo interno all’immagine.  
“Systems”, al contrario, ri-assorbe l’area di valico, l’interstizio pieno di desiderio che separa la vista dalla contemplazione, per farne principio formale ed espressivo; carica di significato la cornice imbrigliandola indissolubilmente nella costruzione del senso dell’opera: come accadeva nelle prime nature morte di Pieter Aertsen che inglobavano, in un modo nuovo alla pittura, spazi e margini fino ad allora esclusi per farne motivo metapittorico, così il “quadro elettronico” di Coltro fonda il suo statuto sul potere paradigmatico di quella cornice tecnologica che impone attente riflessioni ed istituisce nuove pratiche di produzione e fruizione dell’opera d’arte. Certo, le costanti percettive necessarie a decifrare e comprendere il contenuto del quadro in sé e per sé, l’immagine digitale ricevuta, qui ed ora, dallo studio dell’artista, restano le stesse. La superficie continuerà ad avere un orientamento di lettura “classico”, suddivisa nelle categorie direzionali che muovono correttamente lo sguardo dell’osservatore; lo stesso per le componenti plastiche e cromatiche – tenendo ovviamente in debito conto le potenzialità addizionali pertinenti l’immagine digitale – , anche perché l’innovazione di Davide sta a monte della realizzazione: lo “spazio utopico” creato dall’artista, di cui è e resterà il solo responsabile, comincia al di qua della manifestazione del testo visivo, in quell’iperframe appeso a parete, il “sistema” che prescrive il codice capace di generare le diverse esecuzioni, le molteplici occorrenze concrete. L’errore da non commettere, tanto facile quanto aberrante, è scambiare Systems con il contenuto che in quel momento rivela.
Nel 1957, all’inaugurazione di una mostra alla galleria Colette Allendy di Parigi, Yves Klein lasciava una stanza interamente spoglia per “testimoniare la presenza della sensibilità pittorica al suo stato primario”: impastata alla provocazione, non è difficile riconoscere un’idea forte, che anche lo spazio possieda di per sé un immenso valore significante e la pratica dell’arte non si esaurisca al termine della creazione tout court; il “contenitore” dell’opera fa parte dell’opera stessa, ne costituisce un tratto distintivo e può agevolmente essere manipolato dall’artista, mutato in elemento sensibile, attivo, interlocutore mirato o strumento di sovracodifica, innesto per nuovi giochi semantici. Così il “quadro elettronico”, protesi inesauribile del fare artistico, diventa un modo per riflettere sulla relazione tra opera, esperienza fruitiva e contesto di presentazione; marca, implicitamente, l’urgenza di una maggiore apertura verso la vita sociale delle opere d’arte declinando le molteplici forme e desinenze dell’estetica relazionale. 
Lontano dalla segregazione cui il mito dell’artista costringe, ed immune al virus della moda, Davide Coltro cerca, senza tregua, il rapporto diretto con l’osservatore, ma un rapporto che sia durativo, non compromesso dalla fuggevolezza dello sguardo: l’immagine ricevuta dall’iperframe è stabile ma transitoria, vive nella permanenza dell’ossimoro; anche se molto lentamente, muta, passa, dissolve in un’altra: quando, come e dove, non sempre e’ dato saperlo, talvolta rimane informazione di proprietà esclusiva dell’artista. A chi possiede un quadro elettronico tocca, inesorabilmente, rinunciare alla distinzione tra tempo storico e tempo soggettivo: il possesso, questa volta, non genera libertà ma legame, deautomatizza i meccanismi del sistema dell’arte perché l’opera non può e non deve, come un’assurda verità, cristallizzarsi negli occhi di chi guarda, sta invece nel filo rosso che congiunge il demiurgo con il suo pubblico, per una volta senza intermezzi. Partecipare ad una mostra in cui sono presentati diversi Systems, potrebbe implicare la presenza a diverse mostre differenti, e non necessariamente ci sarebbe concesso sapere se l’opera inviata all’ipercornice appartiene a Davide o ad un altro artista: il connubio tra l’invenzione e l’uso del digitale cagiona innumerevoli possibilità; il “quadro elettronico” è una forma aperta, non ha un limite fisico o un’articolazione fissa; può, di volta in volta, manifestare nuovi lavori, nuovi sintagmi, nuove strutture autoriali. Non è necessario sterrare fino al fondo per giungere alla matrice, sprofondando inesorabilmente nel fango del codice binario, imprigionarsi nella complessità del linguaggio della macchina per appropriarsi del senso del modo di produzione tecnologico. 
Da un lato l’immagine, l’opera d’arte digitale – alla luce delle pratiche artistiche che da tempo ne fanno uso e della New Media Art – è diventata, per i suoi tratti immanenti, simbolo di condivisione, democrazia artistica, immortalità: essa permane ai frangenti del tempo, vanitas della materia ed immutabilità della virtus – della sua facoltà di comunicare – , non dipende dallo spazio fisico perché non ha sostanza, è agevolmente trasmissibile e può essere riprodotta infinite volte. Dall’altro Systems, re-invenzione del quadro, non smette i panni della Storia ma li elabora e li analizza, apre a nuove strutture del fare e del vedere artistico senza rinunciare all’unicità, all’irripetibilità dell’opera: nel manifestarsi, libera dal tempo e dal desiderio dell’osservatore ma avvinta, indissolubile, alla volontà del suo creatore e all’hic et nunc dell’evento, l’immagine ricevuta dall’iperframe resta avvolta nell’aura, “ apparizione unica di una lontananza. Seguire, in un pomeriggio d’estate, una catena di monti all’orizzonte oppure un ramo che getta la sua ombra sopra colui che riposa, ciò significa respirare l’aura di quelle montagne, di quel ramo”. 
Nel saggio sulla riproducibilità dell’opera d’arte, da cui è tratta la definizione di aura, Walter Benjamin si vedeva costretto in una dicotomia irrisolvibile; non riusciva a districarsi – anzi, non poteva – nella scelta a due termini, entrambi di segno positivo, tra la difesa del carattere “sacrale”, magico ed unico che si fonde con la creazione dell’opera marcandone il valore, e la necessità di una più forte democratizzazione dell’arte, riflesso dell’inevitabile allargamento nella richiesta di “beni culturali” la cui contropartita è, però, la “perdita dell’aura”. L’invenzione di Davide Coltro tenta, in chiave contemporanea, di risolvere quella dicotomia, cerca la conciliazione tra termini opposti nella categoria del fare arte, istituisce un medium, un sistema in divenire sorretto da proprie regole che, senza rinunciare all’anelito dell’irripetibile, si attiva solo grazie all’icona dell’arte libera e condivisibile – o meglio detto, un po’ più libera ed un po’ più condivisibile – , l’immagine digitale.
Oggi a far brillare gli iperframe è la serie dei Medium Color Landscapes.  Domani chissà. Il progetto di Davide ha il dono di poter essere ovunque in qualsiasi momento; e se e’ vero che  figurativita’ ed astrazione  sono soltanto i due contrari che tessono la trama del “rappresentabile”, allora il codice di Systems è schiuso a mondi possibili, alle innumerevoli combinazioni e ricombinazioni generate dal genio del suo architetto. Borges, ingordo bibliofilo, racconta in uno dei suoi universi paralleli di avere acquistato da uno sconosciuto che bussa un giorno alla sua porta il libro di sabbia, il Libro dei libri, il libro il cui numero di pagine è “esattamente infinito”. Nessuna è la prima e nessuna è l’ultima, numerate casualmente forse per suggerire che i termini di una serie arbitraria ed illimitata ammettono qualsiasi numero. Il libro di sabbia, che non ha inizio né fine, è racchiuso in una “normale” copertina e rilegato in tela; esso non contiene alcun testo ma li contiene tutti, contiene anche la langue, il codice, per generare ogni lingua possibile ritagliandola direttamente dalla materia dell’espressione. E’ un sistema aperto, biblioteca babelica che aggrega e federa ogni sapere, fluidifica e mescola ogni reciproco riferimento facendo di ogni testo, come avrebbe voluto Barthes, molteplici testi. Systems è almeno un pugno di quella sabbia.

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-Estratto dal testo critico di Mimmo di Marzio “ Viventi”

C’è un che di alchemico, di trasmutante nel processo messo in atto dall’artista che, nel ciclo dei “Viventi”, fotografa l’uomo con la macchina fotocopiatrice fino ad ascendere, attraverso sequenze di immagini complementari, all’altra dimensione, quella dell’assoluto e dell’impercettibile. Coltro fotografa “anime” ma al contempo sembra voler porre sè stesso in un ruolo totalmente mediatico (o medianico). La sua folla di viventi sembra comporsi di personaggi in cerca

 

-Estratto dal testo critico di  Luca Beatrice ”Slow Motion“

…. Coltro “trasforma la fruizione tradizionale sincronica di un’opera a parete o comunque statica, in una successiva fruizione diacronica che preveda lo sfondamento temporale…”

 

-Estratto dal testo critico di Ivan Quaroni  “ La costruzione delle bellezza “

“La sua indagine iconografica, si colloca piuttosto nel filone del paesaggio classico, lungo un percorso che recupera le tradizionali coordinate di armonia ed equilibrio, per favorire l’afflato più fecondo dell’arte. In un’epoca in cui la pars destruens tende troppo spesso a soffocare le istanze più positive della ricerca, Coltro ha forse sentito la necessità di gettare le basi di un nuovo linguaggio, in grado di riflettere – sia pure attraverso la mediazione delle tecnologie digitali – i valori più alti e immutabili dell’uomo…”

 

-Estratto dal testo critico di  Maurizio Sciaccaluga  “ Un database d’emozioni”

“…la ricerca di Davide Coltro, esponente più che originale della nuova scuola artistica italiana, è basata su tre assunti fondamentalmente sovversivi, radicalmente contraddittori con quanto portato avanti di recente, in fatto di tecnica e di sviluppi formali, dal mondo della figurazione. Semplice come idea, pericolosa per il concetto antico di pittura – che però l’artista non rinnega mai, anzi sviluppa in una serie di citazioni e analisi indirizzati alla riproposizione contemporanea dell’ideale seicentesco di gruppo e di paesaggio, di ombra e di luce – la serie dei System strazia e sovverte il rapporto radicato tra collezionista e quadro…”

-Estratto dal testo critico di Alessandro Carrer  “ Il quadro di sabbia “

“…Davide Coltro cerca, senza tregua, il rapporto diretto con l’osservatore, ma un rapporto che sia durativo, non compromesso dalla fuggevolezza dello sguardo: l’immagine ricevuta dall’iperframe è stabile ma transitoria, vive nella permanenza dell’ossimoro; anche se molto lentamente, muta, passa, dissolve in un’altra: quando, come e dove, non sempre e’ dato saperlo…”

 

-Estratto del testo critico di Chiara Canali   “ l’invenzione del quadro elettronico “

“… Davide Coltro è una figura nuova che assume i dispositivi dei new media come dato fondamentale della propria attività non solamente dal punto di vista linguistico, bensì anche dal lato semantico, e può a ragione essere considerato, con i suoi System, l’inventore del quadro elettronico. Ciò che connota questo progetto è l’idea che l’artista sia autore di un “potenziale estetico” che viene trasmesso all’umanità attraverso una connessione, trasformandosi in un “flusso” che alimenta le opere stesse all’interno di un rapporto di fruizione totalmente innovativo. Artista della contemporaneità, Davide Coltro considera come opera le icone digitali che crea utilizzando tutte le tecniche della fotografia e della pittura …”

 

-Estratto dal testo di Michele Dolz  “ Res_publica I “ 
Nell’accozzaglia del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia il visitatore non faticherà a distinguere l’enorme e sorprendente opera di Davide Coltro: quasi un centinaio di monitor che mandano a mosaico paesaggi italiani. Le immagini sono lavorate a tonalità unica – colore medio, lo chiama l’autore – e assai diversa in modo che l’effetto dell’imponente parete elettronica è una rotazione caleidoscopica con luminosità da vetrata. È un’Italia pulsante, vista da un occhio innamorato che mescola il giorno alla notte, la passione alla calma. Dai rossi forti ai gialli, ai verdi, alle infinite tonalità di grigio. Il visitatore contempla quest’onda d’immagini senza riuscire mai a impadronirsene, e quando meno se l’aspetta i colori cambiano e si dispongono ordinatamente in una larga colonna verde, una bianca e una rossa. La bandiera italiana, e la mente va al 150° che stiamo celebrando. Sommessamente, non c’è retorica, è come se quest’opera che emana bellezza su bellezza conoscesse le contraddizioni del Paese che la anima. Si chiama Res¬_Publica.

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Mostre Personali  selezionate

2010 – Living Shrouds – Mark Wolf Contemporary Art – San Francisco – a cura di Silvia Girardi – testo critico di Elena Forin

2009 – Palazzo della Rosa Prati – Parma – curatore Chiara Canali

2007 – Medium Color Landscapes – Galleria Planetario –Trieste – curatore Livio Radin

2006 – Systems – Mark Wolfe Contemporary Art – San Francisco – curatore Alessandro Carrer

2005 – System – Galleria La Giarina – Verona – curatore Maurizio Sciaccaluga

2005 – System – Galleria Gas Gallery – Torino – curatore Luca Beatrice

2003 – Misteri – Galleria San Salvatore – Modena – curatore Gianluca Marziani

2003 – Misteri – Zonca & Zonca – Milano – curatore Mimmo Di Marzio

2003 – Misteri – Galleria La Giarina – Verona – curatore Camilla Bertoni

2002 – Censimento dei  Viventi – Spazio Obraz – Milano – curatore Mimmo Di Marzio

2001 – Censimento dei  Viventi – Magazzini Generali – Verona – curatore Camilla Bertoni

2001 – Censimento dei  Viventi – Young Museum – Mantova – curatore Luigi Meneghelli

Mostre Collettive selezionate

2001 – Arteractive, Arte Interattività e Reti Sociali – Urban Center – Milano

2011 –  Percorsi riscoperti dell’arte italiana nella VAF-Stiftung 1947/2010 – MART di Rovereto a cura di Gabriella Belli e Daniela Ferrari

2011 – Ritratti Imperfetti –  GAM di Palazzo Forti – Verona  – a cura di Patrizia Nuzzo

2011 – VETO – Gagliardi Art System – Torino a cura di Pietro Gagliardi

2011  – BIENNALE DI VENEZIA – Padiglione Italia  – a cura di Vittorio Sgarbi

2011 – III Edizione  Premio Maretti  – Centro per l’Arte contemporanea Luigi Pecci –  Prato 

2011 – ETAGI Loft Project – San Pietroburgo a cura di Marisa Vescovo e Alessandro Carrer

2011 – 800 versus ‘900. Tra passato e presente – MART di Rovereto – Museo di arte moderna e contemporanea – a cura di Gabriella Belli in collaborazione con Alessandra Tiddia

2011 – VIII Invisibilia – Galleria d’arte Moderna Palazzo Forti – Verona – 

2010 – Bye Bye Vittorio! – Gagliardi Art System – Torino a cura di Pietro Gagliardi

2010 – Ritratti Italiani a cura di Vittorio Sgarbi – Galleria d’Arte Moderna Aroldo Bonzani –Cento (FE)

2010 – Quershnitt3 – Gagliardi Art System – Torino a cura di Pietro Gagliardi

2010 – Sconnessione – La Giarina Arte Contemporanea – Verona a cura di Cristina Morato

2010 – IT Today Art italiana – Istituto Italiano di Cultura San Francisco 

2010 – Living Shrouds – Fondazione Durini – Milano a cura di Edward Lucie Smith

2010 – Digital Brains – Artandgallery – Milano a cura di Alessandro Trabucco

2009 – Collectors’ Choice II – Museo ZKM – Karlrsuhe – Germania – a cura di Andreas F. Beitin

2009 – L’Anima dell’acqua – Palazzo della Ca’ D’oro – Venezia – 53° Biennale –  a cura di Angelo Crespi, Elena Fontanella

2009 – Good Luch, Miha – Gagliardi Art System – Torino

2009 – Rolly Days – Palazzo di Tobia Pallavicino – Comune di Genova in collaborazione con l’ Assessorato all’innovazione dei Saperi e Direzione Musei

2009 – NoLand-scape  “La sparizione del paesaggio “ Fondazione Bandera per l’arte – Busto Arsizio (VA) – testo in catalogo di Luca Beatrice

2009 – Skin Life – Ggliardi Art System – Torino a cura di Pietro Gagliardi

2008 – ” Work in Progress ” – Galleria La Giarina – Verona a cura di Elena Forin

2008 – Storytellers – Gagliardi Art System – Torino a cura di Pietro Gagliardi

2008 – <<Qui Vive?>> – Museum of Modern Art – Mosca – a cura di Daria Pyrkina

2008 – L’Ottavo Clima – La Torneria – Milano – a cura di Chiara Canali

2008 – Group shows – New York – Leila Taghinia-Milani Heller Gallery

2008 – III° Premio Agenore Fabbri – Stadtgalerie, Kiel/ Kunstlerhaus, Graz –  Fondazione VAF

2008 – Overview – Valmadrera – Lecco – curatore di Ivan Quaroni

2007 – III° Premio Agenore Fabbri – Museo della Permanente – Milano –  Fondazione VAF

2007 – Premio Fabbri per l’Arte II Edizione – Fondazione del Monte – Bologna

2007 – Art Of Digital Show – San Diego – curatore Steven Churchill

2007 – To be Continued –  Fabbrica Borroni (Bollate) – curatrice Chiara Canali

2007 – Il treno dell’Arte.Museo per un giorno – curatori  Arisi, Beatrice, Canali, Sgarbi,Trombadori

2007 – Natura : Morte e Resurrezione – GCAM –Spoleto –curatore Marisa Vescovo

2006 – Realismo Magico – Palazzo della Ragione – Mantova – curatore Edward Lucie Smith

2006 – Anima Digitale – Fortezza da Basso – Firenze – curatore Valerio Dehò

2006 – Etnie – Palazzo Durini – Milano – curatore Alessandro Riva

2006 – Querschnitt 2– Gagliardi Art System – Torino – curatore Pietro Gagliardi

2006 – Ars in Fabula – Palazzo Pretorio – Certaldo – curatore Maurizio Sciaccaluga

2006 – Italian Details – Galleria La Giarina – Verona – curatore Cristina Morato

2006 – L’Infinito dentro lo sguardo – Palazzo Forti – Verona – curatore Giorgio Cortenova

2006 – Natura e Metamorfosi – Shanghai e Pechino – curatore Marisa Vescovo

2006 – L’Ultima Domanda – Refresh Project – Seregno – curatore Maurizio Sciaccaluga

2005 – Disegnitudine – Galleria La Giarina – Verona – curatore Fiammetta Strigoli

2005 – The Shadow Line – Galleria San Salvatore – Modena – curatore Ivan Quaroni

2005 – Padiglione Italia – Trevi Flash Art Museum – Trevi – 11 curatori italiani

2005 – Refresh – Galleria Civica Ezio Mariani – Seregno – curatore Ivan Quaroni

2004 – Finale V Premio Cairo – Palazzo della Permanente – Milano – Arte Mondadori

2004 – Q13 Building – Galleria Contemparanea – Mestre – curatore Alberto Zanchetta

2004 – B.T.T.B. – Obraz – Milano – curatori Ivan Quaroni, Norma Mangione, Stefano Castelli

2004 – I NeoContemporanei – Galleria La Giarina – Verona – curatore Edoardo Di Mauro

2004 – Femme Fatale – Zonca & Zonca – Milano – curatore Luca Beatrice

2004 – Normal Life – Art and Gallery – Milano – curatore Manuela Gandini

2004 – XIV Quadriennale Anteprima – Palazzo Promotrice delle Belle Arti – Torino

2003 – CittàZioni – Palazzo Anagrafe – Milano – curatore Mimmo Di Marzio

2003 – Imago Mentis – Galleria La Giarina – Verona – curatore Gabriele Perretta

2003 – Forever Young – My Collection – Verona – curatore Mimmo Di Marzio

2003 – Imago Mentis – Galleria Romberg – Latina – curatore Gabriele Perretta

Lavori in collezioni pubbliche

2009 – MART – Museo di Arte Contemporanea di Trento e Rovereto -Italy

2008 – VAF STIFTUNG – Francoforte -Germany

2007 – CIMAC – Museo Arte Contemporanea – Milano – Italy

2006 – Palazzo Forti – collezione permanente – Verona – Italy

2006 – Unicredit  – collezione arte contemporanea – Italy

2005 – Galleria Civica Ezio Mariani – Seregno – Italy

2004 – M.A.C.I. – Isernia – Italy

2002 – Collezione Panza di Biumo – Italy

2001 – Young Museum – Mantova – Italy

Fiere d’arte

2011 – SCOPE BASEL – Gagliardi Art System – Torino

2011 – SWAB – Barcelona  – Gagliardi Arts System – Torino

2011 – ROMA – The Road to Contemporary Art – Gagliardi Arts System – Torino

2011 – ARTE FIERA BOLOGNA –  Gagliardi Art System – Torino

2010 – ART(VERONA 10- La Giarina Arte Contemporanea

2010 – SCOPE BASEL ART SHOW – Gagliardi Art System – Torino

2010 – ARTE FIERA BOLOGNA –  Gagliardi Art System – Torino

2009 – ART(VERONA 09 – Gagliardi Art System – La Giarina Arte Contemporanea

2009 – ARTE FIERA BOLOGNA –  Gagliardi Art System – Torino

2008 – RED DOT ART FAIR – New York – Mark Wolf Contemporary Art

2008 – ART(VERONA 08 – La Giarina Arte Contemporanea

2007 – TH ART OF DIGITAL SHOW – San Francisco – Mark Wolf Contemporary Art

2007 – ART(VERONA 07 – La Giarina Arte – Gagliardi Art System – Galleria Planetario

2007 – MIART 2007 – Milano – Studio Legale

2007 – BRIDGE ART FAIR MIAMI 07 – Mark Wolf Contemporary Art

2007 – BRIDGE ART FAIR CHICAGO 07 – Mark Wolf Contemporary Art

2006 – ART(VERONA 06 – La Giarina Arte – Gagliardi Art System – Galleria Planetario

2006 – ARTISSIMA 13 – Torino – Gagliardi Art System 

2006 – MIART 2006 – Milano – Galleria Planetario

2005 – BOLOGNA FLASH ART SHOW – Gagliardi Art System

2005 – ART(VERONA 05 – La Giarina Arte Contemporanea Verona

2004 – ARTE FIERA ART FIRST BOLOGNA – Zonca & Zonca – La Giarina Arte

2003 – ARTE FIERA ART FIRST  BOLOGNA – La Giarina Arte

2003 – ARTISSIMA 8 – Torino – Zonca & Zonca

2003 – FIAC PARIS 2003 – Zonca & Zonca

2003 – ART BRUSSELLS 23 ™ CONTEMPORARY ART FAIR – Zonca & Zonca

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