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Intervista a Chiara Badinella e Fabrizio Affronti

A Milano, da circa un anno, è nata una nuova galleria nonché polo culturale. Stiamo parlando della Brand New Gallery, gestita da due padroni di casa giovani, acculturati e molto sensibili a tutto ciò che riguarda l’arte contemporanea e non solo. Arslife ha intervistato Chiara Badinella e Fabrizio Affronti, i quali ci hanno raccontato come una grande passione possa diventare un lavoro a tempo pieno anche in tempi di crisi come questi, in un paese dove oltretutto l’arte contemporanea sembra fare ancora un po’ paura

Come è nata la Brand New Gallery e come è avvenuto il vostro incontro?
Chiara: Io e Fabrizio ci conosciamo da dodici anni e ci siamo incontrati all’Università. Io sono di Genova, lui è di Savona. Abbiamo studiato entrambi all’Università di Genova, io ero specializzata in arte contemporanea, lui in arte antica. In lui poi è nata la passione per l’arte contemporanea, ha iniziato anche a collezionare e così abbiamo cominciato insieme a visitare mostre, gallerie, fiere. Siamo entrati nel vero e proprio mercato dell’arte. Poi ho lavorato come direttrice per una galleria, ho fatto un  master da Sotheby’s a Londra. Era un po’ il sogno di entrambi aprire una galleria. Abbiamo pensato che tipo di artisti ci sarebbe piaciuto far esporre in un nostro ipotetico spazio. Abbiamo impiegato un anno per trovare questo posto e alla fine siamo riusciti a realizzare questo sogno.
Fabrizio: All’università sì, lei faceva medievale e poi è passata al contemporaneo. Io volevo specializzarmi in pittura del seicento genovese, perché i miei genitori sono collezionisti di questo tipo di arte. Il mio sogno era quindi diventare un esperto in questo settore. Ho fatto la tesi ecc. ma poi mi sono interessato molto di più al contemporaneo.
Fabrizio, come mai sei passato dall’amore per l’antico al contemporaneo?
In modo abbastanza naturale. Mi sono appassionato al lavoro di Alighiero Boetti, che era una cosa completamente diversa dal mondo antico. All’inizio infatti non amavo molto i pittori contemporanei. Mi ero molto appassionato all’arte povera. Era un mondo completamente diverso che mi ha affascinato. Però non ho mai visto una contrapposizione tra antico e contemporaneo, penso che siano due realtà che possano convivere tra di loro. L’arte contemporanea è la continuazione dell’arte antica, perché quello che oggi è moderno poi diventerà antico anch’esso. Spesso quelli del contemporaneo guardano all’antico come qualcosa fatto milioni di anni fa, mentre quelli che si occupano di antico guardano al contemporaneo davvero con difficoltà e spesso si buttano sul contemporaneo di terza scelta. Forse perché oggigiorno non si usa più molto l’occhio e si rimane chiusi in certi preconcetti.
Voi vi descrivete anche come polo culturale, non solo come spazio espositivo..
Chiara: Intanto è iniziata da subito l’intenzione di pubblicare anche un catalogo per ogni mostra con testo critico, in modo da lasciare qualcosa che potesse esistere dopo l’evento e per collaborare con critici e curatori anche a livello internazionale. Volevamo proporre all’Italia un panorama internazionale mai visto, per entrare in una certa fetta di mercato ma anche per proporre un nuovo panorama a livello culturale.
Come mai la scelta di rischiare, di puntare sul contemporaneo? Anche Milano stessa a volte sembra ancora spaventata da questo mondo, non trovate?
Chiara:
Fondamentalmente ci ha spinto una grande passione. Abbiamo osato perché credevamo nel progetto..
Fabrizio: Non è rischioso però bisogna saper distinguere la buona qualità dalla bassa qualità. Molti collezionisti dovrebbero imparare a leggere i curriculum degli artisti. E’ una cosa che spesso in Italia è un optional. A Milano poi c’è un a buona offerta per tutti i gusti. Noi abbiamo cercato di colmare alcune lacune che indubbiamente Milano ha. Per esempio la mostra su Shinique Smith..non penso che altre gallerie l’avrebbero mai proposta anche se lei ha un curriculum incredibile a livello museale. Molte gallerie italiane non rischiano, noi abbiamo osato fin dall’inizio.
E il riscontro come è stato?
Chiara:
E’ stato positivo, ma noi siamo molto seguiti all’estero. Abbiamo una buona base di collaborazione con gallerie internazionali e anche a livello di collezionismo siamo seguiti all’estero. Nel nostro piccolo abbiamo voluto portare qualcosa di realmente innovativo a Milano.
Come scegliete gli artisti da far esporre presso questo spazio?
Chiara:
Decidiamo insieme, i nostri gusti ormai si incontrano molto dato che ci conosciamo da così tanti anni. E’ una scelta che prendiamo in comune. Alcuni sono artisti che seguivamo già da molti anni e che ammiravamo già in precedenza, come Anton Henning, un artista con un curriculum museale molto importante, mai esposto in Italia. Come Shinique Smith, molto conosciuta in America e qui è quasi sconosciuta.
Fabrizio: Ci basiamo su tanti criteri. A volte conosciamo già il lavoro di certi artisti, ci basiamo sulla qualità, il curriculum e poi influisce un po’ il gusto personale. Però c’è sempre una certa selezione prima di decidere di lavorare con un artista..
Secondo voi cosa manca a Milano per crescere culturalmente sotto l’aspetto contemporaneo?
Chiara:
Sicuramente un museo di arte contemporanea, che ormai sembra un’utopia. In Italia Milano è la città che vanta il più grande numero di galleria, molto aperte a livello internazionale. Torino ha invece molti più musei. Certamente questa è una grande lacuna per la città lombarda..
Cosa ne pensate del valore commerciale di un’opera? Come si decide secondo voi il prezzo di un dipinto o di una foto?
Chiara:
Noi cerchiamo sempre di scegliere artisti con un curriculum internazionale importante, almeno esistente. Spesso si vedono alle aste giovani artisti le cui quotazioni salgono a livelli stratosferici ma che poi non sono supportati da un museo o quant’altro. Ci basiamo molto sulla qualità dell’opera, non seguiamo molto i trend del mercato che poi si rivelano pericolosi per le gallerie e per gli artisti stessi. Specialmente quando sono molto giovani, perché quando raggiungono certi prezzi nel giro di poco è difficile poi che mantengano una certa qualità. Alcuni addirittura arrivano ad esporre nei musei dopo aver raggiunto certe quotazioni d’asta. Un operazione al contrario. Bisogna poi vedere se si riesce a mantenere nel tempo l’importanza dell’artista.
Fabrizio: Si decide dal curriculum che ha un artista, dalla qualità del lavoro, anche dal livello di gallerie, musei, collezionisti che lo hanno acquistato. Quella dell’artista deve essere una salita lenta verso il successo. Certi giovani che hanno un momento di boom, con i prezzi che salgono alle stelle, poi rischiano molto. E’ pericoloso. Non ci si deve basare sui risultati delle aste perché spesso sono i galleristi stessi a spingerli, a cercare di far salire le loro quotazioni. A volte si fanno delle vere e proprie operazioni di mercato spudorate. Certi collezionisti italiani comprano per moda, perché magari un’opera ha raggiunto un tot all’asta, non perché apprezzano il lavoro di un certo artista. In Italia però ci sono anche un sacco di collezionisti seri che seguono il mercato, che non sono così “modaioli”. Secondo me il tempo è il grande giudice. Vedremo tra dieci anni chi sarà rimasto e chi avrà ancora successo.
Che esposizione avete al momento presso il vostro spazio? Avete anche qualche anticipazione da darci?
Chiara: Al momento abbiamo due personali, Shinique Smith, un’artista afroamericana che vive a Brooklyn e che ha già esposto per esempio al MOCA di Miami e che ha avuto importanti retrospettive in musei americani. Lei viene anche dal mondo dei graffiti, fino alla calligrafia giapponese, che si evidenzia in queste forme sinuose, sempre presenti nei suoi dipinti. Questa è la sua prima personale in Italia. Nel secondo spazio invece abbiamo una mostra di Zsolt Bodoni, nato in Romania ma da famiglia ungherese che ora vive e lavora a Budapest. Lui invece propone un’atmosfera decisamente più cupa, in cui ci sono dei rimandi ai grandi capolavori della storia dell’arte antica, con elementi contemporanei che rimandano invece al passato violento della su terra. Ci sono rimandi alla guerra molto forti.
Fabrizio: le due mostre sono completamente diverse. Nel lavoro di Smith c’è un grande riciclaggio di materiali, che è una critica al consumismo, e anche l’idea di tramutare  in bellezza stracci, stoffe, e oggetti non pregiati per creare una bellezza nell’arte ma con una forte critica alla società contemporanea. A Gennaio avremo la prima personale europea di un artista inglese che però vive a Los Angeles che si chiama Antony James. Lui fa delle sculture abbastanza spericolate, dei cubi di acciaio e vetro con dentro dei tronchi di betulla. E’ molto famoso per una sua scultura dal nome “Kalòs Thanatos”, dove aveva distrutto la sua Ferrari come sacrificio agli dei in un bosco di betulle, come facevano gli antichi. Lui a trent’anni era riuscito a realizzare il suo sogno di comprarsi una Ferrari e a trentatre anni, come scelta artistica, decise di distruggerla e di trasformarla in opera d’arte. Fa molti riferimenti alla morte e all’idea del sacrificio. Il suo prossimo progetto lo presenterà a fine anno a New York. Ha comprato tre aerei russi da guerra che dividerà in sezioni mettendole in grandi teche e saranno un po’ il simbolo di una guerra trasformato in feticcio immortale dentro queste teche. Ad Aprile invece avremo la mostra del nostro unico artista italiano che è Alessandro Roma. A lui dedicheremo tutto lo spazio. Sta preparando una serie di grandi collage su tavola e tela e una serie di nuove sculture. Lui ha esposto recentemente al Mart di Rovereto. Sarà un po’ il suo ritorno a Milano, perché era da quattro anni che non esponeva qui.
Come mai avete deciso di puntare poco su artisti italiani?
Chiara: La nostra idea iniziale era di far esporre solo artisti internazionali che non avessero mai esposto in Italia. Poi con Alessandro Roma abbiamo deciso di non limitarci e di focalizzare le nostre forze su un unico artista, promuovendo il suo lavoro anche all’estero, per lavorare al meglio. Non escludiamo di poterci ancora occupare di artisti italiani in futuro.
Il vostro tipo di pubblico e clientela? A parte gli addetti ai lavori?
Fabrizio
: Diversissimo.
Chiara: Abbiamo un pubblico molto variegato. Persone che già conoscevano il lavoro degli artisti o altri che proprio non sapevano minimamente chi fossero.

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