Print Friendly and PDF

Chiude il Madre, opere in fuga

Tutti a casa, a cominciare da una trentina di giovani dipendenti per i quali partiranno le lettere di licenziamento. Cancellate tutte le iniziative in programma, la parola fine sembra già scritta per una delle esperienze più controverse della recente storia artistica napoletana: il Museo MADRE.
E la domanda sorge spontanea: Che cosa è successo?

La Regione, unico ente di riferimento del Madre, fondato da Eduardo Cicelyn che di fatto è stato licenziato (c’è stata la risoluzione del rapporto, ma lui resterà al suo posto fino a ottobre, quando ci sarà il concorso per il nuovo direttore), ha messo in bilancio per le attività e la gestione del museo un milione di euro. Il Cda non ha quindi potuto approvare il proprio bilancio preventivo per il 2012 che garantisce i contratti. La gestione minima dei servizi che consentono al Madre di restare aperto, (senza nessuna attività espositiva) è, secondo i tariffari regionali, di un milione e mezzo di euro.

Senza contare le utenze mensili, le assicurazioni, gli stipendi dei dipendenti e dello stesso cda. Scabec vanta crediti dalla Fondazione (e quindi dalla Regione) per 8 milioni e il grosso deve andare proprio nelle casse di Electa e Pierreci, quest’ultima si occupa della biglietteria, dell’assistenza nelle sale, del bar e della ristorazione, mentre alla prima è affidata la gestione del bookshop, della collezione permanente e delle mostre. Le due lettere sono molto più di un ultimatum.

Cominciata la fuga degli artisti che non intendono tenere più le proprie opere e installazioni esposte nel museo. A cominciare da Jannis Kounellis che, proprio nei giorni scorsi, ha chiesto ufficialmente la restituzione di cinque pezzi affidati in prestito. Per il maestro greco-italiano, per il benservito che la Regione ha dato a Cicelyn, è venuto a mancare un rapporto di fiducia personale con il Museo. La richiesta rischia di diventare una valanga che svuoterà le stanze del palazzo dell’arte contemporanea. Circa 70 le opere che rischiano di partire per un’altra destinazione. Perché, oltre alle richieste di restituzione, ci sono le vertenze annunciate da chi ha donato i propri capolavori e ora si sente meno tutelato, come Paladino, Clemente e Kapoor.

Mercoledì scorso un concitato incontro-dibattito significativamente intitolato: “…Dopo il danno la beffa”, che si è svolto negli spazi della galleria Alfonso Artiaco. All’appello hanno risposto oltre cinquanta addetti, tra gli altri Maria Pia Incutti della Fondazione Plart che non lesina critiche: “Credo che siamo tutti d’accordo nel riconoscere e decretare il fallimento del MADRE”. Ferma anche la denuncia del padrone di casa, Alfonso Artiaco: “È la prima volta, che mi risulti, che i prestiti di un museo vengano ritirati al cambio di direzione”. Ad alzare il tono delle polemiche è stato Tony Stefanucci: “Il Madre è nato con lo spirito di distruggere tutto quello che è stato fatto in città negli anni Sessanta da più di una generazione di artisti”. “Io a breve lascerò la direzione – ha sentenziato Cicelyn, direttore ancora in carica -, mentre il capo curatore Mario Codognato, già da maggio si trasferirà a Londra”.

Insomma, tutti i nodi vengono al pettine.  Si è pensato di fare un museo senza acquisizioni, che potesse, colpa di una gestione sciagurata, indebitarsi fino al collo. E adesso tutti vorrebbero correre ai ripari ma speriamo che non sia troppo tardi.

Commenta con Facebook

leave a reply

*