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Intervista a Matteo Lorenzelli

Matteo Lorenzelli è nipote di Bruno Lorenzelli senior, che ha iniziato la sua attività nell’arte contemporanea e moderna nel 1956 a Bergamo e figlio di Bruno Lorenzelli junior, che nel 1960 ha fondato la sede di Milano in via Manzoni 20, con un’esposizione di Ben Nicholson. Dal 1990 dirige la galleria di famiglia, che dopo un trasferimento in via in via Sant’Andrea (nel 1970), dal 1994 ha dimora in Corso Buenos Aires 2 a Milano, dove, insieme alle mostre, sono spesso organizzati dei concerti ed eventi.

Se non fosse stato nipote di Bruno Lorenzelli senior e figlio di Bruno Lorenzelli junior, sarebbe oggi titolare della galleria di famiglia in Corso Buenos Aires 2 a Milano? 

Certamente. Innanzitutto, non si fa il gallerista, ma si è gallerista. Si tratta di passione e attitudine. Poi non è scontato che un figlio di un gallerista decida di proseguire l’attività del padre.

Lei cosa faceva a 18 anni? 

Lavoravo già in galleria.

Davvero? Me l’immaginavo a bordo di una Ferrari, impegnato nel divertimento e non nel lavoro 

Mai posseduta una Ferrari, mio nonno me l’avrebbe severamente impedito. Era un uomo parsimonioso e non voleva che girassi con i macchinoni. Quanto a mio padre, anche lui mi ha sempre tenuto a bacchetta.

E lo stabile dove ora si trova la galleria chi lo ha acquistato? Lei o papà? 

Entrambi. Lo abbiamo comperato insieme, poi, in un secondo momento, con l’ampliamento, io ho acquistato la seconda parte. Consideri, inoltre, che mio nonno e mio padre hanno sempre preso in affitto le gallerie e lo stesso ho fatto io, in via Sant’Andrea.

Si è mai scontrato con suo padre sul lavoro? 

I normali scontri generazionali. Io ho cercato di introdurre dei cambiamenti e innovare la nostra tradizione di galleria, che sin dagli anni ’70 ha avuto l’esclusiva nell’Astrattismo. Ho fatto conoscere al pubblico artisti americani, mentre la mia famiglia si era sempre occupata di arte europea. In questo, devo ammettere, sono stato sostenuto, anche economicamente (almeno in un primo momento), da mio padre.

Meno male che lo ammette. Come tutti i galleristi è schiavo della critica e delle quotazioni? 

No, perché se lo sei, vieni buggerato. Io non mi affido solo alla critica. Il mio compito è quello di cercare artisti di qualità, poco conosciuti in Italia e di renderli visibili.

Magari facendo sborsare a questi poveracci un sacco di soldi per esporre da lei

Assolutamente no. Coloro che chiedono soldi non sono galleristi, ma affittacamere. Io in genere compero l’intera mostra dell’artista che mi colpisce.

Per compare una mostra ci vuole del capitale, che non tutti possono permettersi 

Bisogna pur sempre rinunciare a qualcosa. Molti miei colleghi galleristi possiedono macchine di grossa cilindrata, barche e case. Io non ho nulla di tutto questo, investo il mio denaro nell’arte.

Ha una bella moto Bmw però, parcheggiata all’ingresso della galleria

Ho soltanto quella.

Ha detto che compera intere mostre di artisti spesso sconosciuti e investe su di loro, ci ha mai rimesso? 

Qualche volta, ma non posso dire con chi

Chi è oggi l’artista meno riconosciuto a livello monetario?

Potrei dire Piero Dorazio, a fronte del suo talento.

La sua mostra riuscita peggio?

Non saprei giudicare, voglio però farle un esempio. La prima volta che esposi il coreano Lee Ufan vendetti soltanto tre quadri. Oggi sono felice che le cose siano andate così, perché mi sono rimaste molte sue opere  che si sono rivalutate nel tempo.

Come sceglie gli artisti? 

In giro per le mostre, su segnalazione di amici, attraverso le letture. L’arte deve trasmettere emozioni, sono concetti non sempre spiegabili.

Dite tutti così e non si capisce mai come determinate la gloria di uno e la disgrazia di un altro. Parliamo del suo libro: mi risulta che abbia pubblicato un testo su Osvaldo Licini, l’ha scritto lei o ha messo soltanto la firma? 

Il libro è stato scritto dall’architetto Giorgio Magnoni. Il mio contributo è stato semplicemente quello di analizzare la tecnica dell’artista e fare analisi e ricerche sui quadri.

Onesto, complimenti. Che farà Matteo Lorenzelli da grande? 

Cercherà di tornare piccolo, ritrovando l’innocenza di quando ero bambino, la libertà di espressione e la capacità di vedere il bello in tante cose.

Parole che dicono tutto e niente. Venderà la galleria? 

Assolutamente no. Abbiamo un patrimonio artistico che non va disperso. Le grandi collezioni non devono essere distrutte, ma conservate. A tal proposito, mi permette di puntualizzare un aspetto importante della nostra attività?

Prego

Una volta il rapporto tra gallerista e artista era più intimo e stretto. Oggi prevale soltanto il Dio denaro. E questo non va bene. Almeno, a me non sta bene.

E i suoi figli? Proseguiranno il lavoro del padre? 

Se saranno in grado di fare questo mestiere, li incoraggerò.

Per farlo potrebbe regalare loro una Ferrari, visto che a lei è mancata

Non sarò mai indulgente con loro, questo sia chiaro. Niente Ferrari o doni lussuosi.

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  • DOPO QUASI TRENTACINQUE ANNI DI ARTE DI MOSTRE QUESTA è LA PRIMA VOLTA CHE LEGGO DI UN GALLERISTA CHE NON FA PAGARE X ESPORRE CHIARO LEI DEVE ESSERE SELETTIVO,MI PERMETTO DI METTERMI IN CODA X UN SUO PARERE

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