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Helmut Newton a Roma

Ecco vengono (nude), Parigi 1981
© Helmut Newton Estate

6 marzo – 21 luglio 2013, Palazzo delle Esposizioni, Roma

Grandi nudi di donna incedono verso di noi con passo deciso e incalzante, senza pudore. Altri, con l’imponenza statuaria di un colosso antico di marmo o bronzo, posano per noi, da quando il grande fotografo berlinese Helmut Newton li ha fissati con lo scatto di una fotografia, più di vent’anni fa.

Sono i “Grandi Nudi” pubblicati nel 1981 e ora riproposti nella grande mostra al Palazzo delle Esposizioni di Roma fino al 21 luglio, insieme ad altre 200 fotografie circa tratte dalle raccolte “White Women” e “Sleepless Nights”. Qui, scene di interni ed esterni, in bianco e nero o a colori, dove con sapienza registica e impeccabile tecnica,  Newton propone pose molto studiate di modelle poco vestite, in posizioni sempre sensuali, talvolta hard. Mai porno, però. Tuttavia, l’impatto dimensionale dei nudi, grandi più del naturale, l’uno accanto all’altro, è più forte, perché quelle immagini appartengono più alla vita che all’arte. Solo apparentemente, però, perché tra gli  interrogativi che si pone il visitatore di questa mostra, una volta di più, è la fatidica domanda: ma questa è arte? Il visitatore probabilmente sa che Newton (1920-2004) è stato tra i più famosi fotografi del secolo scorso, che nel dopoguerra lavorava per Playboy per poi affermarsi nel mondo della moda, pubblicando soprattutto su Vogue e su Elle. Nel 1976, all’età di 56 anni, Newton esce con il suo primo libro, “White Women”; due anni dopo con il volume “Sleepless Nights” e nel 1981 si afferma con successo proprio con il libro “Big Nudes”.

Grande nudo I (Lisa), Parigi 1981
© Helmut Newton Estate

Non bastano però le pubblicazioni a catapultarlo nel sacro mondo dell’arte. Ciò avviene quando le istituzioni affermano il valore di questi lavori, slegati dal mestiere e fine a se stessi. Dopo vari riconoscimenti e premi, la vera consacrazione arriva come regalo del suo ottantesimo compleanno, nel 2000, con una grande retrospettiva prima alla Neue Nationalgalerie di Berlino, poi a Londra, New York, Tokyo, Mosca, Praga. Il suo contributo alla storia delle arti figurative è messo a fuoco. Newton non è più solo il bizzarro, eccentrico, capriccioso fotografo di moda che ama circondarsi di belle donne, farsi notare per un look in cui osa abbinare il casual ostentato di un paio di scarpe da ginnastica all’eleganza retrò di un cachecol, sfrecciare sulla sua Jeep targata Principato di Monaco, o dinoccolarsi con un passo e un’andatura riconoscibilissimi.

Newton appartiene alla storia della cultura figurativa del mondo occidentale contemporaneo. Alla storia dell’arte, cioè. Per il suo uso dell’immagine che nel percorso di oltre mezzo secolo mostra di avere una coerenza, un filo conduttore, una logica, uno stile. Chiamatelo come volete. Ma Newton ha lasciato qualcosa. E a ben guardare, sono forse proprio i suoi grandi nudi a incidere il vinile della storia dell’arte, incastonati con coerenza nell’intero processo di maturazione della sua fotografia da mestiere a arte.

Grande nudo III (Enrietta), Parigi 1981
© Helmut Newton Estate

Si riguardino allora i suoi nudi, confrontandoli con quelli di affermati artisti del contemporaneo. Da circa 15 anni Vanessa Beecroft spopola con le sue performance dove sono protagonisti i corpi nudi di tante ragazze, che posano silenziose, a lungo, davanti al pubblico. Ne rimane traccia in fotografie di grande formato che sul mercato arrivano a spuntare cifre anche superiori ai  30.000 euro. Ma prima della Beecroft, all’epoca delle contestazioni del 1968 e di tutti gli anni Settanta, diverse artiste avevano lavorato insistendo proprio sul corpo e sulla nudità esibita senza pudore, per scuotere le menti di una società addormentata sul perbenismo e il conformismo. Una per tutte: Marina Abramović.

I grandi nudi di Newton non assomigliano a quelli della Abramović o della Beecroft, perché non paiono dover dimostrare nulla. Non devono comunicare niente oltre a se stessi: non un messaggio, una protesta; né la volontà di stupire, scuotere, scandalizzare. L’erotismo che permea di sé il lavoro di Newton, talvolta sottile e fine, altrove crudo e violento, oppure sensuale, ovvero spinto, si lega sempre alla ricerca del bello. Newton chiama a sé una bellezza non convenzionale, però. Voluta a tutti i costi, ma mai scontata, né tanto meno rassicurante.  Perché di una cosa è convinto: “Il buon gusto è una parolaccia”.

Autoritratto con June e modelle, Parigi 1981
© Helmut Newton Estate

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INFORMAZIONI UTILI:

Helmut Newton,
White Women, Sleepless Nights, Big Nudes,
a cura di M. Harder, Helmut Newton Foundation,
Roma, Palazzo delle Esposizioni
6 marzo –  21 luglio 2013
info: 0639967500; www.palazzoesposizioni.it
La mostra è promossa da Roma Capitale – Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico, da Azienda Speciale Palaexpo, dalla Helmut Newton Foundation, in coproduzione con Civita e in collaborazione con GAMM Giunti.

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